NEWS:

Non chitarre ma “sculture sonore”: a Bologna in mostra il genio di Wandrè

Al Museo della Musica di Bologna in mostra fino a settembre 50 modelli di chitarre e bassi di Wandrè, geniale liutaio venerato dalle rockstar

Pubblicato:09-05-2024 15:35
Ultimo aggiornamento:09-05-2024 15:35

mostra chitarre wandrè
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

BOLOGNA – C’è chi potrebbe pensare che sia stato il Leo Fender italiano. E c’è chi lo definisce “lo Stradivari della liuteria moderna”. Ma Antonio Pioli, in arte Wandrè, era molto di più. Le sue chitarre e i suoi bassi non sono semplici strumenti musicali. Sono “sculture sonore”, veri e propri pezzi di pop art, che mischiano surrealismo e futurismo, e che hanno anticipato di almeno 10 anni la psichedelia degli anni ’70, fatti con materiali e colori mai usati prima, con linee e design bizzarri. Artigiano e imprenditore geniale di Cavriago, nel reggiano, praticamente misconosciuto in Italia ma venerato all’estero, Pioli è morto nel 2004. E per celebrare i 20 anni dalla sua scomparsa il Museo internazionale della musica di Bologna ha organizzato una mostra dedicata a lui (“Wandrè-La chitarra del futuro”), dall’11 maggio all’8 settembre, in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna e ‘I partigiani di Wandrè’, associazione che porta avanti la sua eredità culturale.

LIUTAIO, PARTIGIANO, ARTISTA

Nato nel 1926, Wandrè ha vissuto più vite in una. E’ stato partigiano, poi direttore di cantieri edili e quindi liutaio, riprendendo l’attività del padre (che faceva violini). Ma quella è stata ‘solo’ una parentesi durata 10 anni, perché poi Wandrè ha chiuso la produzione di chitarre nel 1970 ed è entrato nel movimento Fluxus, dedicandosi all’arte e alla moda. I suoi strumenti sono oggi pezzi da collezione, il cui valore può arrivare a 25.000 euro. Pioli era convinto che la chitarra non fosse solo uno strumento di lavoro per il musicista, ma che dovesse essere una sua estensione emotiva. Dal 1960 al 1970 realizzò i suoi modelli a Cavriago in un’avveniristica fabbrica rotonda e open space, con una grande finestra ovale sul tetto, perché sosteneva che il lavoro è comunque una costrizione, anche quando piace, e che gli operai dovessero sempre sentirsi liberi.

LA FABBRICA UTOPICA

Si trattava di una fabbrica utopica, racconta oggi in conferenza stampa Marco Ballestri, curatore della mostra insieme a Oderso Rubini e presidente dei ‘Partigiani di Wandrè’, dove vigeva la cosiddetta “leadership convocativa”. Gli operai erano coinvolti nell’organizzazione e pianificazione del lavoro, nella personalizzazione dei modelli (non ce n’era uno uguale all’altro) e nella promozione. Si lavorava per obiettivi, con orari flessibili e autogestiti. In quella fabbrica si cercavano sempre soluzioni innovative e lì, tra le altre cose, nacque l’idea di verniciare le chitarre col fumo di candela oppure coi brillantini, per creare l’effetto ‘sparkle’. Gli strumenti di Pioli erano esportati in Europa, Sud Africa, Sud America e Nuova Zelanda. Più difficile il rapporto con gli Usa, che dall’Italia importava solo modelli a basso costo per principianti e da dove, con l’esplosione di Fender e Gibson, arrivò il colpo di grazia per la produzione made in Cavriago.


LE ROCKSTAR CHE SUONANO WANDRE’

Ancora oggi, però, una Wandrè suona abitualmente nelle mani di Buddy Miller, così come Peter Holmstrom dei Dandy Warhols la utilizza nei concerti italiani. Sean Lennon è un collezionista di Wandrè e vanta anche il modello ‘Scarabeo’, ispirato ai Beatles e la cui paletta è modellata sul profilo del volto di suo padre John. La Wandrè è stata usata anche da Ace Frehley dei Kiss e da Johnny Depp, che ne ha regalata una a Joe Perry, chitarrista degli Aerosmith, secondo cui il modello Brigitte Bardot è il migliore per suonare blues. Nel 1965 Bob Dylan rimase affascinato dalle Wandrè, viste nella vetrina di un negozio a Londra, perché negli Usa quelle chitarre non si trovavano. Nel 1986 Frank Zappa aggiudicò a due Wandrè il primo e secondo premio del concorso ‘Miss off the wall’ promosso dalla rivista Guitar Player e dedicato alle chitarre più eccentriche.

LA MOSTRA A BOLOGNA

La mostra su Wandrè è stata presentata questa mattina alla stampa al Museo della Musica di Bologna. In esposizione una cinquantina di modelli tra chitarre, bassi e contrabbassi, per lo più pezzi unici, tutti ispirati a fatti di attualità o alla politica dell’epoca, ma anche a esperienze personali di Pioli. C’è la chitarra ispirata ai Beatles e quella a Brigitte Bardot, la Rock Oval, il basso Etrurian e i modelli influenzati dalle esplorazioni spaziali. Esposta anche la cosiddetta Fendrè, un modello di basso Fender Precision che Pioli personalizzò facendo decine di fori col trapano sul corpo di legno dello strumento. Questo perché “era ossessionato dalla leggerezza”, spiega il curatore della mostra. In Italia Pioli ha costruito la prima chitarra elettrica di Adriano Celentano, l’unica mai utilizzata da Francesco Guccini e quelle per i Nomadi. Artisti come Federico Poggipollini, Max Martellotta e Filippo Graziani vantano una Wandrè tra le loro ‘asce’.

“UNA STORIA MERAVIGLIOSA”

“Io non sapevo neanche chi fosse- confessa l’assessore regionale alla Cultura, Mauro Felicori- ma tutta questa passione dei Partigiani di Wandrè mi ha colpito. E ho scoperto una storia meravigliosa sotto il profilo umano, politico, sociale e culturale”. Al punto che Felicori non esclude di valutare, insieme al Comune di Cavriago, l’acquisto della fabbrica rotonda di Wandrè per recuperarla (oggi è in mano a un privato). Due gli eventi collaterali alla mostra (che prevede anche visite guidate col curatore): il 9 giugno la narrazione musicale sulla vita di Pioli (“Wandrè, chi era costui?”) e il 14 luglio una conferenza-concerto in cui sarà eseguito un repertorio di brani con gli strumenti di Wandrè.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it