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Report del Consiglio Grande e Generale di San Marino del 25 ottobre

Di seguito un estratto degli interventi odierni

Pubblicato:25-10-2023 09:55
Ultimo aggiornamento:06-11-2023 10:23

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SAN MARINO – I lavori consiliari ripartono nel pomeriggio e si concentrano sull’esame e la ratifica dei Decreti legge e decreti delegati, al comma 14, e in particolare, sul decreto n.117 “Norme attuative della Legge 2 maggio 2023 n.75 – Legge sulla prevenzione incendi”, che viene approvato dall’Aula all’unanimità, e sul decreto n.120 “Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, delle prestazioni di lavoro temporaneo e dei distacchi di lavoratori” su cui si sviluppa un lungo dibattito e non si riesce a iniziare l’esame dell’articolato prima della conclusione della seduta.

Si parte quindi dal decreto delegato n.117 presentato dal Segretario di Stato per il Territorio Stefano Canti. “E’ un decreto per dare gambe al recente provvedimento normativo sulla prevenzione incendi- spiega- abbiamo presentato piccoli emendamenti che vanno ad aggiustare alcuni articoli”. Si tratta, per il Segretario di Stato, di un decreto importante perché “andremo a normare in maniera definitiva- motiva- la parte attuativa sulla prevenzione incendi che darà maggior sicurezza nei luoghi di lavoro”. Elena Tonnini, Rete, dall’opposizione esprime un giudizio favorevole, definendolo un provvedimento positivo.“Vediamo, per esempio, come le aziende sono catalogate per categorie di rischio e, in base ad esse, sono elaborate procedure differenziate- spiega- E’ un ottimo approccio per semplificare i procedimenti e favorire le attività delle aziende a basso rischio, rispetto quelle a medio-alto rischio, cui invece si chiede un maggior impegno”. Tonnini chiede poi chiarimenti sulle deroghe previste e sui tempi previsti per l’organizzazione di corsi di formazione per l’iscrizione all’albo dei professionisti chiamati alle verifiche. Anche Alessandro Mancini, Npr, esprime poi alcune perplessità sul posticipo dell’applicazione del decreto al 2015 e chiede di “farlo entrare in vigore prima”. Vladimiro Selva, Libera, al contrario, spiega come la proroga sia comprensibile e necessaria perché “partire senza una ‘cultura’ chiara sulle novità introdotte, potrebbe risultare problematico”. “Il nostro partito è favorevole a questo provvedimento, che è significativo e va a qualificare la sicurezza e il patrimonio urbanistico del Paese- rimarca Francesco Mussoni, Pdcs- andrà ad innalzare infatti la qualità dell’esistente perché spingerà a riqualificare, per raggiungere l’obiettivo importante per la sicurezza delle persone”. Anche Adele Tonnini, Rete, riconosce la bontà del provvedimento “per dare gambe e piena operatività a una legge moderna, proprio per questo riteniamo di poterla emanare immediatamente e non con proroga”. Ribadisce il concetto Emanuele Santi, Rete, rispetto all’emendamento che va a posticipare l’entrata in vigore al 2025: “Credo questo sia un peccato, auspico sia tolto”. Manuel Ciavatta, Pdcs, chiarisce invece come il periodo transitorio di applicazione delle norme sia opportuno per dare tempo alle imprese di adeguarsi alle nuove norme e al servizio stesso deputato alla prevenzione incendi di implementarsi.

Il Sds Canti spiega quindi in replica come la proroga sia motivata anche dalla mancanza di un numero idoneo in territorio di tecnici abilitati ad esaminare le pratiche di adeguamento delle aziende, e quindi sulla necessità di dare un lasso di tempo di qualche mese necessario per la loro formazione. Ma apre alle richieste avanzate, proponendo un ‘doppio binario’ delle norme , lasciando così un periodo di tempo transitorio in cui è possibile consentire alla imprese l’adeguamento al rischio antincendio con la vecchia o con la nuova normativa. L’esame dell’articolato del decreto è all’insegna del favore bipartisan dei gruppi, sono infatti approvati non solo gli emendamenti del governo, ma anche diverse proposte di modifica di Rete trovano accoglimento a larga maggioranza. Il Segretario Canti infatti ritiene accoglibili 3 emendamenti dei 4 proposti dal movimento. E alla fine, l‘intero Decreto ratificato all’unanimità


Non trova invece lo stesso favore bipartisan dell’Aula il Decreto Delegato n.120 “Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, delle prestazioni di lavoro temporaneo e dei distacchi di lavoratori”, su cui si sviluppa un dibattito articolato dove emerge la netta contrarietà, in particolare, del movimento Rete e dubbi sono espressi anche dai consiglieri Libera e di Rf, malgrado il decreto stesso sia frutto di un’intesa raggiunta al tavolo tripartito tra forze datoriali e sindacali.

