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L’accusa dell’oppositore di Lukashenko Kuchynski: “In Bielorussia diritti azzerati”

Lo dichiara all'agenzia Dire il dirigente per gli Affari esteri dell'Ufficio di Svetlana Tikhanovskaya, la leader che rivendica la vittoria delle elezioni presidenziali dell'agosto 2020

Pubblicato:19-11-2021 15:06
Ultimo aggiornamento:23-11-2021 16:56

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ROMA – Quella al confine tra Polonia e Bielorussia non è una crisi dei migranti ma “umanitaria, effetto del traffico di esseri umani innescato dal regime di Lukashenko per distogliere l’attenzione da un’altra crisi umanitaria, quella che avviene all’interno del suo Paese”. Ne è convinto Dzianis Kuchynski, dirigente per gli Affari esteri dell’Ufficio di Svetlana Tikhanovskaya, la leader bielorussa dell’opposizione che rivendica la vittoria delle elezioni presidenziali dell’agosto 2020.

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L’agenzia Dire lo raggiunge telefonicamente a Roma, dove si è recato anche per poter incontrare il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, nonché diversi deputati e senatori, tra cui le deputate Laura Boldrini e Lia Quartapelle e i senatori Pier Ferdinando Casini e Roberto Rampi (rispettivamente presidente del Gruppo italiano dell’Unione interparlamentare e segretario della delegazione parlamentare italiana presso l’Assemblea del Consiglio d’Europa).

Kuchynski continua: “Ci sono prove che dimostrano il furto della presidenza da parte di Aleksandr Lukashenko, che oggi mantiene quella carica con la violenza e la paura arrestando chiunque si opponga, anche chi indossa calze con i colori bianco rosso e bianco, o persino chi vorrebbe dare una mano ai profughi al confine, cosa che il regime non consente”. Per il funzionario, Minsk “sta usando i migranti come arma per ottenere dall’Europa la legittimazione e la fine delle sanzioni. È davvero un attacco ibrido” dice, citando le parole dell’Alto rappresentante per la politica estera europea, Josep Borrell. “Bene che il governo italiano appoggi la linea di Bruxelles”.

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Di violazioni e abusi contro i migranti sono accusati anche i governi di Polonia e Lituania, Paesi che hanno da subito sostenuto l’opposizione bielorussa accogliendo anche molti esuli.
Tikhanovskaya ha affrontato il tema con quelle cancellerie? “Certo” risponde il funzionario. “Tikhanovskaya è continuamente in contatto coi governi, ma non dobbiamo dimenticarci l’altra crisi umanitaria in corso in Bielorussia: come i migranti soffrono il freddo e la fame al confine, centinaia di bielorussi sono in carcere spesso in condizioni terribili e subiscono torture fisiche e psicologiche. Sono ostaggi”.

In Bielorussia i prigionieri di coscienza, stando all’organizzazione per i diritti umani Viasna, hanno quasi raggiunto le 900 unità ma per il funzionario “sono di più, perché molti detenuti o le loro famiglie non vogliono che siano classificati in questo modo. Forse sono più di 2.000, mentre dall’inizio delle proteste si registrano 36.000 arresti”.


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Dall’agosto 2020 almeno 300.000 persone invece hanno lasciato il Paese. Di queste 150.000 hanno ottenuto il visto in Polonia, ma sono anche in Lituania, Georgia o Italia. “Non tutti hanno chiesto l’asilo perché un giorno sperano di poter tornare” precisa Kuchynski, convinto che sia anche per l’accoglienza dei dissidenti che “Lukashenko ha innescato questa crisi”.
Poi, un appello: “Ora è necessario che la comunità internazionale ci sostenga. Non ci definiamo un governo in esilio bensì una forza democratica che vuole la liberazione dei prigionieri di coscienza, la destituzione di Lukashenko e l’organizzazione di nuove elezioni”. Secondo Kuchynski, d’altra parte, “neanche alla Russia conviene sostenere un regime che si sta indebolendo”.

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