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La ministra Roccella contro il Csm sul caso Sinatra: “Surreale censurare una vittima di molestia”

La pm Sinatra, in colloqui via chat con Luca Palamara, aveva ripetutamente definito l'ex procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, che l'aveva molestata, "porco"

Pubblicato:22-02-2023 19:12
Ultimo aggiornamento:23-02-2023 18:59

eugenia-roccella.
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ROMA – Il caso della ‘censura’ da parte del nuovo Csm alla pm Alessia Sinatra sta sollevando un caso politico e di dibattito in tema di difesa delle donne che subiscono molestie sui luoghi di lavoro e diritti delle vittime di abusi. “Se fosse confermato quanto si evince dagli articoli di stampa, e cioè che la pm Alessia Sinatra è stata censurata dal Csm per aver appellato negativamente l’allora procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, che era già stato condannato dall’organo di autogoverno della Magistratura per averla molestata sessualmente, ci troveremmo di fronte a un segnale preoccupante”, ha dichiarato sulla vicenda la senatrice del Pd, Valeria Valente, già presidente della Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio e la violenza di genere. E sul caso oggi si è espressa anche la Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, condannando fermamente la decisione del Csm.

IL CASO SINATRA, COSA È SUCCESSO

La pm Sinatra, in colloqui via chat con Luca Palamara risalenti al 2019, aveva ripetutamente definito l’ex procuratore di Firenze “porco”. In quella chat la sostituta procuratrice di Palermo chiedeva a Palamara, all’epoca leader di Unicost, di ‘bloccare’ la nomina del collega alla Procura di Roma (“Giurami che il porco cade subito”, aveva scritto Sinatra). Il vecchio Csm, quello guidato da David Ermini, aveva applicato a Creazzo, nel 2021, una condanna disciplinare ma lieve (la perdita di due mesi di anzianità) circoscrivendo la molestia in pratica ‘a un fatto privato’. In ogni caso era stata riconosciuta la molestia dal ‘Tribunalino delle toghe’ di Palazzo dei Marescialli. Due giorni fa, a sorpresa, la sezione disciplinare del nuovo Csm, presieduto da Fabio Pinelli, occupandosi di nuovo della questione ha invece ‘censurato’ proprio Sinatra ritenedo il tentativo di bloccare la carriera di un collega un “comportamento gravemente scorretto”, quasi una sorta di “rivincita morale”.

IL POST DELLA MINISTRA ROCCELLA SUL CASO SINATRA

La Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, con un duro post su Facebook, in pratica, interpreta la vicenda come conseguenza di “un retaggio cultuale” maschilista per cui “le vittime di abusi in fondo hanno sempre una colpa“. Insomma, da parte della ministra del governo di Giorgia Meloni un deciso attacco al Csm guidato Da Fabio Pinelli in difesa dei diritti delle donne.


“Forse non tutti sanno – scrive Roccella – che nei mesi scorsi, in vista del rinnovo del Consiglio superiore della magistratura e in ossequio alla nuova legge elettorale che ne regola l’elezione, la Cassazione ha estratto a sorte alcune magistrate donne per rispettare la parità di genere fra le candidature dei ‘togati’, e il Parlamento ha riaperto i termini perché non c’erano abbastanza donne fra i candidati ‘laici’. La circostanza rende ancora più surreale quello che abbiamo letto nelle cronache di queste ore. E cioè che una magistrata ha ricevuto dal Csm una sanzione disciplinare per essersi sfogata, con un altro magistrato tramite sms privato, per una molestia subìta. Molestia che lo stesso Csm aveva riconosciuto, infliggendo una sanzione al responsabile, magistrato a sua volta. Non mi addentro ovviamente nel merito della vicenda, men che mai nei contenziosi fra magistrati. Ma i fatti, qualsiasi siano i nomi e i mestieri dei protagonisti, cozzano frontalmente con la logica. Perché se c’è una sanzione per molestia, non si può sanzionare oltre al molestatore anche la molestata. E siccome troppo spesso vicende come questa tradiscono un riflesso culturale, temo che anche stavolta sia prevalso il pensiero di fondo per il quale la donna molestata è sempre un po’ colpevole. E’ anche questo non detto che spinge le donne a non denunciare e a sentirsi in colpa per colpe altrui. E se ad alimentarlo è il Csm…”.

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