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VIDEO | Giornata mondiale della psoriasi, per chi ne soffre parlarne è anche una ‘cura’

Intervista alla presidente Apiafco, Valeria Corazza: "È un'ingiustizia che la psoriasi sia fuori dal Piano nazionale cronicità"

Pubblicato:26-10-2023 11:58
Ultimo aggiornamento:26-10-2023 12:01
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giornata mondiale psoriasi
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BOLOGNA – Parlare e socializzare fa sempre bene, ma aiuta ancora di più se si soffre di una malattia che “si vede”, come la psoriasi, patologia infiammatoria della pelle non contagiosa, ma cronica, recidiva, multifattoriale, autoimmune e genetica. Se infatti la psoriasi incide in maniera abbastanza importante nella vita di chi ne soffre, portando con sé una serie di comorbilità come quelle immuno-correlate, cardiovascolari o croniche come quelle metaboliche, può anche causare disagio psicologico, depressione e isolamento visto che si manifesta anche sul viso, le mani, le parti intime. Ma condividere e confrontarsi sui propri timori e avere risposte dal punto di vista delle terapie aiuta ad avere migliori relazioni. Sia col partner, che coi colleghi, gli amici, i familiari. È quanto si evince da un sondaggio realizzato da Apiafco (Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza) e al quale hanno partecipato 369 iscritti da tutta Italia, dagli 11 agli 87 anni. Dalle risposte, spiega la presidente di Apiafco, Valeria Corazza, emergono luci e ombre, ma anche la conferma che il dialogo, il confronto e l’ascolto influenzano positivamente le relazioni.

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Da uno sguardo ai numeri, infatti, emerge che per il 64,2% degli intervistati la malattia incide sul quotidiano, lo fa in maniera importante solo per alcuni aspetti per il 47,9%, e in modo assoluto per il 33%. E in questo ultimo caso causa appunto isolamento dovuto a stress, ansia e disagio psicologico. Per il 73,5% la psoriasi ha infatti cambiato in peggio il rapporto con il proprio corpo, per il 59,4% è un problema per la propria realizzazione personale e per il 55,7% un ostacolo alla sessualità. Non solo ma è un fattore che limita o impedisce la pratica sportiva (58%), un moltiplicatore di complessità nella progettazione di viaggi e vacanze (62,3%), spiega ancora Corazza, lei stessa paziente psoriasica. Il dato che preoccupa maggiormente la presidente dell’associazione (nata nel 2007 per diventare punto di rifermento per i malati di psoriasi) riguarda però la risposta degli intervistati sulla progettazione del futuro, che è causa di forte ansia e preoccupazione per il 72,1%. Per una persona con psoriasi, chiarisce infatti Corazza, “può essere difficile anche fare dei programmi banali come comprare una maglietta a maniche corte in vista dell’estate”.



Tornando ai numeri e alla questione dei rapporti interpersonali, per il 26,8% del campione la malattia pesa sui rapporti coi familiari e porta tristezza (26,8%), ma fortunatamente per il 68,1% prevale l’aspetto della condivisione. E se per il 26,5% la psoriasi incide sulle amicizie e sul senso di insicurezza, per il 41,1% la malattia è ‘accettata’ e vista come una sorta di “compagna di vita alla quale ci si è abituati”. Quanto al mondo del lavoro, c’è un 33,1% di chi soffre di psoriasi che prova disagio, contro un 53% che propende per l’accettazione. È anche vero, però, che il 9,3% degli intervistati la malattia è “uno stimolo a fare sempre meglio” sul lavoro. “Chi ha accettato la malattia, chi ne parla e condivide anche gli aspetti negativi- sintetizza Corazza- ha rapporti più facili e migliorati perché così viene demolito il senso di insicurezza. Parlare, dunque, aiuta a non sentirsi isolati, non sentirsi messi in un cantone, a non far pesare gli sguardi spiacevoli di chi non conosce la malattia e magari pensa che sia contagiosa”.

Anche per questo ogni anno l’associazione, in occasione della Giornata mondiale della psoriasi (che ricorre ogni anno il 29 ottobre) organizza eventi di sensibilizzazione. Quest’anno la scelta è caduta su un format innovativo che si svolge sabato 28 alle 15.30 al Social hub di Bologna ed è intitolato, non a caso, “Psoriasi. Parliamone, parliamoci. Io sto bene, e tu?”. È un’iniziativa “un po’ fuori dagli schemi”, non si tratta infatti del classico dialogo con un medico che sta in cattedra e il paziente dall’altra, spiega Corazza. E nemmeno del convegno al termine del quale chi vuole fare domande deve alzare la mano. I partecipanti, pazienti, specialisti e caregiver saranno infatti “mescolati, da subito”, si creeranno dei gruppi per fare le domande, in una situazione “più aperta” e un’atmosfera “più familiare e semplice”. Nel salotto che si creerà sarà quindi più agile lo scambio di domande e risposte e i pazienti potranno parlare tra loro di cure o di come vivono, confrontarsi con la stessa presidente Corazza, con i dermatologi Federico Bardazzi e Vera Tengattini o con la psicologa Paola Mamone in maniera anche informale. Un format che Apiafco pensa già di ripetere per “fare condivisione, mescolanza e parlarne”. Il pomeriggio sarà anche “un’occasione per spiegare il valore dell’associazionismo, capace di incidere positivamente sulla capacità del paziente psoriasico di relazionarsi con le altre persone”.

