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Mojo Italia, Marini (Sky Tg24): “Serve innovazione o si rischia l’estinzione”

Al via dal 27 settembre la seconda edizione di Mojo Italia, il festival del Mobile Journalism dedicato ai professionisti del giornalismo

Pubblicato:27-09-2019 14:16
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:45

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https://youtu.be/jJ5rpvfVgBw

ROMA – Prosegue il ciclo di interviste dedicate ai nomi più importanti del giornalismo italiano in occasione del secondo festival Mojo Italia, al via oggi a Roma. Oggi siamo con Marco Marini, vice direttore di Sky Tg24 nella nuova sede di Roma Montecitorio, uno dei templi dell’informazione televisiva in questo momento.

– Siamo qui a farti un’intervista con degli smartphone, stiamo commettendo un sacrilegio?


“No assolutamente, anche perché noi li utilizziamo già da anni in occasione specifiche. Per me l’importante è che vengano fuori delle belle immagine e quindi smartphone o telecamera per me sono pari”.

– Voi a Sky Tg24 già utilizzate gli smartphone per girare immagini televisive e per fare cosa?

“Dipende dalle occasioni, ovviamente può esserci la necessità per questioni di rapidità e di tempestività di utilizzare uno smartphone, perché magari l’operatore impiega più tempo del singolo giornalista ad arrivare. Noi facciamo anche dirette con lo smartphone, abbiamo seguito le visite del Capo dello Stato, ma anche le dirette e gli stand up del nostro inviato al seguito del Santo Padre, solo per fare alcuni esempi. I nostri corrispondenti dall’estero spesso utilizzano smartphone per le dirette e questo non toglie di un briciolo la qualità del nostro prodotto. Poi è ovvio che ci sono occasioni in cui c’è necessità di un operatore, ma sono due mondi complementari ed è possibile fare dell’ottimo giornalismo anche solo con un giornalista e uno smartphone. Certo ci vuole la formazione adeguata, perché ‘non si nasce imparati’ come dice un vecchio adagio e quindi tutto deve essere fatto con grande professionalità”.

– La formazione, quanto è stata importante dunque per voi nel momento in cui avete deciso di fare questo passo, anche un po’ rivoluzionario, nel mondo della TV?

“Noi come Sky Italia riteniamo la formazione centrale nello sviluppo delle persone. Abbiamo iniziato quasi 5 anni fa con un formazione interna e in particolare con alcuni dei nostri operatori migliori e più disponibili, che hanno insegnato come si utilizza una telecamera ai nostri colleghi giornalisti. Poi ovviamente il mondo si è evoluto, e ora facciamo addirittura dirette, come dicevo poco prima, con lo smartphone. Quindi alcuni dei nostri inviati, quelli che più frequentemente utilizzano questa tecnologia, hanno seguito corsi di formazione specifici. Ora sono in grado di girare immagini e di riprendersi in diretta per seguire live gli eventi”.

– Per un giornalista usare lo smartphone per girare video o andare in diretta è una possibilità in più. È stato difficile fare questo salto culturale?

“Culturalmente è un salto importante ma io credo che nel 2019 tutti siano concordi nel constatare che la tecnologia deve essere considerata un’amica di questo lavoro. Non possiamo demonizzarla, anche se ovviamente tutto va fatto con le modalità corrette. Ci sono stati colleghi che hanno abbracciato con grande entusiasmo questa possibilità e come in tutti i consessi umani c’è stato anche qualcuno che invece ha fatto un po’ più fatica. Noi non lo consideriamo obbligatorio ma un’opportunità in più, e devo dire che siamo molto soddisfatti della resa ottenuta finora”.

– Trentadue milioni di italiani navigano su internet dal proprio smartphone, e il 60% di questi lo fa per informarsi. Cosa significa per voi?

“Significa che dobbiamo andarci a trovare il pubblico lì dove il pubblico è. Purtroppo la crisi della carta stampata ma anche in parte quella dell’informazione televisiva – anche se sicuramente in misura minore – ci obbliga a cercare l’audience dove l’audience si rivolge. È normale che nel quotidiano le persone passino del tempo per informarsi sul proprio device mobile. È evidente che poi si apra anche un tema legato alla credibilità del giornalismo e quindi alla piaga delle fake news che per me sono la minaccia più grave alla nostra professione. La tecnologia non è una minaccia, lo sono le fake news e la qualità scarsa dell’informazione. Per questo noi come categoria dovremmo spingere sull’acceleratore e impossessarsi il prima possibile della modalità di funzionamento di questa tecnologia perché sennò rischiamo l’estinzione”.

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