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Ancora incursioni del lupo, e le pecore sopravvissute non fanno più il latte “per il terrore”

I gestori di un agriturismo sulle colline di Piacenza sono disperati per le continua incursioni del lupo: "Non ci fidiamo più a lasciare liberi gli animali e abbiamo paura anche per i nostri nipoti"

Pubblicato:07-10-2022 16:01
Ultimo aggiornamento:07-10-2022 16:04

lupo
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PIACENZA – In due settimane 17 pecore uccise: tante ne ha viste sparire con gli attacchi dei lupi la famiglia Gusai, associata a Confagricoltura Piacenza, che gestisce un agriturismo sul passo del Cerro tra Bettola e Perino. I Gusai sono conosciuti perché propongono la cucina della loro terra d’origine, la Sardegna, allevando il bestiame e coltivando i terreni dove la collina piacentina cede il posto alla montagna appenninica. Ma con i lupi sta diventando un’impresa nell’impresa.

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I LUPI SONO ENTRATI ANCHE NEL RECINTO VICINO A CASA”

“Abbiamo 500 pertiche- spiega Andrea Gusai che con il fratello Giuseppe e il papà Luca conduce l’azienda agricola con l’agriturismo- i nostri terreni sono a 700 metri di altitudine, in parte li coltiviamo cereali, patate e altre colture poco esigenti, in parte li riserviamo al pascolo, facendo solo un primo sfalcio in primavera, ma con questa situazione non ci fidiamo a lasciare liberi gli animali che non sono più al sicuro neppure nel recinto vicino casa, dato che le ultime due volte i lupi sono entrati persino lì”. I lupi li hanno proprio “visti: tre sono sempre qui vicino, mio fratello ne ha visto uno vicino al cortile. A Montosero hanno avvistato un branco di 15 esemplari”.


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“ABBIAMO DECINE DI ETTARI DI PASCOLI INUTILIZZABILI”

E così, tra preoccupazione e sconforto, “alla sera mettiamo gli animali in stalla, abbiamo 40 ettari di pascolo di fatto inutilizzabili, è un danno immenso. Come si fa a gestire le recinzioni su una dimensione simile con cinghiali, caprioli e cervi che passano e distruggono, ci vorrebbe una persona che quotidianamente monitorasse tutte le recinzioni facendo solo quello e poi sotto casa ci hanno sbranato i capi uccidendo un montone che da solo costa 1.500 euro. Le altre pecore sopravvissute, dal terrore, non fanno più latte”.

“IO HO PAURA ANCHE PER I MIEI NIPOTI”

L’azienda dei Gusai ha anche altri animali: qualche vacca, una decina d’asini e animali da cortile. “Avevamo i maiali, ma ora li abbiamo abbattuti per evitare il rischio della Peste Suina Africana, tutti gli altri animali li teniamo vicino a casa. Io ho paura persino per i mei tre nipoti, il più grande ha 10 anni e il piccolo quattro, non siamo tranquilli neppure per loro. Speriamo proprio non ci siano disgrazie più grandi”, prosegue l’allevatore. Intanto, ormai “i danni non si possono più contare considerate poi che d’estate le pecore pascolano di notte, ma le devo rinchiudere, cosa faccio? Sta diventando impossibile. Io non ce l’ho con il lupo, ma la situazione deve essere gestita, chi lo protegge lo tenga a bada”.

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“LA SOPRAVVIVENZA DELLE IMPRESE È A RISCHIO”

Da tempo “denunciamo lo strabismo di un Paese che impone in allevamento norme di benessere animale che vogliono i vitelli in cuccetta singola con la possibilità di vedersi gli uni gli altri poi lascia che accadano queste cose, con gli allevatori inermi di fronte allo scempio dei loro animali. Mi chiedo- conclude Andrea Gusai- dove sia il benessere animale con un gregge che viene massacrato e con gli animali superstiti che restano traumatizzati. Chiediamo che si torni alla sostanza dei problemi e che si trovino soluzioni. Non ci possiamo più permettere di concentrarci sulle bazzecole, mentre è a rischio la sopravvivenza degli allevamenti e delle imprese. Già da tempo non è redditizio vivere in campagna, ora sta diventando anche sempre più pericoloso”.

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