Teodoro Lonfernini, Segretario di Stato per il Lavoro, avvia il dibattito dando lettura della relazione al provvedimento: “Il presente decreto, previsto dalle deleghe inserite dalla legge 9 dicembre 2022 n.164, completa la regolamentazione di tre argomenti centrali nel processo di riforma del mercato del lavoro. L’intento della Segreteria è stato quello di addivenire alla massima condivisone su aspetti che sono risultati decisamente divisivi tra parte sindacale e datoriale. La Segreteria di Stato ha svolto quindi un ruolo di mediatore, nell’intento di trovare il giusto punto di caduta tra le esigenze delle parti. Il Capo I tratta le tipologie di rapporto di lavoro a tempo determinato, il diritto di precedenza e i mezzi di impugnazione di tale diritto. L’articolo 1 disciplina il contratto di lavoro a tempo determinato. La principale novità introdotta è l’allungamento del termine massimo di tale tipologia di rapporti di lavoro a 24 mesi e, al contempo, l’introduzione di un sistema che, prevedendo un maggiore costo contributivo (l’1,5% dal 12° al 18° mese e un ulteriore 1,5% dal 18° al 24° mese), possa disincentivare l’utilizzo non giustificato del tempo determinato. Nel caso poi di trasformazione del rapporto a tempo indeterminato è stata prevista un procedura di rimborso dei costi appena citati. (…) L’articolo 6 introduce in maniera innovativa la nuova disciplina della prestazione di lavoro temporaneo, strumento normativo già presente nel nostro ordinamento, ma mai pienamente applicabile, a causa di una serie di blocchi amministrativi che era assolutamente necessario rimuovere dal nostro sistema, visto le novità introdotte a livello normativo in materia di libera circolazione dei lavoratori, nonché visto il percorso di associazione all’Ue intrapreso dal nostro paese. (…)Il risultato finale è un testo in grado di equilibrare i diversi interessi e le sensibilità delle parti, quell’equilibrio che nonostante il confronto, non era stato possibile trovare al momento dell’emissione della norma dato che non è stato possibile trovare un accordo tripartito. Ma l’obiettivo, visto che ormai le distanze risultano ridotte, è quello di riuscire a trovarlo entro l’applicazione della norma, prevista con ratifica”.

Il Segretario Lonfernini conclude precisando di aver voluto leggere integralmente la relazione anche in rappresentanza delle parti che, negli ultimi 10 mesi, hanno lavorato al decreto “condividendone ogni aspetto” del testo portato all’attenzione dell’Aula, “per dare valore al lavoro che si è sviluppato in termini di totale condivisione e sinergia”. I mesi su cui si è lavorato al tavolo tripartito “non sono stati facili- aggiunge- ci si è confrontati a lungo, non si partiva dalle medesime posizioni ma le parti hanno dato prova di grande maturità”. Quindi a categorie e sindacati va il ringraziamento del Segretario “per l’onesta intellettuale dimostrata in chiave di logica di sistema”.

Guerrino Zanotti, Libera, interviene per rilevare certamente soddisfazione a fronte dell’intesa trovata al tavolo tripartito, di cui, rileva, ne è conferma la percentuale altissima di lavoratori chiamati a votare l’accordo che ne hanno dato adesione. Ma non mancano, per il consigliere, le ombre su un “compromesso cui si è giunti che- fa notare- parte da una situazione comunque di svantaggio per la categoria più debole, i lavoratori dipendenti”. Nel mirino l’allungamento del tempo determinato e l’introduzione di forme di flessibilità quali la ‘somministrazione del lavoro’. “Vediamo bene come l’accordo avviene comunque a livello di precarietà maggiore rispetto quello che avevamo prima- puntualizza Zanotti– e nonostante oggi il tasso di disoccupazione sia ai minimi storici”. Pollice verso poi sulla richiesta da parte del Segretario rivolta ai gruppi consiliari di non presentare emendamenti perché “significa sminuire il ruolo consiliare”.

Alessandro Mancini, Npr, motiva la richiesta di non presentare emendamenti affinché non si interferisca con l’accordo raggiunto tra le parti. Quindi plaude alla mediazione portata avanti dal Segretario: “Ha deciso di emettere il decreto anche senza accordo per non perdere tempo- spiega- così le parti hanno capito che il tempo era scaduto e si è ripreso il lavoro del tavolo tripartito che è stato proficuo e ha soddisfatto le parti”. Andrea Zafferani, Rf, si unisce alle rimostranze per avere di fronte un testo blindato, su cui il Consiglio non è stato coinvolto. Zafferani fa poi notare come la ricerca di un accordo sia avvenuto a scapito dell’innovazione, mentre nella versione originaria della riforma presentata dalla Segreteria “si era presa una strada diversa- ricorda- proponendo scelte forti, poi eliminate nel passaggio in commissione, rinviando ai decreti”. Nonostante ciò, ci sono aspetti positivi: il consigliere promuove “l’extra costo” per il lavoro a tempo determinato, l’estensione degli ammortizzatori sociali. Anche se in definitiva, “non caricherei comunque questo intervento di effettive potenzialità”, conclude. Francesco Mussoni, Pdcs, punta a evidenziare l’importanza della concertazione e del raggiungimento di una sintesi. “Sicuramente con questo provvedimento non solo si fanno passi in avanti- rileva- ma si giunge a una flessibilità significativa per le aziende e si risolvono temi che da anni non si riuscivano a sviluppare”. Si ha il merito dunque di “introdurre il concetto di flessibilità, chiarire procedure, creare una tendenza eurocompatibile con il nostro diritto al lavoro, eliminare storture in materie di distacchi e lavoro interinale”, il tutto “venendo incontro agli interessi di entrambe le parti”.

