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Mojo Italia, Tamburini (Tg5): “Lo smartphone una risorsa, ma con alcune regole”

Al via dal 27 settembre la seconda edizione di Mojo Italia, il festival del Mobile Journalism dedicato ai professionisti del giornalismo

Pubblicato:25-09-2019 14:28
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:44

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https://youtu.be/9BxvH5FWr6M

ROMA – In vista del Mojo Italia, il Festival del Mobile journalism che prende il via il 27 settembre a Roma, con Fabio Tamburini, vice direttore del Tg5 affrontiamo il tema dell’utilizzo dello smartphone nel giornalismo televisivo. Nuovi tecnologie al sevizio anche dei broadcast, ma ci sono delle controindicazioni e alcune regola da rispettare.

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– Fabio, che cosa pensi di questo giornalista che ti è venuto a intervistare con degli smartphone?

“Non mi stupisce affatto. E’ un mezzo come un altro, ormai è la qualità dell’immagine, la sua trasmettibilità che è importantissima. In questo caso è qualitativamente buona. Se questi sono due buoni cellulari con due buone ottiche, non c’è niente di male”.

– Che cosa significa per chi fa informazione televisiva poter attingere alle potenzialità di un mezzo come lo smartphone?

“Innanzitutto è una risorsa perché c’è un possibile testimone, e non un giornalista, ovunque nel mondo. Tantissime persone sparse tanti quanti sono i miliardi di telefonini in giro. E’ quello che succede sui social network network o sui siti, dove vengono postati i video di qualsiasi cosa che merita di essere ripreso e trasmesso. Quindi non mi stupisce tutto questo, parliamo di una grande risorsa e poi è anche bello poter usufruire di tutto questo materiale che c’è in rete”.

“Se vuoi sapere cosa penso del giornalista tv solo con il cellulare in mano è un altro paio di maniche. Ovvero la prima regola è che si facciano immagini qualitativamente trasmettibili perché vediamo tante immagini fatte in verticale e invece il formato è 16:9. A questo ci hanno abituato i social network, perché chi usufruisce di quel contenuto magari lo fa attraverso un cellulare in cui immagine è in verticale. Noi nel valutare un video fatto con lo smartphone e ci ritroviamo le bande laterali, per quel che riguarda la nostra trasmettibilità televisiva, lo evitiamo, per lo meno in un broadcast generalista come quello del TG5 di Mediaset, a meno che non sia una testimonianza forte”.

“Quindi vengo alla seconda risposta perché una testimonianza forte è imprescindibile. Un’alluvione, un fatto terroristico purtroppo, qualche cosa che è stato ripreso soltanto da quella persona o da quel gruppo di persone in quel momento, qualcosa che può avere a che fare, ad esempio, con un disastro aereo o magari una testimonianza positiva, ecco in quel caso il video può andare bene comunque, perché la regola numero 1 è che l’immagine sia significativa”.

“La regola numero 2 è che l’immagine sia qualitativamente la migliore possibile e poi c’è la regola numero 3, che però non puoi chiedere a qualcuno che sta in giro con un telefonino, cioè che vengano rispettate tutte le regole di cui secondo me c’è ancora fortemente bisogno nel lavoro giornalistico”.

– Oggi con uno smartphone si possono girare, montare delle immagini, inviare e in alcuni casi pubblicare direttamente il proprio video servizio. Pensando al giornalista televisivo che va in giro con l’operatore e magari l’assistente ci rendiamo conto che qualcosa è cambiato.

“Sì è cambiato anche perché se la tecnologia avanza e il giornalista non si evolve, è un giornalista che rimane al palo e invece deve stare al passo. Sono sempre stato dell’idea, fin da quando stavo al Tg1, 20/25 anni fa, che bisogna essere stare al passo della tecnologia. Parliamo dei primi anni del cellulare, ancora non c’erano i file digitali e si faceva solo la trasformazione dal BVU al Beta, che sono due forme di nastro, il montaggio era ‘lineare’, mentre adesso il montaggio è ‘non lineare’ e quindi puoi spostare i tuoi segmenti video a piacimento. In questo i cellulari sono l’emancipazione da qualsiasi altra forma tecnologica”.

“Credo di essere stato uno tra i primi a chiedere a un ministro della difesa di qualche legislatura fa, grazie ai suoi collaboratori, di fare qualcosa che ancora non era stato fatto. Il ministro si trovava dall’altra parte del mondo durante un vertice, mi serviva una sua dichiarazione e lui voleva rilasciarla e io gli dissi: ‘riprenditi con il cellulare e poi mi mandi il video tramite WhatsApp’. Ecco, credo che quella sia stata la prima volta che in una TV generalista ci sia stata la trasmissione di una dichiarazione fatta da un ministro della Repubblica Italiana, con lo smartphone”.

– Possiamo dire con certezza che i nuovi mezzi tecnologici e in particolare gli smartphone, non sono dunque una minaccia ma un’opportunità?

“Secondo me sono un’opportunità. La minaccia invece è rappresentata dal pressappochismo nello svolgere questo mestiere, perché non rinuncio a una visione necessaria di una certa deontologia nello svolgere questo lavoro. Siamo pieni di fake news. Le false notizie, le false dichiarazione, di questo siamo assolutamente pieni e non c’è nessun margine di miglioramento perché non c’è una cultura ancora sviluppata in questo senso insieme alla possibilità che chiunque possa riprendere e mandare in giro del materiale. Il tema non riguarda propriamente il giornalismo ma riguarda l’uso che si fa dello stesso sistema”.

“Con i cellulari sono arrivate tantissime informazioni sbagliate o false e c’è ancora, secondo me, bisogno di regole da rispettare e da seguire soprattutto per la tutela di tantissime persone che possono essere riprese e parlo della privacy, perché da una parte c’è uno sviluppo pazzesco delle regole sulla privacy mentre dall’altra c’è la libertà incredibile di riprendere e poi postare”.

– Che consiglio daresti a chi vuole intraprendere la carriera del giornalista televisivo?

“Di farlo se vuole farlo, perché bisogna seguire le proprie idee, i propri ideali o i propri sogni. Di sviluppare sempre un senso critico perché se c’è qualcosa che caratterizza e differenzia un giornalista da un testimone, è il senso critico di quello che sta vedendo. Si devono sempre separare ancora le opinioni dai fatti, tutto questo viene insegnato in teoria e in pratica viene messo nel proprio lavoro se tu hai delle regole attinenti al lavoro giornalistico, da seguire. Studiare, evolversi con la tecnologia, seguire questo proprio sogno, sviluppare e mantenere sempre un proprio senso critico che dà indipendenza e libertà”. 

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