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VIDEO | Elaize Farias, cronista dell’Amazzonia: “Lula dà speranza ma non abbassiamo la guardia”

La direttrice di Amazonia Real collegata da Manaus coperta dal fumo degli incendi: "Non li vediamo ma sono sempre più frequenti"

Pubblicato:28-09-2023 19:03
Ultimo aggiornamento:28-09-2023 19:03
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ROMA – “Mi dispiace che la luce non sia buona, ma devo stare con le finestre chiuse per evitare che il fumo degli incendi entri in casa. A Manaus è così: non vediamo le fiamme ma da qualche tempo quasi ogni giorno il cielo è coperto dal fumo dei roghi“. Parla collegata dal suo appartamento Elaíze Farias, direttrice di ‘Amazonia Real’, una testata giornalistica nata in Brasile nel 2013, sottolinea, “che sta ottenendo un enorme successo che mai avremmo immaginato”.

Sebbene nella capitale dello Stato di Amazonas siano le dieci del mattino, la stanza da cui parla Farias con l’agenzia Dire è in penombra: dalla finestra chiusa quasi non entra luce per via del fumo di roghi dolosi che minacciano non solo la sopravvivenza della foresta amazzonica, ma anche quella delle popolazioni native che la abitano.

LA LOTTA AL LINGUAGGIO POSTCOLONIALE “TRADIZIONALE”

“Da quando il presidente Luiz Ignacio Lula da Silva è salito al potere la deforestazione è diminuita” assicura la cronista. “Non si è però arrestata, anche perché Lula non può sistemare le cose in un attimo. Le pressioni delle grandi aziende minerarie e dell’agribusiness sono troppo forti”.


Il Brasile conserva la percentuale più grande della foresta amazzonica, un polmone verde che si estende attraverso nove Paesi dell’America Latina. I reporter di Amazonia Real intendono proprio dare voce a questi territori partendo da un obiettivo: “Offrire una narrazione postcoloniale che inverta gli schemi tradizionali”. La direttrice spiega: “Il Brasile è stato colonizzato per cinquecento anni. Ancora oggi la stampa mainstream usa spesso un linguaggio razzista e sessista e tende a ignorare l’Amazzonia, raccontata come fosse un territorio unico. La regione invece non potrebbe essere più variegata, come i popoli che la abitano: ci sono i discendenti degli schiavi definiti ‘quilombolas’, oppure i popoli che vivono lungo le sponde dei fiumi, chiamati ‘ribeirinhos’, oppure comunità distinte come gli Yanomami o i Mapuche…”

Farias continua: “Le grandi testate spesso dedicano loro solo un trafiletto, lasciando ad altri il racconto dei fatti che li riguardano. Noi invece partiamo dalla voce dei testimoni diretti, dando priorità alle loro istanze”. Ecco dunque anche il resoconto di situazioni di “emarginazione e sfruttamento”. “Diamo ampio spazio” riprende la direttrice, che sarà presto in Italia, ospite del festival di Internazionale a Ferrara, da oggi 28 settembre al primo ottobre, “anche alle tematiche legate a migranti, donne e risorse ambientali”.
Un lavoro non solo faticoso ma anche costoso: “Per raggiungere gli intervistati, spesso dobbiamo noleggiare barche per navigare i fiumi oppure prendere l’aereo”. E le comunicazioni in foresta non sono migliori: “Durante la pandemia”, ricorda Farias, “dovevamo chiamare all’alba, perché nelle ore successive le linee cadevano tanto erano sovraccariche”. E internet “non sempre è disponibile”.

LE MINACCE AI CRONISTI: “A VOLTE NON FIRMIAMO LE INCHIESTE'”

Altro ostacolo sono le minacce: “Capita che i nostri articoli disturbino qualche imprenditore”. Reporters without borders (Rsf), organizzazione che monitora lo stato di salute dei cronisti nel mondo, ricorda che in Brasile nell’ultimo decennio almeno trenta giornalisti hanno perso la vita nella regione amazzonica, di cui tre nel 2022. Rsf avverte che le minacce, soprattutto ai reporter indipendenti e donne, “sono in preoccupante aumento”. “Abbiamo dei protocolli di sicurezza- continua Farias- lavoriamo con coraggio ma non siamo imprudenti, soprattutto perché la maggior parte dei nostri giornalisti vive in Amazzonia, quindi corrono molti più rischi. Capita che pubblichiamo inchieste tenendo nascosta la loro identità”.
“L’epoca di Jair Bolsonaro è stata oscura sotto molti punti di vista” ricorda ancora Farias. “L’ex presidente ad esempio ha cercato di abrogare la legge sulla Protezione ambientale e ridurre i diritti civili. Ma molte attività che minacciano questa regione sono del tutto legali, come l’estrazione mineraria o l’agricoltura”.
Ecco allora che “Manaus, paradossalmente, è una città ancora bolsonarista e anche la nostra testata è letta più a San Paolo che qui”.

“LULA CI DA SPERANZA, MA NEANCHE LUI RESISTE AGLI INDUSTRIALI”

La direttrice parla anche del nuovo presidente, Luiz Ignacio Lula da Silva. “Ci dà speranza” dice: “Non possiamo dimenticare l’immagine della cerimonia di insediamento, in cui è entrato al palazzo presidenziale accompagnato da rappresentanti nativi. Ha creato il ministero per le Popolazioni indigene che finalmente si occuperà di demarcare i confini”, riconoscendo il diritto alla terra di queste comunità.
Secondo Farias, d’altra parte, neanche Lula è immune agli interessi dei grandi investitori. “Ha sostenuto insieme con l’ex presidente Dilma Rousseff la costruzione della centrale idroelettrica di Belo Monte, andando contro il parere e gli interessi delle comunità” ricorda la direttrice. “Lo stesso è accaduto per l’estrazione del petrolio lungo il Rio delle Amazzoni. Ora sta sostenendo la costruzione di due autostrade che taglieranno l’Amazzonia. Per questo non abbassiamo la guardia: non siamo militanti di Lula ma giornalisti ed è nostro dovere mobilitarci, anche perché l’impatto dei danni all’Amazzonia non riguardano solo noi, ma tutto il mondo”.

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