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Mojo Italia, Scarlino (Roma Today): “Smartphone, vicino ai territori e lontani dalle fake news”

Al via dal 27 settembre la seconda edizione di Mojo Italia, il festival del Mobile Journalism dedicato ai professionisti del giornalismo

Pubblicato:26-09-2019 11:18
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:45

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ROMA – Che cosa significa poter attingere alle potenzialità dello smartphone, per una testata che ogni giorno registra centinaia di migliaia di contatti sul web? Parliamo di ‘mobile journalism’ con Matteo Scarlino, direttore di RomaToday, testata del gruppo Citynews.

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– Come fatto con gli altri tuoi colleghi intervistati, ti chiedo subito che cosa pensi di questa video intervista che ti sto facendo con il cellulare.

“La vedo come una cosa assolutamente normale, anzi ti dirò, rispetto alla norma dei giornalisti che troviamo in giro tu sei anche più attrezzato rispetto alla media. Penso che il cellulare sia uno strumento che ha velocizzato e ottimizzato tanto del lavoro giornalistico. Sarebbe stato molto più strano vederti qui con una telecamera o addirittura con un operatore. Ci saremmo trovati davanti alla preistoria del giornalismo, quindi la vedo come una situazione assolutamente normale”.

– Che cosa significa per voi ‘un buon video’? Come lo utilizzate?

“Noi abbiamo attivato da un paio d’anni una serie di videomaker sul territorio. Il gruppo Citynews ha attivi su 20 città dei videomaker e questo è fonte di qualità, parallelamente abbiamo attivato anche una partnership con Feelmatic (azienda produttrice di un app di montaggio su mobile, ndr), per sviluppare e sfruttare al massimo da un punto di vista qualitativo quello che è il giornalismo in mobilità con la possibilità di fare riprese e un montaggio su smartphone. Per far questo puntiamo molto su quella che è la formazione dei giornalisti e non solo video giornalisti, perché crediamo che il video posso andare a completare quella che è l’informazione dai territori che noi facciamo ormai da 10 anni”.

– Per vostra definizione e caratteristica voi siete molto vicini proprio ai territori da dove ricevete segnalazioni e contenuti. Quando vi arrivano dei video come li scegliete?

“La pecca più grossa che continuiamo a notare è che continuiamo a vedere dei video verticali. Però stiamo notando che ultimamente anche il cittadino, l’utente medio, sta imparando a fare delle riprese giornalisticamente di valore. Sicuramente un video è tanto più importante per noi, e quindi pubblicabile, quando non riusciamo ad arrivare sul luogo della notizia. Siamo riusciti ad esempio, ad Ancona, ad essere tra i primi a pubblicare un video sulla tragedia di Corinaldo proprio perché avevamo un contatto con il territorio, una serie di fonti, con una presenza anche notturna e immediata e siamo riusciti a recuperare un video pochi minuti dopo la tragedia che era avvenuta e lo abbiamo pubblicato su Anconatoday”.

– Il mobile journalism può essere anche uno strumento per difendersi dalle cosiddette fake news?

“Assolutamente. Praticamente il giornalista è sul campo e porta con sè non solo il cellulare, perché non si tratta soltanto di riprendere e mandare tutto online in diretta. Questo di per sé non è giornalismo. Il giornalista porta con sé sul campo tutta una serie di regole: sa che cosa deve e cosa non deve riprendere, sa distinguere un fatto da una buona notizia. Per questo, secondo me, una presenza diretta sul luogo dove avviene la notizia, è un ottimo antidoto a quelle che sono le fake news”.

– Il futuro. Ci sono tanti giornalisti che ancora non approcciano a queste tecnologie e probabilmente non lo faranno mai. Tu sei un direttore giovane, quindi ti chiedo: secondo te che cosa accadrà?

“Per me il futuro lo stiamo già vivendo. Questa situazione in cui tu stai facendo un’intervista con un cellulare, secondo me è già realtà adesso. Qualcuno lo vede come un qualcosa di futuro. Si racconta il web o il ‘mobile journalism’ sempre come un qualcosa di futuro, per me invece è la realtà. Il discorso è quello di andare a portare quella che è una deontologia giornalistica all’interno di un territorio, che è quello delle riprese su strada. Ecco, lì bisogna portare il giornalista e capire che più si sta sulla strada, più si sta sui fatti e meglio si fa questo lavoro. Io devo dire che la gran parte dei giornalisti ormai l’ha capita questa cosa e per questo mi viene da dire che il futuro lo stiamo già vivendo. Probabilmente nel momento in cui le redazioni, in maniera strutturale capiranno che non dovranno più dotarsi di telecamere o di una strumentazione pesante, in virtù di una strumentazione più leggera come i cellulari o programmi per il montaggio su smartphone, probabilmente il futuro diventerà ancora più realtà”.

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