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VIDEO | Uranio impoverito, Trenta a Crosetto: “Serve legge, non un’altra commissione”

"L'assenza di una legge continua a essere una vergogna"

Pubblicato:31-01-2024 10:05
Ultimo aggiornamento:31-01-2024 10:13
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uranio impoverito
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ROMA – “L’assenza di una legge continua a essere una vergogna. I nostri militari non erano protetti, né erano stati avvisati. Lo Stato si assuma la responsabilità e curiamo coloro che si sono ammalati. Oggi dico che la soluzione è una sola: depenalizzare per mandare avanti una legge.

Curiamo le persone e tuteliamo i figli dei militari che sono morti. Conosco personalmente militari che sono al quarto tumore e non sanno come fare”. Elisabetta Trenta, da ministra della Difesa, sull’uranio impoverito si era impegnata con grande determinazione tanto da convocare un tavolo tecnico interno alla Difesa, da cui è nato un progetto di legge, presentato dall’onorevole Antonio Del Monaco.

Prima ancora c’era stato quello della Commissione Scanu che aveva individuato nell’Inail l’istituzione preposta a certificare le cause di tumore per esposizione all’uranio impoverito come causa di servizio.
“Non serve un’altra commissione- dichiara alla Dire Trenta, lanciando un appello al ministro Crosetto- quel disegno di legge non è stato preparato da un’altra Difesa o da un esterno.


Oggi chi si ammala dopo aver prestato servizio per la Patria deve fare causa e questa è una cosa che fa malissimo ai militari. Invito il ministro a rileggere quel disegno di legge: avevo già fatto anche una valutazione dei costi che molto probabilmente sono inferiori rispetto al perdere le cause e poi risarcire”.

Quel disegno di legge “è stato scritto insieme alla Difesa e prevedeva l’inversione dell’onere della prova: è lo Stato- spiega Trenta– che deve dimostrare di aver preso tutte le precauzioni a tutela della salute dei militari impiegati nelle missioni”.

Quello che è accaduto invece “i militari lo possono raccontare. Spesso si dice non è detta la connessione tra uranio impoverito e tumori, anche se su alcuni tipi di tumori la connessione è immediata”. Dovrà esser scritta una storia sul tema che ricalchi quello che è accaduto con l’amianto.

Trenta a proposito di tutele e precauzioni ricorda la missione che partì durante il suo dicastero per la Terra dei Fuochi: in una lettera chiese espressamente al Capo di Stato Maggiore della Difesa garanzia riguardo ai criteri di sicurezza adottati. Quello è ciò che deve esser fatto, sostiene.

Il progetto di legge contemplava anche la questione dei protocolli vaccinali: “C’è stato un periodo in cui non si faceva attenzione a questo. Erano tutti errori di programmazione e magari si facevano tutti insieme. Questo oggi non si fa più e comunque nel disegno di legge era previsto anche questo. Ancora oggi un ragazzo che ha avuto danni da vaccino e da 15 anni vive rinchiuso dentro casa – per le sue condizioni di salute – ha avuto il riconoscimento, ma nessun beneficio”.

Bisogna quindi, secondo Trenta, ripartire dai due disegni di legge sul tema, “quello che era nato dalla commissione Scanu e in particolare poi da quello scaturito dal Tavolo Tenico, Del Monaco, un tavolo in cui c’era il colonnello Carlo Calcagni a rappresentare i militari malati, un grande esempio di resistenza.
Lui ha avuto i benefici di legge e se è ancora vivo è perché riesce a curarsi, ma tanti altri no e potrei citarli nome per nome”.

“Mi rifiutavo- conclude Trenta- di accettare che non si dovesse risolvere nella Difesa questo problema. Avrei voluto trasformarlo in decreto legge, c’erano le condizioni”. Ma non si fece in tempo, cadde il Governo. E oggi i militari, come il sottufficiale Gianluca, intervistato dalla Dire, sono costretti a finire in Tribunale.

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