In direzione contraria Giovanni Maria Zonzini, Rete, che stronca l’esito della trattativa condotta dal governo, rea di aver portato a un “equilibrio eccessivamente squilibrato a favore delle imprese e a danno dei lavoratori”. Bocciata poi la semplificazione del lavoro interinale, “forma che riduce il lavoratore ancor di più a mera merce”, così come l’aumento del tempo massimo del lavoro determinato, quindi del precariato: “per noi- sintetizza- è un accordo penalizzante per i lavoratori”. Il consigliere di Rete quindi anticipa che “pur rispettando la trattativa” il movimento ha deciso di “rivendicare il diritto all’iniziativa legislativa e presenterà comunque un emendamento proprio sull’articolo 1 che va ad aumentare il tempo determinato da 18 a 24 mesi”. Di tutt’altro avviso Lorenzo Bugli, Pdcs, che rileva come sia un risultato storico l’aver portato all’accordo le parti al tavolo e sollecita a “fare basta con l’imprenditore-fobia”.

Riccardo Stefanelli, Pdcs, sottolinea come il decreto non sia semplicemente un provvedimento del governo, ma “è frutto del lungo confronto del tavolo tripartito- sottolinea- riguarda temi spinosi che anche in passato hanno portato a molta tensione”, quindi “va evidenziato che senza conflittualità o mobilitazione si è giunti a una intesa su di essi”. Marica Montemaggi, Libera, smorza gli entusiasmi: “Non è un passaggio storico o così migliorativo- manda a dire”. Nell’accordo, spiega, ci sono effetti positivi, ma anche negativi, per esempio, “dove si allunga il periodo di precariato e si espande la fetta del avoro interinale”. È per il consigliere di Libera “un accordo raggiunto ma al ribasso, fortemente squilibrato per il lavoratore dipendente”. Per Manuel Ciavatta, Pdcs, diversamente, il decreto “conferma che la riforma sul lavoro non è stata una ‘riformina’, come definita dalla minoranza, ed era uno degli obiettivi politici della maggioranza”. “Il nostro è un paese piccolo che ha bisogno di pace sociale e concordia- rileva Milena Gasperoni, Npr- non ha bisogno di scontri. ma che certe regole il più possibile condivise sovrintendano la sua piccola comunità”. Di qui l’importanza di un accordo rispetto il quale “a memoria nostra non ci sono casi analoghi”. .

Sandra Giardi, Gruppo misto, rinvia il giudizio sull’accordo “tra un anno”, quando si potranno vedere meglio gli effetti, ma sostiene che la parte legata alla mobilità e alla disoccupazione vada integrata e potenziata, “in particolare-chiosa- rispetto fasce di popolazione che trovano più difficoltà ad essere ricollocati”. Infine non tralascia di togliersi qualche sassolino dalla scarpa: “Secondo me- manda a dire infatti- è venuta a mancare l’attività di sostegno ai lavoratori a parte del sindacato”. “Diamo atto al Segretario Lonfernini di essere ‘l’ultimo indiano’ al governo, l’unico Segretario che va avanti e lavora e porta atti anche ‘scomodi’ in Aula”, sostiene Roberto Ciavatta, Rete. “Ma ciò non significa- aggiunge- che tutto quello che arriva qui sia buono”.

Infine la replica del Sds Lonfernini: “Chi è chiamato ad avere delle responsabilità sul mondo del lavoro deve avere sempre a riguardo un elemento, quello di riuscire a lavorare per unire e non dividere”, sottolinea riconoscendo che “forse, in una prima fase anche io sono caduto nell’errore della divisione”. “Ma poi siamo giunti a un punto di equilibrio tra impresa e lavoratore e il compito di chi ha responsabilità politica è proprio quello di favorire continuamente quell’aspetto”. In definitiva, il decreto, e quindi l’accordo che rappresenta, “per me sono un grande risultato e una grande prova di maturità”.

Con la replica del Segretario Lonfernini si concludono i lavori consiliari odierni che riprenderanno domani pomeriggio, come da Ordine del giorno, dal comma 16, dedicato al Dibattito sullo stato del negoziato sull’Accordo di Associazione con l’Unione Europea.

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