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VIDEO | Un neorealismo italo-gibutino contro la guerra tra poveri

Saleh premiato nel suo paese di origine dopo il corto ambientato a Roma

Pubblicato:08-05-2024 14:12
Ultimo aggiornamento:08-05-2024 14:12

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ROMA – “Il problema dell’Occidente è l’avanzata dell’estrema destra, che fomenta la guerra tra poveri. I potenti del mondo non la fermano e io mi ritrovo ad aver paura ad uscire la sera. Eppure ci sono tante ricchezze che andrebbero divise: io mi sento meglio solo quando divido la mia torta”.

Kassim Yassin Saleh è un regista italiano con origini a Gibuti e in Somalia, e da anni vive a Roma. “Guai a chi me la tocca”, assicura all’agenzia Dire: “La amo follemente. Anche se quando arrivai, come molti africani, pianificavo di restarci al massimo una notte: il mio sogno era andare in Canada”.

L’intervista coincide con la partecipazione di Saleh alla prima edizione di un Festival a Gibuti, a cui partecipano anche fotografi, musicisti e artisti. In tasca, un cortometraggio del 2022 prodotto con Rai Cinema e proiettato al festival del Cinema di Roma: “Con ‘Guerra tra poveri’ io e gli altri sceneggiatori abbiamo anticipato i tempi” dice Saleh.


In quei 15 minuti di pellicola trasmetto una preoccupazione che avevo allora come oggi: l’estrema destra cresce in tutto l’Occidente. I potenti del mondo non se ne preoccupano. Ma la sera, se posso, resto a casa.

E non è un problema solo dell’Italia: tanti miei amici in Svezia, Francia o in altri Paesi europei sono stati minacciati o picchiati. Queste cose in Africa non succedono: c’è più umanità”.

In ‘Guerra tra poveri’ si racconta anche questo: il pestaggio di un immigrato da parte di ragazzi vicini alla destra estrema in una periferia romana degradata, dove l’arrivo di una famiglia di etnia rom in una casa popolare fa anche scattare le proteste dei residenti del quartiere. “Sono entrambi fatti realmente accaduti che mi hanno dato l’ispirazione per questo corto in bianco e nero” dice Saleh. “È neorealismo puro, che richiama De Sica, Sabatini, Visconti, Pasolini e Rossellini, i grandi maestri di quello che io chiamo ‘cinema devastante'”.

E come Pasolini, che nei suoi documentari raccontava le sfide delle borgate romane a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, “anch’io vorrei portare il mio corto nelle scuole, dalle periferie al centro, fino ai Parioli, per ragionare insieme ai ragazzi”. E non solo: “Mi piacerebbe dialogare con quelli di estrema destra”.

Per ricordare che “sono i potenti del mondo a metterci gli uni contro gli altri. Solo l’1% della popolazione detiene le ricchezze del mondo. Siamo tutti poveri, purtroppo. La maggior parte delle ricchezze viene da Africa e America Latina, che l’Occidente ha sempre sfruttato. I governi di quei Paesi non sono liberi: comandano l’Europa e gli Stati Uniti”.

La chiave allora è “dividere quelle ricchezze e mangiare tutti”. E poi raccontare il presente. Ma per i registi di origine straniera, “l’Italia offre poche opportunità. È lo stesso anche per gli italiani. Io ho realizzato tante cose, ma mettendoci spesso soldi di tasca mia. Non è impossibile, ma è difficile”.

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