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Coronavirus, l’appello dei ricercatori italiani: “Servono regole uniformi e forti”

L'obiettivo: "attuare iniziative incisive in tutto il mondo, per vincere contro il Covid-19 e salvaguardare i nostri sistemi sanitari"

Pubblicato:13-03-2020 12:51
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 17:08

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NAPOLI – I ricercatori dell’Airi, l’associazione che raggruppa i ricercatori italiani in tutto il mondo, hanno lanciato un appello internazionale perché i governi prendano misure adeguate contro la diffusione del coronavirus.

“Siamo sconcertati dai provvedimenti che non sono stati adottati da un cospicuo numero di governi”, scrivono i ricercatori, che lavorano in diverse università e centri di ricerca del mondo, come gli Stati Uniti, la Germania, il Regno Unito, la Svezia, la Spagna, l’Austria e il Giappone.

I ricercatori plaudono alle misure adottate dall’Italia, la chiusura di scuole, università e di tutte le attività non necessarie, “che rispecchiano in parte – dicono – quelle applicate dal governo della repubblica popolare cinese”. Ma, benché le prospettive per l’Europa siano “ancora più cupe” di quelle cinesi, “la risposta dall’Europa non è stata coordinata né incisiva. Questo è per noi fonte di preoccupazione. Le velocità di trasmissione del Covid-19 – si legge nell’appello – sono cresciute costantemente anche in Spagna, Francia, Germania, e altri Paesi. Nonostante la percezione errata che si trattasse di un problema italiano, altri Stati in Europa e negli Usa stanno ora assistendo a una tendenza nel numero di casi che corrisponde alla progressione osservata in Italia”.


La “massima priorità” contro la pandemia oggi deve essere “preservare la salute pubblica”. Per questo, chiedono un “approccio proattivo” con “regole uniformi e fortianche nelle istituzioni accademiche “che nella maggior parte dei casi continuano a operare senza restrizioni”.

L’obiettivo deve essere, quindi, “attuare iniziative incisive” in tutto il mondo, un passaggio fondamentale “per vincere contro il Covid-19 e salvaguardare i nostri sistemi sanitari. Come scienziati e accademici, ma soprattutto cittadini, non possiamo aspettarci meno che questo”.

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