NEWS:

Ucraina, il direttore di Odessa Journal Poletti: “Qui nessuno sbarco della flotta navale russa”

"Teatro dell'Opera e statua del duca di Richelieu simboli di questa città"

Pubblicato:15-03-2022 15:34
Ultimo aggiornamento:16-03-2022 12:30

cartina_ucraina
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – “Qui a Odessa siamo freschi freschi di un annuncio arrivato poche ore fa: ieri sera l’autorità militare della città ha ufficialmente diramato un comunicato di guardia, di allerta, perché aveva informazioni di intelligence di uno sbarco imminente. Sembra che la flotta russa si sia effettivamente avvicinata ma che poi non abbia effettuato alcuno sbarco”. Lo racconta alla Dire Ugo Poletti, imprenditore milanese e direttore di Odessa Journal, residente nella città ucraina da circa cinque anni. Un fatto che confermerebbe la convinzione che il nostro connazionale ha fin dall’inizio della guerra. “I russi incontrano difficoltà a sbarcare perché innanzitutto non era nei loro piani- spiega- perché tutta la strategia di Mosca prevedeva un’Ucraina che si sarebbe arresa fondamentalmente in due giorni. Ecco perché non hanno pensato di sbarcare nel momento giusto”.

LEGGI ANCHE: Ucraina, attacchi a Kiev e a convoglio profughi a Hostomel. Oggi missione Ue nella capitale

La giornalista che ha interrotto il tg russo: “Scendete in piazza, non possono arrestarci tutti”


Draghi vede Sullivan: “Risposta decisa e unitaria contro aggressione Russia all’Ucraina”

Secondo il direttore di Odessa Journal il momento giusto era all’inizio, quando la città non era preparata, non era difesa. I russi avrebbero potuto attaccare una costa priva di difese. “Invece- prosegue- in due settimane c’è stata una preparazione ai massimi livelli, non solo grazie all’impegno dell’esercito ucraino, chiamato a difendere il territorio, ma anche di volontari. Adesso le spiagge sono minate, sono protette da filo spinato e sacchetti di sabbia, una difesa formidabile, e adesso i russi fanno fatica a trovare un punto dove sbarcare senza subire perdite elevate”.

L’imprenditore milanese torna con la mente a quanto avvenuto una settimana fa ad uno squadrone della flotta del Mar Nero. “Si è avvicinato troppo- informa- e una batteria costiera missilistica ha colpito una nave e l’ha pesantemente danneggiata. Si è trattato di un vero e proprio schiaffo alla marina russa che, se non altro, dimostra a Mosca che il gioco non è poi così facile“.

Dunque, sbarchi a Odessa non ce ne sono stati ancora. Poletti ritiene che la probabilità che si verifichino sia davvero bassa, a meno che il governo moscovita non attui un coordinamento con le truppe terrestri, cioè con l’esercito russo che avanza. “Ma in questo momento- sottolinea- le truppe russe sono ferme, combattono accanitamente sul porto di Nicolaev, e noi siamo difesi da est”.

Nonostante a Odessa si respirino maggiore tensione e paura, Poletti tiene a precisare che “la popolazione affronta la guerra senza dare in escandescenza. Forse non è così emotiva o impressionabile come potrebbe essere quella italiana. Probabilmente perché gli slavi sono abituati a guerre, carestie, saccheggi, purghe e stragi e quindi prendono le cose con molta più freddezza, con più distacco. Anzi, hanno anche il coraggio di ironizzare e di riderci sopra. Per cui la popolazione non solo ha un atteggiamento di sangue freddo nei confronti del conflitto, ma anche di partecipazione e di grande solidarietà, perché c’è una gara tra la gente a fare volontariato e ad aiutare chi è meno fortunato”.

A Odessa in mezzo alla gente comune si mescolano numerosi musicisti, tra cui pianisti e violinisti, che usano le proprie mani per accumulare sacchetti di sabbia. “È questa la realtà. C’è, dunque, una parvenza di vita normale perché la gente continua a vivere. Ci sono persone che vanno in ufficio, altre che si recano al supermercato in piena tranquillità. La maggior parte rimane in casa ma c’è comunque una serena attesa e una determinata voglia di resistere”.

