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Continua la guerra tra M5S e Pd, Di Maio insiste: decidiamo noi cosa fa il Governo

L'editoriale del direttore Nico Perrone per Dire Oggi

Pubblicato:03-12-2019 16:20
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:42

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ROMA – Dopo la tirata d’orecchi di ieri da parte del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ha accusato i suoi ex vice, Di Maio e Salvini, di essere sempre stati informati sul “Salva Stati”, oggi il Capo politico del M5S torna alla carica: «Conte ha detto che tutti i ministri sapevano di questo fondo. Sapevamo che il Mes era arrivato a un punto della sua riforma, ma sapevamo che era all’interno di un pacchetto, che prevede anche la riforma dell’unione bancaria e l’assicurazione sui depositi. Per il M5s queste tre cose vanno insieme e non si può firmare solo una cosa alla volta».

Si è subito accodato Alessandro Di Battista, che negli ultimi tempi, dopo un periodo di gelo, è tornato a sostenere apertamente Di Maio: «Concordo. Così non conviene all’Italia. Punto». Non solo, Di Maio ancora una volta ha lanciato una sfida al Pd, alleato di Governo: «Il M5s continua a essere ago della bilancia. Decideremo noi come e se dovrà passare questa riforma del Mes». Con tanti saluti alla condivisione. Insomma, prosegue il braccio di ferro all’interno della maggioranza di Governo. I nervi restano tesi. Oggi i Dem gli hanno ribattuto a muso duro ricordando che il Governo non è un monocolore, che da soli i ‘grillini’ non vanno da nessuno parte.

Adesso tutta l’attenzione si sposta all’11 dicembre, quando il presidente del Consiglio tornerà in Parlamento per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre. Alla fine, di solito, si vota una risoluzione in appoggio al Governo. Sarà un momento delicato perché il centrodestra a guida Lega farà fronte comune e al Senato la maggioranza si regge su pochi voti di scarto.


Nel frattempo stamane alla Camera si è svolta una votazione che, visto l’esito, è da allarme rosso. Forza Italia chiedeva l’urgenza per votare lo stop alla sospensione della prescrizione che entrerà in vigore dal primo Gennaio. Pd, M5S e Leu hanno detto ‘No’ e questo è passato con 50 voti di scarto perché i 28 deputati di Renzi, favorevoli all’urgenza, per non creare problemi al Governo sono usciti e non hanno partecipato alla votazione. Un margine che al Senato e’ ben piu’ risicato, visto che la maggioranza e’ appesa ai 169 voti della fiducia, con appena 8 voti in piu’ del limite numerico. In questo modo i renziani hanno messo in evidenza che tengono anche loro in scacco il Governo. Per restare in sella dovrà pagare pegno, magari nel passaggio primaverile sulle nomine.

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