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Erbs rientra a casa con un tuffo dallo spazio

Earth Radiation Budget Satellite, ERBS, si dovrebbe essere schiantato sulla Terra in un orario compreso fra le 03.33 e le 04.39

Pubblicato:09-01-2023 15:06
Ultimo aggiornamento:09-01-2023 15:06

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ROMA – Questa notte un satellite della Nasa in disuso dal 2005 è rientrato nell’atmosfera terrestre. Secondo le prime informazioni, ancora non ufficiali, l’Earth Radiation Budget Satellite, ERBS, si dovrebbe essere schiantato sulla Terra in un orario compreso fra le 03.33 e le 04.39 UTC.

ERBS è stato lanciato il 5 ottobre 1984 dallo Space Shuttle Challenger durante la missione STS-41-G all’interno del programma di ricerca ERBE, Earth Radiation Budget Experiment, della Nasa. Una missione a tre satelliti, progettata per indagare sul bilancio delle radiazioni della Terra e per studiare gli aerosol e i gas stratosferici. Uno degli strumenti a bordo, il SAGE II, ha misurato il declino dell’ozono sopra l’Antartide dal momento in cui il buco dell’ozono è stato descritto per la prima volta nel 1985. Questi dati sono stati fondamentali nel processo decisionale della comunità internazionale durante il Protocollo di Montreal del 1987, che ha portato a una quasi eliminazione dei CFC, i clorofluorocarburi, nei Paesi industrializzati. Ha inoltre creato un record di dati sugli aerosol sulle nubi stratosferiche polari (PSC), che è stato fondamentale per comprendere il processo del buco dell’ozono. Non solo, infatti i dati di SAGE II sono stati utilizzati per comprendere l’impatto degli aerosol vulcanici sul clima.

L’Agenzia spaziale americana aveva previsto una durata di progettazione di 2 anni, con un obiettivo di 3, ma il satellite è stato operativo per 21 anni pur subendo diversi guasti hardware minori lungo il percorso. La decisione di disattivarlo è stata presa il 14 ottobre del 2005 quando ormai era diventato un rottame spaziale, da allora la resistenza atmosferica ha abbassato gradualmente l’orbita del veicolo. La Nasa aveva previsto il rientro nell’atmosfera terrestre fra l’8 e il 9 gennaio 2023 dopo 38 anni nello Spazio. Previsione che aveva scatenato un allarme, come spesso accade quando escono notizie sulla caduta di detriti spaziali sulla Terra, nonostante la stessa Agenzia con sede a Washington avesse specificato come le probabilità che i detriti potessero provocare danni a cose o persone fossero di 1 su 9.400. Oltre al fatto che dei 2.450 kg totali del satellite ERBS solo alcune componenti avrebbero superato l’ingresso in atmosfera finendo effettivamente sulla Terra, mentre la maggior parte si sarebbe bruciata al rientro.


ERBS non è il solo detrito spaziale che ha puntato la Terra in questi giorni. Ci sarebbe anche il frammento di un razzo, il Delta 2, che era stato lanciato il 21 novembre del 2000 dalla base di Vandenberg, in California. Il razzo aveva portato in orbita il satellite scientifico della Nasa Eo1, Earth Observing-1, per l’osservazione della Terra, il satellite argentino Sc-C, Satelite de Aplicanciones Cientificas-C, e il nanosatellite svedese Munin.

La caduta di detriti spaziali non sarebbe quindi un fenomeno raro, anzi. Secondo alcuni esperti la stima è che episodi simili si verifichino ogni uno o due giorni, ovviamente il più delle volte si tratta di detriti di piccole dimensioni. Anche se nel luglio e nel novembre del 2022 due stadi centrali di razzi cinesi Long March 5B da circa 21 tonnellate sono ricaduti in modo incontrollato sulla Terra. Una circostanza che aveva attirato molte critiche dalla comunità scientifica internazionale. Infatti i due razzi erano stati lanciati solo una settimana prima del loro rientro per trasportare nuovi moduli verso la stazione spaziale cinese Tiangong.

Una situazione inusuale visto che generalmente quando le agenzie spaziali utilizzano dei razzi per il trasporto della strumentazione prevedono o un atterraggio sicuro, come nel caso di booster di SpaceX, per un futuro riutilizzo o un rientro controllato. Mentre in questo caso i due razzi sono stati utilizzati e poi lasciati ricadere senza alcun controllo verso la superficie terrestre. Una situazione che si sarebbe ripetuta già 4 volte: la prima nel maggio 2020, quando i detriti erano finiti su un villaggio della Costa d’Avorio, poi nel maggio del 2021, nel luglio 2022 e l’ultima a novembre dello scorso anno, quando i frammenti erano caduti nell’oceano Pacifico.

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