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A Gaza bombardato un campo profughi, in tanti tornano a nord

Lo riferisce l'Onu e lo confermano 'fonti' nella Striscia alla Dire

Pubblicato:24-10-2023 11:40
Ultimo aggiornamento:25-10-2023 10:55
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gaza fosse comuni
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ROMA – Ennesima notte di bombardamenti delle forze israeliane sulla Striscia di Gaza, dove nella notte scorsa decine civili hanno perso la vita nel campo profughi di al-Shati, nel nord. Uccisioni si sono registrate anche a sud, nelle località di Khan Younis e Rafah, zone indicate come “sicure” dal governo di Israele. La testata panaraba Al Jazeera fa sapere che in totale le vittime sarebbero 140. Il 13 ottobre scorso, dopo l’aggressione del gruppo Hamas del 7 ottobre da Gaza, che ha causato 1.400 vittime tra gli israeliani, Tel Aviv ha ordinato agli abitanti del nord della Striscia di dirigersi a sud, in preparazione di un’operazione di terra, e che avrebbe ritenuto “terroristi” tutti coloro che fossero rimasti nella parte settentrionale dell’enclave. Tuttavia, come ha riferito all’emittente Bbc il direttore dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) a Gaza, Thomas White, “molte famiglie stanno facendo ritorno a nord” perché le condizioni nel sud sono “troppo difficili”: in media, la maggior parte degli sfollati avrebbe accesso a circa un litro d’acqua al giorno e a una porzione di pane per effetto del blocco totale alle forniture di cibo, acqua, elettricità e carburante importo dal governo di Israele. White ha inoltre detto che “circa 600mila persone in pochi giorni si sono riversate solo a Khan Younis”.

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L’Unrwa riferisce che in totale le persone che hanno dovuto lasciare le proprie case sono oltre 1 milione, quasi la metà dei 2,2 milioni di abitanti. “Abbiamo deciso in molti di restare a nord perché andare a sud è troppo pericoloso” conferma all’agenzia Dire Miryiam D., una giovane palestinese di 25 anni, residente in una località nei pressi di Gaza City. “Israele ci intima di andare a sud, ma è solo una campagna del terrore: ha bombardato anche quelle aree” denuncia ancora la giovane, che continua: “Non vediamo l’ora che la guerra finisca: viviamo un inferno che non riesco a spiegare. La maggior parte delle persone cerca rifugio negli ospedali oppure nelle scuole gestite dall’Unrwa, perché moltissimi quartieri sono stati rasi al suolo”.


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Sul piano diplomatico, la stampa americana riporta che gli Stati Uniti, pur sostenendo politicamente e militarmente Hamas, ritengono gli obiettivi di Israele “non fattibili”. Il presidente francese Emmanuel Macron, dopo la missione in Libano, ha invece incontrato il presidente israeliano Isaac Herzog a cui ha espresso solidarietà per le vittime causate da Hamas dichiarando che sarebbero state uccise “perché ebree”. Macron ha quindi esortato l’alleato a “scongiurare una escalation del conflitto”, così come ha fatto ieri il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, in due telefonate distinte agli omologhi di Israele e Autorità nazionale palestinese, rispettivamente Eli Cohen e Riyad al-Maliki, Wang. A entrambi ha promesso solidarietà per le vittime registrate, promesso ulteriori aiuti per Gaza ed esortato alla protezione dei civili nella Striscia. Da Tel Aviv arrivano invece stamani le parole del portavoce delle Forze israeliane, Daniel Hagari, secondo cui Hamas sta continuando a sparare razzi in direzione di Israele ma “in misura ridotta”. Tuttavia, secondo Hagari, sarebbe “una strategia per farci abbassare la guardia”.

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