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Juice, la ‘prima luce’ della camera Janus nel lungo viaggio verso Giove

La sonda sarà la prima ad entrare nell'orbita di un satellite

Pubblicato:12-06-2023 13:55
Ultimo aggiornamento:12-06-2023 13:55

JANUS SCIENTIFICAMENTE
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ROMA – Immaginate un viaggio lunghissimo, della durata di sette, otto anni, costellato di micro tappe intermedie in cui arrivano informazioni preziose, ma frammentate: ogni pezzetto è importante e comporrà il puzzle finale. È quello che sta succedendo con la missione Juice, destinazione Giove: l’Esa, l’Agenzia spaziale europea, studierà le lune ghiacciate del gigante del Sistema Solare ed eseguirà la mappatura delle sue nubi. Per ora, la sonda partita poco più di un mese fa a bordo di un razzo Ariane 5 ha percorso 8 milioni di chilometri e ad avere aperto gli occhi è stata la camera italiana Janus, finanziata dall’Agenzia spaziale italiana (Asi). Per prima cosa, ha ripreso un campo stellare nella costellazione del Cigno. Ci siamo fatti raccontare i dettagli da Pasquale Palumbo dell’Inaf di Roma, responsabile del team che ha progettato, testato e calibrato la camera.

“Noi, dopo un mese, siamo stati in grado di accendere lo strumento per la prima volta nello Spazio; ovviamente è una situazione un po’ critica dopo l’emozione del lancio, dopo 10 anni di lavoro, in cui in pochi minuti devo andare tutta al la perfezione- il lancio è la parte più stressante del viaggio– ragiona Palumbo- ovviamente con grandi sollecitazioni meccaniche, termiche e così via, la pressione che da un’atmosfera scende drasticamente fino praticamente a zero e così via, insomma: abbiamo acceso Janus per la prima volta e le cose sono andate alla perfezione, nel senso che tutto ha funzionato benissimo. Si è acceso il computer, c’è un software di bordo che fa il self test, un po’ come quello che fanno i nostri computer quando li accendiamo, e poi uno ad uno abbiamo provato i vari meccanismi. C’è una specie di coperchio, per esempio, una cover protettiva che protegge le ottiche da eventuali contaminazioni, ma anche dal Sole perché se lo spacecraft dovesse puntare per sbaglio verso il Sole, ovviamente farebbe ‘cuocere’ il nostro detector. Questo problema avviene soprattutto quando siamo vicini al Sole, poi non ci sarà più. Giove è 5 volte più distante rispetto alla Terra, quindi prenderemo un venticinquesimo della radiazione solare che invece raggiunge la Terra. Abbiamo provato anche la ruota porta filtri. La cosa più emozionante è stata osservare un campo stellare. Abbiamo ricevuto ogni piccolo passo fatto, punto per punto, abbiamo ricevuto tutti i singoli dati dei sottosistemi del nostro strumento e alla fine sono arrivate anche le immagini. Sono di un campo stellare che avevamo deciso di puntare, nella costellazione del Cigno. La stella si può vedere a malapena ad occhio nudo, non è molto brillante. Man a mano si vedono le stelle che vengono su e poi altre decine di stelle, meno brillanti, che ci hanno dimostrato che lo strumento funziona e ci vede e che la qualità ottica è quella che ci aspettavamo”.


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ALLA SCOPERTA DI GANIMEDE

In passato altre missioni si sono avvicinate con dei fly-by – cioè dei passaggi ravvicinati veloci – mentre la sonda di Juice sarà la prima ad entrare nell’orbita di un satellite. Lo farà entrando verso la fine della sua vita operativa in orbita intorno a Ganimede, una luna più grande del più piccolo pianeta del sistema solare, Mercurio. Questo permetterà di avere una mappa di qualche decina di metri per pixel della sua intera superficie, dando il via a un’infinità di ricerche e di studi. Le immagini che fornirà non sono in grado di dare informazioni sulla composizione chimica di ciò che è osservato, però possono dare molte informazioni sul tipo di evoluzione che ha avuto il materiale a causa delle condizioni spaziali.

“Verso la fine della sua vita operativa Juice entrerà in orbita intorno a Ganimede- spiega Palumbo- questo ci permetterà, grazie al nostro detector, di avere una mappa di qualche decina di metri per pixel dell’intera superficie di di Ganimede. E questo ci permette di fare un’infinità di ricerche e di studi. Gli ‘icy satellites’, visti per la prima volta da Galileo con il suo telescopio, presentano una crosta ghiacciata al di sotto della quale c’è una notevole e interessantissima attività e struttura sottosuperficiale su cui speriamo di poter fornire più dati. La superficie- ricorda Palumbo- è testimone di ciò che succede sotto. Nella superficie ci sono i segni di tutti i processi geologici che siano esogeni o endogeni, che sono stati attivi nel corpo solido. Pensiamo allo studio della caratterizzazione, un processo geologico esogeno (perché viene fuori dagli impatti dovuti ad altri corpi che appunto è impattano casualmente la superficie), oppure ai processi endogeni, ovvero le fratture nella crosta superficiale, oppure all’attività geologica che in tanti casi assomiglia molto a quella terrestre… sulla superficie ghiacciata dei satelliti di Giove abbiamo notato delle strutture estremamente interessanti che non noi abbiamo visto su altri corpi solidi, tipo Marte o Mercurio. La cosa appunto interessante è studiare la geologia che c’è al di sotto dalla struttura. I dati ci suggeriscono che al di sotto di una crosta di qualche decina di  chilometri di spessore c’è acqua allo stato liquido. Acqua allo stato liquido significa tante cose“.

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GLI OBIETTIVI DELLA MISSIONE JUICE

Attenzione, come sempre: non stiamo parlando di forme di vita. Anche se ci sono delle condizioni che vanno considerate: innanzitutto, la probabile presenza di un oceano liquido molto esteso, formato da acqua con contaminanti minerali come i sali, che si è mantenuto nel tempo, forse miliardi di anni; poi, la presenza di una forma di energia e lo schermo costituito dalla crosta che possono far pensare a un ambiente che potrebbe essere potenzialmente abitabile. Scoprire se è davvero così è uno dei principali obiettivi della missione Juice. Certo, nessuno strumento a bordo è in grado di rilevare la presenza di vita, ma i 10 strumenti molto complessi della sonda possono elaborare dati che permettono di capire come sono fatti i satelliti gioviani anche al loro interno. Non solo Ganimede, naturalmente. Juice effettuerà fly-by intorno ad Europa e a Callisto. La luna Io verrà vista solo da lontano: ha una struttura completamente diversa. Sente talmente tanto l’attrazione di Giove, che non ha crosta ghiacciata, ma è un oggetto vulcanico attivissimo. Oltre alle lune, osservato speciale sarà Giove stesso. Ma c’è tempo: la fine della missione è attesa per il 2034.

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