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Europee, Salvini e i suoi fratelli: Dio, patria e Harry Potter

A Roma l'evento 'Winds of change', dove il leader della Lega ha riunito i sovranisti con cui coabita in Identità e democrazia

Pubblicato:23-03-2024 19:51
Ultimo aggiornamento:24-03-2024 12:21

salvini winds of change
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ROMA – Matteo Salvini prova a cambiare musica. In Europa e in via Tiburtina, a Roma, negli stabilimenti De Paolis dove ha riunito i sovranisti con cui coabita in Identità e democrazia. L’evento si chiama ‘Winds of change’, un sapore retrò, quando l’epocale hit dei tedeschi Scorpions (ma senza la S, con ‘wind’ al singolare) soffiava in tutta Europa. La cantavano a squarciagola in Russia, per festeggiare il crollo della dittatura comunista, e in tutto il vecchio continente, dove si abbattevano i muri. In attesa dell’arrivo del vicepremier, la playlist offre canzoni a tema libertà, declinata dal cantautorato di Giorgio Gaber (‘La libertà’) e Lucio Battisti (‘Il mio canto libero’), alla dance anni 90 con ‘Freed From Desire’ di Gala alla più recente ‘Viva la libertà’ di Jovanotti. Quando Salvini fa l’ingresso nella sala c’è una musica di archi e sintetizzatori sparata a tutto volume, di quelle tipiche da documentario o video emozionale. Lui non gradisce: “Ma che è sta rottura di coglioni? Che è sta roba da ansia, da ricovero? Scegliete una musica diversa!”. E così sia. Dopo qualche minuto parte Lucio Dalla, ‘Futura’. E il vicepremier si rilassa. Marine Le Pen fa la parte della cattiva e attacca frontalmente Giorgia Meloni. “Deve dire la verità agli italiani: sosterrà o no un secondo mandato di Ursula von der Leyen?”. Salvini gongola a sentire il videomessaggio della francese. Sul palco assicura che il governo italiano durerà “fino al 2027, non un giorno in meno”, ma poi ribadisce per l’ennesima volta che lui non voterà mai per un bis di von der Leyen. “L’amica” Meloni è avvertita: in Europa si andrà divisi.

La giornata romana è primaverile. Negli studi televisivi di via Tiburtina arrivano ospiti internazionali, parlamentari e militanti. I presidenti di regione, era noto, non ci sono. “Stavolta ci sono i ministri – dice a fine giornata Salvini, interpellato sulle assenze – la prossima i governatori”. Chissà. In prima fila ci sono gli esponenti di governo: Giorgetti, Valditara, Calderoli, Locatelli, Molteni, Rixi, Castiello. A far di conto gli eletti che hanno risposto presente son pochini. C’è il vicesegretario Andrea Crippa, gli europarlamentari Antonio Rinaldi, Massimo Casanova, Susanna Ceccardi, e diversi parlamentari come il capogruppo Riccardo Molinari, Andrea Paganella, Claudio Borghi, Simonetta Matone, Jacopo Morrone, Maria Cristina Cantù, Manfredi Potenti, Gianluca Cantalamessa, Alberto Bagnai, Andrea Barabotti e Simone Marchetti coordinatore Lega enti locali per il centro. All’evento partecipano anche Francesco Storace e la compagna di Salvini, Francesca Verdini. L’ex presidente del Lazio gravita nell’orbita leghista ormai da tempo. Una decina di giorni fa ha presentato a Roma il libro del generale Vannacci. A proposito. Del militare diventato scrittore non parla nessuno. Qualcuno s’innervosisce a sentirlo nominare: i posti a Strasburgo rischiano di essere pochi. Cinque anni fa, col 34%, la Lega portò a casa 28 seggi. Stavolta, coi sondaggi al 7%…
La grande sala è divisa in due parti: davanti ci stanno ospiti e politici. Dietro militanti e curiosi. La stampa è tenuta a gran distanza, in un altro teatro buio dove è impossibile entrare in contatto con i partecipanti. Arrivano anche un paio di pullman a scaricare il popolo leghista. Vengono dal Centrosud, soprattutto. A un certo punto ricevono un sacchetto di carta marrone con dentro un’acqua e un panino, prosciutto e formaggio.

Sul palco dell’evento prevale il blu e campeggiano maxischermi dove vengono proiettate immagini dei leader di Id e slogan sulla loro idea di Europa. “Cinque anni di attacchi alla nostra economia, alla nostra sicurezza, alle nostre tradizioni: ora si cambia. Per un’Europa dei popoli, del buonsenso, delle libertà”; “Cambiare l’Europa si può, si deve”; “Meno sbarchi, meno tasse, meno ideologia green, più Italia”; “Meno divieti” (sul volto di von der Leyen); “Sì alla pace” (sul volto del presidente francese Macron); “No all’invasione dei clandestini, no all’ideologia green”.


Salvini nel suo intervento attacca il presidente francese: “Penso che con le sue Macron rappresenti un pericolo per l’Italia e per il continente. Un guerrafondaio come Macron rappresenta un problema”. Questa è l’Europa che si respira a Roma oggi. “Il futuro è nell’aria- cantavano gli Scorpions- lo senti dappertutto, che soffia col vento del cambiamento”. Eccoli allora i ‘winds of change’ che spettinano Salvini e i suoi.
“Bruxelles è il nostro problema, ha una mentalità comunista”, dice il belga Gerolf Annemans, leader dei fiamminghi e presidente di Identità e democrazia. “Sono arrivate 8 milioni di persone in Europa senza lo status di profughi. Salvini da ministro ha rigettato le orde di stranieri- ricorda l’austriaco Harald Vilimsky, leader dell’Fpo- tutta l’Europa lo deve ringraziare”. E’ sempre lui a proporre una sforbiciata del Parlamento per cui si voterà a giugno: “Nel manicomio europeo dobbiamo votare per 727 delegati: se tagliamo al 50% sarebbe un segno di rispetto nei confronti dei cittadini europei”.

Il portoghese André Ventura, leader del partito portoghese Chega che in cinque anni è schizzato dall’1 al 18%, esorta tutti a difendere “i nostri valori della famiglia, della sicurezza, della patria, della nazione: i valori cristiani, tutti in pericolo in queste elezioni europee”. Lui non ha dubbi su chi sia il leader nel palazzo: “Perché dovremmo sostenere Meloni al Parlamento europeo se abbiamo Salvini?”. L’americano Vivek Ramaswamy, candidato alle primarie repubblicane nel 2024, parla di “famiglia, nazione, Dio: questo batterà sempre l’individuo, il gender, e il clima”. Quando sale sul palco per chiudere la giornata, Salvini sorride: “Ci hanno chiamato fascisti, nazionalisti, razzisti, intolleranti. Ci hanno dipinto come un’internazionale nera, ma non fermeranno mai le nostre idee e la nostra voglia di libertà”. “A man is a man”, dice difendendo J. K. Rowling, la scrittrice britannica contraria che non vuol sentir parlare di identità di genere. “Se il nemico è Harry Potter e non l’estremismo islamico allora a Bruxelles hanno qualche problema”. Appuntamento nelle urne: “Tra 77 giorni ci sarà un referendum, tra passato e futuro, tra precarietà e lavoro, tra libertà di pensiero e chi dice cosa si dovrebbe pensare. Avanti, con sorriso e determinazione”.

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