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De Giorgi e Pozzecco, la calma e la follia: le due facce diverse dell’Italia vincente

I ct di basket e pallavolo, due modi di essere leader

Pubblicato:12-09-2022 17:38
Ultimo aggiornamento:12-09-2022 17:38

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ROMA – Sergio Mattarella, un monumento alla sobrietà, riconosce in Fefè De Giorgi un animo affine: “Ti ho osservato – gli dice solenne al Quirinale – ho visto come parlavi ai tuoi ragazzi durante la finale del Mondiale. Quella calma, quella serenità, hanno contribuito alla vittoria“. Di Pozzecco, il morigerato Presidente della Repubblica non dice nulla. Perché l’Italbasket è ancora ai quarti agli Europei, pur dopo un’epica partita contro la Serbia, e per elogiare l’incontinenza emozionale del ct ci sarà tempo e modo, il sarcasmo istituzionale non gli manca. Però quei due, De Giorgi e Pozzecco, sono le due facce – diversissime – della stessa sbrilluccicante medaglia: l’Italia di squadra che vince. Giovane, scapigliata, con pochissimi freni inibitori.

La flemma del “gattaro” De Giorgi che sussurra ai suoi come stendere la Polonia campione del mondo. L’isteria, le eruzioni pliniane del Poz, capace di farsi buttare fuori per due tecnici, in lacrime, e di tramutare lo scorno dell’abbandono in una magica uscita motivazionale: via lui, Spissu e compagni non hanno più smesso di segnare.

Poteva essere uno scatafascio, e invece ora Pozzecco è virale sui social con due video che lo raccontano meglio di qualsiasi agiografia. In uno incrocia Antetokounmpo negli spogliatoi e gli salta in braccio, scomparendo dentro tanta immensità d’uomo. Nel secondo abbatte il suo staff per tornare sul parquet a partecipare ad una festa che gli sarebbe proibita: i suoi lo respingono per evitargli una squalifica, ma lui resiste, si dibatte, si genuflette. Finché non arriva Melli a stopparlo, anche in malo modo (d’altra parte dopo aver murato Jovic puoi tutto…).

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Che da questi due estremi possa tendersi un filo è di per sé una delle meraviglie dello sport. La diversità dei talenti nel gioco di squadra funziona come l’acqua nei sottotetti, trova sempre un modo di insinuarsi. Due geni: uno sregolato, l’altro edificante nel suo sornione distacco. Entrambi, insieme, smentiscono la retorica del condottiero, il leader che urla, sbraita, unisce per timore riflesso. De Giorgi è accogliente, ecumenico. Pozzecco è un coach alla pari. “Possiamo solo amarlo – dice Spissu, che pure lo aveva a Sassari – ma dobbiamo proteggerlo dalle sue emozioni”.

De Giorgi è un “secchione”: laureato in Scienze Motorie, ha insegnato all’Università di Foggia Tecnica e didattica degli sport di squadra, ha scritto dei libri in collaborazione con docenti universitari e giornalisti, tra cui “Pensieri per allenare e motivare una squadra”, e “il Vademecum del palleggiatore”. Pozzecco esattamente un anno prima di essere nominato ct della Nazionale, venne messo alla porta dalla Dinamo per i suoi eccessi, per le bestemmie e le espulsioni a ripetizione. Un anno a Milano sotto Messina non ha portato giudizio, ha solo stemperato un istinto implacabile. I falli tecnici dalla panchina finiscono sul conto dei punti avversari.

Ma nel racconto corale che si fa di questi successi nazional-popolari il peso di entrambi nello spogliatoio è caratterizzante. Il “legame”, i rapporti, l’aderenza al progetto. Che sia la mondanità pacioccona di Fefé o le scariche elettriche del Poz, il risultato è lo stesso: la costruzione quasi maniacale di un contesto vincente. Un Lego due in uno.

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