NEWS:

Schillaci contro i medici gettonisti: “Aberrante che lavorino in Pronto soccorso senza competenze”

Il Ministro della Salute: "Sugli oltre 18 milioni di accessi nei Ps nel 2023, quattro milioni sono stati impropri"

Pubblicato:10-05-2024 13:25
Ultimo aggiornamento:11-05-2024 11:58
Autore:

Schillaci
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – “Voglio rivolgere un ringraziamento particolare alle centinaia di giovani presenti in questa aula che hanno scelto la specializzazione in medicina di emergenza- urgenza che oggi è tra quelle che risente maggiormente di scarsa attrattività e di un alto tasso di abbandono. E la ragione della vostra scelta non può che essere una forte vocazione e la riscoperta del senso autentico della professione medica che è quello di salvare vite umane. Perché è questo che fa un professionista che lavora nei Pronto soccorso”. Lo ha affermato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, intervenuto ad Assisi al IV congresso nazionale dell’Italian Emergency Medicine School (Items). Però poi Schillaci coglie l’occasione per polemizzare contro i medici “gettonisti”.

Secondo Schillaci è “aberrante che tanti medici gettonisti si rendano disponibili a lavorare nei Pronto soccorso a volte anche senza competenze specifiche, mettendo seriamente a rischio la sicurezza delle cure“. Perché secondo il ministro “solo attraverso una formazione in emergenza-urgenza è possibile acquisire un bagaglio di competenze che comprende la capacità di gestire il paziente critico che necessita di interventi salvavita, ma anche un’ampia e accurata capacità diagnostica per individuare correttamente la patologia”. Più che la “disponibilità” dei medici gettonisti, dovrebbe essere “aberrante” caso mai che le strutture ospedaliere li facciano effettivamente lavorare in Pronto Soccorso…

“Certo- ha proseguito l’esponente del governo- è innegabile che, da anni, il personale sanitario dei reparti di emergenza-urgenza si deve confrontare con una quotidianità complessa: un numero sempre più alto di accessi che diventano difficili da gestire soprattutto per carenza di personale, episodi continui di aggressioni fisiche e verbali e il fenomeno delle richieste di risarcimento per presunta colpa medica. Con grande sincerità va detto che occorre tempo per recuperare l’erosione causata da anni di immobilismo e di austerity che hanno determinato la fuga del personale dai Pronto soccorso. La buona notizia è che siamo all’opera per riportare all’ordinarietà i servizi di emergenza ospedaliera”.


“Ci tengo a sottolineare- le parole del ministro della Salute- che le prime misure messe in atto da questo governo hanno riguardato proprio i Pronto soccorso. Siamo innanzitutto intervenuti con misure economiche: penso alle indennità, all’aumento della retribuzione per le ore aggiuntive e al riconoscimento del lavoro usurante. Per garantire maggiore sicurezza abbiamo inasprito le pene per chi aggredisce gli operatori sanitari. E siamo intervenuti per porre fine a una situazione di disuguaglianza tra chi sceglie di lavorare a cottimo guadagnando il triplo e con minori incombenze e chi ha vinto un concorso, lavorando ogni giorno con professionalità e maggiori responsabilità”.

Il ministro ha poi sottolineato che “ci sono ancora nodi da sciogliere, penso in particolare alla carenza di personale. Con questa consapevolezza nel recente decreto Pnrr abbiamo continuato a prevedere misure dirette a valorizzare il capitale umano: abbiamo agevolato i contratti flessibili togliendo un primo tetto di spesa alle assunzioni e superato vincoli che limitavano la presenza degli specializzandi, che devono essere più presenti in corsia e pagati in modo adeguato. Ma tutte le misure intraprese per far uscire i Pronto soccorso da questa situazione di ‘ordinaria emergenza’ per essere realmente incisive devono essere accompagnate dal rafforzamento della medicina territoriale”.

“L’ultima rilevazione dell’Agenas- ha informato il ministro- indica che sugli oltre 18 milioni di accessi nei pronto soccorso nel 2023, quattro milioni sono stati impropri: con il 68% di codici bianchi e verdi. Parliamo di pazienti che non presentano traumi, che scelgono di recarsi nei Pronto soccorso per un fattore culturale che porta a identificare l’ospedale come prima risposta ai propri bisogni, o talvolta dietro consiglio dei medici di famiglia in particolare nelle festività o nel weekend. Accessi impropri che scendono in maniera considerevole in presenza di Case di comunità che rappresentano il setting assistenziale più appropriato per tutti i bisogni di salute non urgenti. Oggi questi presidi iniziano a diffondersi, seppure a macchia di leopardo, su tutto il territorio”.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it