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Usa, facciata museo rivestita da giubbotti salvavita

Dopo essere passata dall'Europa, l'installazione dell'artista cinese Ai Weiwei è arrivata in America all'Institute of Art di Minneapolis

Pubblicato:24-02-2020 16:00
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 17:02

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ROMA – Le colonne neoclassiche che abbelliscono la facciata del Minneapolis Institute of Art non mostrano più il bianco della pietra, ma sono arancioni, nere e blu: l’artista cinese Ai Weiwei le ha infatti completamente foderate dei giubbotti salvavita usati da chi tenta di emigrare via mare, con mezzi di fortuna. ‘Safe Passage’ (‘Passaggio sicuro’, in italiano) sbarca così negli Stati Uniti, dopo le tappe europee. Stavolta l’installazione è però parte di una mostra più ampia dal titolo “Quando la tua terra non ti permette di restare: arte e migrazione’.


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Noto per il suo attivismo per i diritti umani, Ai Weiwei riporta all’attenzione un tema di attualità: quello delle migliaia di migranti in fuga da fame, guerre e persecuzioni che tentano di raggiungere l’Europa via mare anche a costo della vita. Parte del progetto le decine di giubbotti di salvataggio donati dalle autorità di Lesbo, isola greca che assieme a varie altre del Mar Egeo accoglie i migranti. I trafficanti non si fanno scrupolo di far salire le famiglie su gommoni usurati o vecchi barchini, col risultato che spesso nei naufragi le persone perdono la vita.

Da più parti sono mosse accuse contro i governi e le istituzioni europee di non stare facendo abbastanza per evitare i naufragi, a fronte del calo negli ultimi anni delle richieste d’asilo accolte dagli Stati. Ai Weiwei rilancia l’appello per la creazione di canali di viaggio legali sicuri per i rifugiati, tornando a impiegare l’arte come mezzo di comunicazione, e lo fa in uno Stato particolare degli Stati Uniti: il Minnesota, come ricordano le fonti locali, è il primo per numero di rifugiati accolti tra i 50 del Paese. Anche qui il tema dei migranti, come in Europa, infiamma la politica, con i tentativi del presidente Donald Trump di blindare la frontiera col Messico, per bloccare l’immigrazione da sud e ridurre il numero di rifugiati accolti.

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