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Torture, arresti e desaparecidos in Siria: all’Aia si apre il processo contro Assad

Il processo contro i crimini commessi dal governo di Bashar Al-Assad ha preso il via doppo una denuncia di Canada e Olanda: all'Aja ci sarà un sit in di esuli siriani con le foto dei cari scomparsi

Pubblicato:09-10-2023 17:48
Ultimo aggiornamento:10-10-2023 11:59
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(foto di copertina credits The Syria Campaign)

ROMA – “Dopo 11 anni nelle carceri governative, mio fratello ha dovuto lasciare la Siria e convive ancora con vari disturbi psicologici come attacchi d’ansia e panico”. Khalid Ayoub è un siriano residente in Olanda e con l’agenzia Dire parla del fratello Mahmoud, arrestato quando, appena ventenne, fu tra le migliaia di giovani che nel 2011 presero parte a manifestazioni pacifiche contro il governo e per questo fu incarcerato per attentato alla sicurezza dello Stato. È per lui e per migliaia di siriani che domani all’Aia, presso la Corte internazionale di Giustizia (Icj), un tribunale dell’Onu, che si apre la prima udienza di un procedimento che dovrà valutare la denuncia presentata da Olanda e Canada contro un intero governo: quello di Bashar Al-Assad.

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135 MILA DESAPARECIDOS

Il presidente è accusato di arresti e incarcerazioni arbitrarie, torture e trattamenti inumani sistematici nonché uccisioni – anche con armi chimiche – a partire dal 2011. A fine 2022, la rete Syrian Network for Human Rights (Snhr) stimava che oltre 135mila siriani sono in detenzione arbitraria o risultano “desaparecidos”: significa che dopo l’arresto, le famiglie non hanno più avuto notizie. Potrebbero essere dietro le sbarre, senza il permesso di ricevere visite e senza processo, o potrebbero essere già morti, di stenti o vittime di uccisioni sommarie.

LA DENUNCIA DI CANADA E OLANDA

“Domani saremo davanti al Palazzo della pace, sede dell’Icj, con la nostra campagna ‘Bring Assad to justice’” dice Ayoub, che aggiunge: “È un invito a sostenere la denuncia presentata da Canada e Olanda contro Assad. Vogliamo che la nostra voce raggiunga il resto dei governi arabi e occidentali, affinché condannino Assad per i crimini contro l’umanità che ha commesso contro i siriani, che nella rivoluzione del 2011 chiedevano solo il diritto di essere liberi”.

GLI ESULI SIRIANI PORTERANNO LE FOTO DEGLI SCOMPARSI

Domani, insieme a Khalid, fuori dal tribunale ci saranno decine di altri esuli siriani che all’Aia porteranno le foto dei loro cari incarcerati o scomparsi. Una ventina di loro saranno anche ascoltati in aula, tra cui Fadwa Mahmoud, ex prigioniera politica, che dal 2012 non ha notizie del figlio Maher Tahan e del marito, Abdulaziz Al Khair. Presenti anche Ahmad Helmi, ex detenuto sopravvissuto alla torture, e Wafa Mustafa, giornalista e figlia di Ali Mustafa, cronista arrestato nel 2013 e da allora scomparso.

Il procedimento è possibile grazie alle centinaia di testimonianze e dati raccolti in questi anni da persone come loro attraverso varie associazioni nate dopo il 2011. Una guerra, quella siriana, raccontata anche da intellettuali come Khaled Khalifa, morto il 1° ottobre scorso a 59 anni per arresto cardiaco. Il poeta, sceneggiatore e romanziere di fama internazionale – non in patria: le sue opere sono al bando – “dava voce all’opposizione e la sua morte è una perdita enorme” dice Ayoub. “La rivoluzione però è un’idea e le idee non muoiono e il processo contro Assad darà nuova linfa e speranza al popolo siriano”.

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