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Report Msf: “Le politiche migratorie dell’Ue portano morte e disperazione”

Lo studio dopo 20.000 visite e 8.400 salvataggi in mare

Pubblicato:21-02-2024 13:54
Ultimo aggiornamento:21-02-2024 13:54
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ROMA – Medici senza frontiere (Msf) pubblica oggi il nuovo rapporto internazionale ‘Morte e disperazione. Il costo umano delle politiche migratorie dell’Ue’ che fa luce sulle conseguenze letali della combinazione tra pratiche violente, sancite dalle politiche dell’Unione Europea e dei suoi stati membri, e la retorica politica dei leader europei sempre più disumanizzante nei confronti delle persone in movimento.

Il rapporto si basa sulle testimonianze dirette del personale medico e delle persone assistite da Msf, che nel 2023 ha effettuato oltre 20mila consultazioni mediche per assistere le persone migranti e ha soccorso in mare più di 8.400 persone.

Dal 2015 Msf chiede all’Ue e ai suoi stati membri di assumersi la responsabilità di rispondere agli urgenti bisogni di assistenza e protezione delle persone migranti e rifugiate.


Nei fatti, la violenza contro queste persone si è invece normalizzata, con investimenti significativi da parte delle istituzioni dell’Ue in Paesi terzi come Niger e Libia, dove le persone vengono spesso bloccate o respinte con la forza e sottoposte a trattamenti disumani.

Nel Mediterraneo centrale, ad esempio, secondo Msf la guardia costiera libica intercetta regolarmente le persone in mare riportandole nei centri di detenzione in Libia. In alcuni di questi centri hanno lavorato i team di MSF dal 2016 al 2023, assistendo e documentando condizioni di vita deplorevoli. A dicembre 2023, Msf ha fatto luce sulle violenze riportate da pazienti sopravvissuti a percosse, traffico di esseri umani, violenze sessuali e torture.

Tra gennaio 2022 e luglio 2023, le équipe mediche di MSF nei centri di detenzione in Libia hanno diagnosticato e trattato 58 casi di tubercolosi e hanno chiesto il rilascio di un paziente adulto gravemente malnutrito che pesava meno di 40 chili e non poteva ricevere cure adeguate durante la detenzione.

Modelli simili di esternalizzazione della violenza al di fuori dell’Ue e di negazione dell’accesso all’assistenza sanitaria di base e alla sicurezza per le persone migranti e rifugiate sono presenti in Niger, Serbia e Tunisia.

“Sono rimasto in ospedale per tre giorni perché stavo male. Ho chiesto la protezione ma sono stato respinto in Bielorussia. Ho detto al medico ‘Voglio restare qui, sto chiedendo asilo’, ma lui mi ha risposto: ‘Onestamente, non so cosa ti succederà’, e le guardie di frontiera sono venute in ospedale e mi hanno messo in prigione per tre ore.

Dopo di che sono tornato al confine”, ha raccontato un paziente ai team di Msf in Bielorussia.

Tuttavia, questa violenza è evidente e ben documentata anche all’interno dei confini dell’Ue.
Le équipe di Msf hanno documentato pratiche di respingimento in paesi come Polonia, Grecia, Bulgaria e Ungheria. Con oltre 2mila chilometri di muri e recinzioni di confine progettati per tenere le persone fuori dall’Ue e spesso ricoperti di filo spinato e con telecamere di sorveglianza e droni, le politiche di deterrenza dell’Ue sono causa di ferite fisiche che le équipe mediche di Msf hanno spesso curato, come ai confini tra Polonia e Bielorussia e tra Serbia e Ungheria.

A tutto questo si aggiungono i violenti respingimenti e trattamenti degradanti perpetrati dalle autorità contro coloro che cercano sicurezza, provocando lesioni fisiche e disturbi da stress post-traumatico.
Spesso, chi cerca rifugio nei paesi europei ha già subito violenze prima di arrivare in Europa. In Italia, nel progetto per sopravvissuti a violenza intenzionale e tortura che Msf gestisce a Palermo, tra i 57 pazienti assistiti tra gennaio e agosto 2023, il 61% ha dichiarato di essere stato torturato in Libia, mentre il 58% ha riferito di aver subito torture all’interno di un centro di detenzione.

Oltre a bloccare l’ingresso in Ue via terra, gli stati membri non rispettano più l’obbligo di prestare assistenza alle persone in pericolo in mare. L’esternalizzazione delle responsabilità di soccorso a guardie costiere non comunitarie e la cessazione di un meccanismo europeo di ricerca e soccorso in mare hanno reso naufragi e morti evitabili delle tragedie quasi quotidiane nel Mediterraneo centrale.

“La decisione di consentire e promuovere politiche di violenza e privazione contro le persone in movimento, invece di cercare soluzioni politiche umane, dovrebbe sconvolgere la coscienza collettiva. Invece, vediamo i leader degli stati Ue raddoppiare e persino celebrare con slogan politici le politiche disumane.

Tutto questo è in diretta contraddizione con i valori fondamentali che l’UE sostiene di difendere” dichiara Julien Buha Collette, responsabile delle operazioni di Msf.

L’Ue e i suoi stati membri devono urgentemente cambiare rotta, applicando soluzioni significative piuttosto che guardare alle persone migranti e rifugiate attraverso una lente puramente securitaria e lavorare per disumanizzare le persone. Ciò richiede un cambiamento immediato e fondamentale per affrontare le cause alla base degli spostamenti delle persone che per troppo tempo hanno provocato morti insensate, ferite e traumi tra le persone in cerca di sicurezza e protezione ai confini dell’Ue.

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