Una immagine simbolo di questa guerra è L’Opera di Odessa che suona il ‘Va, Pensiero’ tra bandiere ucraine e barricate. Un’immagine che non ha lasciato indifferente lo stesso Poletti. “È un’immagine bellissima- afferma- perché la musica riesce a toccarti nel profondo e a risvegliarti sentimenti di serenità e di bellezza all’interno di un contesto dove, invece, a farla da padrone sono bruttezza e orrore. Quel canto è stato per me più significativo rispetto ad altre persone, perché il coro dell’Opera di Odessa canta regolarmente opera italiana, dato che l’opera italiana rappresenta la cifra della tradizione musicale di Odessa. Questo teatro dell’opera, uno dei più belli del mondo a livello di architettura, fu finanziato con fondi privati, in gran parte provenienti dalla comunità italiana, e quasi sempre ha avuto un repertorio italiano. Quindi noi abbiamo un pezzo d’Italia all’estero che probabilmente pochi italiani conoscono“.

Se pochi connazionali conoscono il teatro dell’Opera di Odessa in molti sono invece quelli che seguono la vicenda di Ugo Poletti e degli altri italiani d’Ucraina: dagli amici ai parenti fino al ministero degli Esteri. “Attraverso il suo incaricato locale, che è in contatto quotidiano con l’Unità di crisi, la Farnesina ci tiene informati sulle vie di fuga in caso volessimo lasciare la città. Ci aggiorna sulle varie possibilità, sui nuovi telefoni di assistenza- rende noto Poletti- e poi, un giorno sì e un giorno no, ci manda accorati appelli a lasciare il paese. Noi italiani rimasti a Odessa siamo circa una decina. Siamo determinati a rimanere perché qui tutti hanno casa, famiglia e qui vogliono stare. Sono pochi quelli che sono riusciti a portare con sé moglie, suocera, figli e animali domestici. Altri hanno intere famiglie qui, non hanno voglia di abbandonare la città e che decidono di rimanere accanto agli altri cittadini”.

Non è la prima volta che l’agenzia Dire contatta Ugo Poletti, che anche in questa occasione si dice convinto di rimanere a Odessa. Nonostante il conflitto sembri essere ormai alle porte della città adagiata sul Mar Nero. “No, le mie idee non vacillano, anzi sono ancora più convinto di prima, perché forse quando è scoppiata la guerra c’è stato il massimo della paura e, non lo nascondo, il massimo della pressione da parte di amici. Dall’Italia mi arrivano ancora oggi preghiere, accorati appelli a lasciare, sono tutti molto spaventati”.

Poletti precisa poi che “oggi il rischio non è inferiore, anzi sempre di più abbiamo la percezione che Odessa sia importante per i russi. Ma allo stesso tempo mi sento di stare nel posto giusto, voglio rimanere accanto alle persone alle quali voglio bene e voglio sentirmi parte di questa cittadinanza. Sento che c’è una sorta di rispetto, di orgoglio, di ammirazione per uno straniero che, a differenza di altri, non ha fatto il turista ma sta dimostrando di essere e di sentirsi anch’egli un cittadino. È una cosa che mi inorgoglisce molto”.

In questi giorni è stata scattata una foto meravigliosa e drammatica al tempo stesso, che sta facendo il giro del mondo. È quella della statua del Duca di Richelieu, pronipote del Cardinale, protetta fino al capo da sacchi di sabbia. “Anche questa è una immagine emblematica- dice Poletti- gli ucraini stanno proteggendo un aristocratico francese che fu un sindaco importantissimo, decisivo per la città di Odessa, perché ai primi dell’800 ne realizzò il piano urbanistico. Il Duca di Richelieu è la dimostrazione che Odessa ha in un cittadino straniero uno dei propri simboli più alti, uno straniero che venne in questo luogo portando le proprie idee e la propria esperienza. È una città che si riconosce in un rapporto con il mondo, con l’estero. Non stiamo parlando di una statua di un personaggio ucraino o russo. Anche questa è la diversità di Odessa”, conclude.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it