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MILANO – “L’arresto e la detenzione (due anni) dell’attivista No Tav Dana Lauriola è un problema che non riguarda solo chi, come gli attivisti di Greenpeace, si dedica alle proteste nonviolente. In questi ultimi anni si è sempre più limitata la libertà di manifestazione del pensiero anche in contrasto con quanto previsto nella Costituzione“. Così, in un comunicato, Greenpeace Italia prende posizione sull’arresto della portavoce del movimento No Tav Dana Lauriola, condannata al carcere dopo che il giudice cautelare ha rifiutato tutte le misure di custodia alternative, nonostante il parere dei servizi sociali ne raccomandasse l’affidamento in prova.
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“Con altre 300 persone- scrive Greenpeace Italia- Dana Lauriola (il 3 marzo 2012) ha inscenato una manifestazione pacifica al casello di Avigliana dell’autostrada Torino-Bardonecchia. In pratica, è “responsabile” di aver fatto passare, senza pagamento del pedaggio, un certo numero di automobili. Un “danno” quantificato in poche centinaia di euro che lei e gli altri attivisti hanno da tempo rimborsato. Evidentemente, il punto non è quello”.
“Il punto- spiega Greenpeace- è che in questi ultimi anni si è sempre più limitata la libertà di manifestazione del pensiero anche in contrasto con quanto previsto nella Costituzione. Tale atteggiamento mostra la profonda paura che lo Stato, nelle sue varie articolazioni, ha per coloro che esprimono opinioni non conformi a quelle ufficiali. Questo è gravissimo ed è esattamente l’opposto di ciò che deve essere una democrazia che si basa sulle libertà fondamentali che sono parte intoccabile ed indiscutibile del contratto sociale sotteso al vivere civile di uno stato di diritto e non di polizia”.
Secondo il giudice cautelare, il rifiuto delle misure alternative al carcere è avvenuto perché Dana Lauriola ha continuato il suo attivismo nel movimento No Tav: “L’idea- commentano gli ambientalisti- che una persona, come in questo caso, venga condannata perché non si è “pentita” delle sue opinioni (espresse peraltro in maniera nonviolenta) è abominevole. Che questo presunto crimine sia poi “aggravato” dal luogo di residenza del “condannato” (quella Val di Susa dove centinaia di altre persone protestano per una scelta che ritengono esser stata presa sulla propria pelle) lo è forse anche di più”.
“Non possiamo- conclude Greenpeace- che esprimere la nostra solidarietà a Dana Lauriola (e a Nicoletta Dosio, come Dana condannata e scarcerata di recente solo per via del rischio contagi nelle carceri, oggi ai domiciliari) e a tutti coloro che non si pentono per la loro libertà di pensiero, per il loro attivismo nonviolento e che testardamente vogliono continuare a vivere dove sono nati e a lottare per un futuro migliore anche per la loro “casa”“.
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“La solidarietà a Dana e la messa in discussione di questo meccanismo giudiziario folle cresce e sta crescendo man mano che si entra nel merito delle questioni, e questo non deve avvenire assolutamente!”. Così il movimento No Tav attacca in una nota il “grande ufficio propaganda” del “Sistema Tav” colpevole, a loro avviso, di sviare, con “fatti marginali, talvolta ridicoli”, l’attenzione dell’opinione pubblica dall’arresto della portavoce del movimento Dana Lauriola. Da Amnesty International a Greenpeace, infatti, sono numerose le associazioni che si stanno schierando contro l’arresto dell’attivista.
Secondo il movimento No Tav “la solidarietà da veramente fastidio, e infatti in questi giorni, con l’arresto di Dana che è un fatto palesemente gonfiato, che ha fatto breccia in diversi settori della società che hanno a cuore i diritti e la libertà, la macchina del sistema Tav sta lavorando a spron battuto, perchè è in difficoltà. Spuntano così articoli per enfatizzare fatti marginali, talvolta ridicoli, che diventano prima articoli scoop sulle cronache e poi vengono farciti di dichiarazioni di politici di ogni sorta che fanno da controcanto alla questura”.
Per il movimento No Tav episodi che “sarebbero ridicoli in altre situazioni diventano fatti principali, fedelmente pompati da alcuni giornalisti che confondono il proprio mestiere con quello di alcuni uffici stampa. I notav- aggiungono- sono nemici da condannare per quello che sono e non per quello che fanno, e quello che sono lo raccontano solo le informative della questura, che passano ai giornalisti le segnalazioni degli imputati (fatti non a processo) trasformandole già in condanne, per far si che si parli di ognuno di noi come pericolo pubblico”.
“Tutta la nostra storia è costellata di risposte goffe (mediatiche, politiche e giudiziarie) alle nostre iniziative. Noi- concludono- come sempre, andiamo avanti a testa alta, svelando meccanismi e macchinazioni del sistema tav, difendendo la nostra gente, con tutto il rispetto che questa lotta merita”.
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