APIAFCO: INGIUSTIZIA CHE PSORIASI SIA FUORI DA PIANO CRONICITÀ

Il fatto che la psoriasi sia fuori dal Piano nazionale cronicità è “un’ingiustizia sociale” e “bisogna porvi rimedio”. Nel piano, infatti, ci sono “patologie che sono nostre sorelle dato che noi psoriasici ci ammaliamo di malattie metaboliche, diabete, obesità, forme reumatiche”. Lo dice, in occasione della Giornata Mondiale della Psoriasi, che si svolge ogni anno il 29 ottobre, Valeria Corazza, presidente di Apiafco (Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza). “Perché loro sì e noi no?”, chiede Corazza.

In Italia la psoriasi colpisce 2 milioni di persone, cui 150.000 in forme molto grave e la mancanza di percorsi di presa in carico formalizzati” può concorrere a compromettere l’efficacia della terapia”, portare “all’aggravamento delle condizioni di salute e il peggioramento della qualità di vita”, assieme all’incremento dei costi a carico del Servizio sanitario nazionale.

Ecco perché la presidente Apiafco, assieme a SideMast (Società italiana Dermatologia e malattie sessualmente trasmese), Adoi (Associazione Dermatologi e Venereologi ospedalieri italiani e della sanità pubblica) e Salutequità (Laboratorio per l’analisi, l’innovazione e il cambiamento delle politiche sanitarie) si è fatta promotrice dell’Alleanza Italiana per le persone con Psoriasi, per sensibilizzare le istituzioni all’adozione dei percorsi di presa in carico sull’intero territorio nazionale. Le istituzioni, dice ancora Corazza, “sembrano essersi dimenticate di questa malattia e sembrano sorde alle nostre richieste, sia nei tavoli regionali, sia a livello nazionale”. Da qui l’alleanza: “Quando si fa una richiesta sacrosanta come quella di far entrare la psoriasi nel Piano nazionale di cronicità (Pnc) questa non arriva da malati che sono stanchi di essere malati, ma anche dalle società scientifiche”. Quella richiesta, ribadisce Corazza “viene già proposta e sottoscritta dai principali stakeholder del panorama della psoriasi e chi riceve è, quindi forzatamente obbligato ad ascoltarla”. Cosa significa quindi entrare nel Piano nazionale cronicità? “In un paese dove mancano i Percorsi terapeutici assistenziali, vuol dire essere preso in carico con un percorso già stabilito con un team multidisciplinare, perché multidisciplinare è la malattia, e quindi sentirsi più seguito, molto più curato e meno abbandonato”. La psoriasi, ricorda ancora la presidente, è infatti accompagnata da altre malattie immuno-correlate, cardiovascolari e patologie croniche come quelle metaboliche, e causa isolamento, disagio psicologico e depressione dovuti alla severità della patologia e al fatto che la psoriasi si localizza anche sul volto o le parti intime. Anche per questo, “si dovrebbero rivedere i Lea (Livelli essenziali di assistenza): non si capisce perché i codici di esenzione dal ticket 045 siano riservati solo ai malati di psoriasi artropatica, pustolosa ed eritrodermica che rappresentano l’1% e sono una malattia rara”.

Per esemplificare la questione Corazza cita la Psoriasi pustolosa generalizzata “che colpisce due malati al massimo ogni milione di abitanti: in Italia ce ne saranno 120 e mentre questi hanno l’esenzione e la grande massa nom ce l’ha. Non si capisce chi abbia messo in atto questa dimenticanza”.
Per questa ragione, esiste Apiafco, che vuole promuovere la consapevolezza sulla malattia, migliorare la qualità di vita del paziente, e fare advocacy con le istituzioni. “Avere accanto un’associazione come Apiafco è importante, perché il singolo così la smette di sentirsi solo e abbandonato e di pensare che nessuno si prende cura di lui. Non è vero”, chiarisce ancora Corazza. In Apiafco c’è lo sportello psicologico, quello legale, c’è un numero di telefono per parlare e un numemo verde per consigli con gli specialisti.

Il paziente psorisico, infatti “tende a stare da solo, isolarsi, a non fare sport, mangiar male e dunque a diventare obesi”. Essere parte di un’associazione “significa essere più informato, perché informare è uno degli scopi dell’associazione”. Ma anche “essere formato, avere qualcuno per fare una chiacchierata anche di cinque minuti se si è depressi, rivolgere qualunque domanda, apertamente, perché chi legge queste domande è una persona come te, ammalata e che ti capisce”. Significa insomma “far parte di un tutto che quando si muove lo fa a nome di centinaia di persone. Più siamo, più forza possiamo avere quando poniamo questioni, specialmente alle istituzioni”, conclude Corazza.

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