
ROMA – “E’ stato bello ascoltare le voci delle diverse componenti della società civile siriana. Il clima è stato molto positivo e ora non dobbiamo fermarci. Dobbiamo continuare a seguire gli sviluppi, vedere cosa ne verrà fuori. E’ chiaro che l’Unione Europea possiede il peso politico ed economico, nonché gli strumenti – penso alle sanzioni – per porre fine al conflitto siriano, anche con l’aiuto di altri attori, e costruire una società stabile e democratica”. Così all’agenzia DIRE Hozan Ibrahim, membro di Citizens of Syria, una delle associazioni della rete We Exist rappresentate questa settimana a Bruxelles alla conferenza ‘Sostenere il futuro della Siria e della regione’.
L’incontro, al quale hanno partecipato leader europei e delle Nazioni Unite, ha permesso impegni di aiuto per oltre sette miliardi di dollari. Come gli altri attivisti che intendono riscrivere un futuro di pace per un Paese al suo ottavo anno di guerra, Ibrahim ha le idee chiare su cosa è necessario fare. “Bisogna – dice – ottenere la protezione dei civili, anche ponendo fine ai trasferimenti forzati di intere popolazioni (condotte all’interno della Siria, da parte del governo siriano nelle aree riconquistate ai gruppi armati, ndr), e permettere alla società civile siriana di contribuire alla ricostruzione della Siria attraverso le istituzioni europee”.
Essenziale per gli attivisti di We Exist il rilancio dei colloqui di pace. “Senza un processo politico, non c’è futuro per la Siria – dice Ibrahim -. Ma il tavolo negoziale delle Nazioni Unite a Ginevra richiede un impegno concreto. Inoltre se da lì si lavora a una soluzione politica del conflitto siriano, parallelamente ad Astana (iniziativa indetta da Russia, Turchia e Iran, ndr) si discute della linea militare. Questo ci preoccupa, soprattutto per quanto riguarda la questione dei prigionieri di coscienza: la Russia ha chiesto che non sia considerato un tema legato ai diritti umani. Piuttosto, Mosca vorrebbe farlo rientrare nel meccanismo dello ‘scambio dei prigionieri’”.
Il portavoce di Citizens of Syria solleva anche un altro problema: “Il governo deve riaprire i servizi consolari all’estero: ci sono cinque milioni di profughi siriani privi di documenti. Ne va della dignità delle persone”. A Bruxelles, i rappresentanti di We Exist hanno distribuito dei biglietti aerei simbolici con partenza “un città siriana” e destinazione “il mondo intero” proprio per sensibilizzare la comunità internazionale sul fenomeno dei trasferimenti forzati e dell’aumento dei profughi siriani. Durante i lavori della conferenza, che si è conclusa il 25 aprile, anche un’azione dimostrativa all’esterno: l’attivista francese Pascala Hanrion è salito sull’Atomium, monumento simbolo di Bruxelles, per appendere lo striscione “Save the children of Sirya”, per lanciare un altro appello alla protezione delle migliaia di bambini costretti a subire – in Siria ma anche esuli all’estero – le conseguenze della guerra.
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