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Chiesti 7 anni e 11 mesi per Mimmo Lucano. De Magistris: “L’umanità non si arresta”

Nell'ambito del processo Xenia all'ex sindaco di Riace e agli altri imputati viene contestato di aver messo in piedi un vero e proprio "sistema criminale per utilizzare i fondi destinati ai migranti per fini diversi dall'accoglienza"

Pubblicato:18-05-2021 13:47
Ultimo aggiornamento:18-05-2021 15:22
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mimmo lucano
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REGGIO CALABRIA – Si è appena aperto un nuovo capitolo del processo Xenia, quello che vede tra gli imputati anche l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano: il pm di Locri, Michele Permunian, ha infatti chiesto per lui 7 anni e undici mesi di reclusione. Le accuse sono quelle di associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per presunti illeciti nella gestione del sistema di accoglienza dei migranti.

Per la compagna di Mimmo Lucano, Lemlem Tesfahun, sono stati chiesti invece 4 anni e 4 mesi. Pene variabili tra i 6 mesi a 7 anni e 11 mesi per gli altri 23 imputati, richiesta l’assoluzione per altri tre.

Da ex pm sulla questione è intervenuto anche il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris: “Rispetto l’autonomia dei magistrati, ma sono senza parole, non si arresta l’umanità di un uomo giusto”. Nel tweet il futuro candidato alla presidenza della Regione Calabria si è poi dichiarato: “Orgoglioso di essere dalla parte di Mimmo, simbolo della Calabria contro mafia e violenza”.


Le tante attestazioni di solidarietà ricevute in Italia e nel mondo sono da sempre per Lucano il segno di una “umanità che non si rassegna a questa perdita della dimensione umana“. Per il pm invece “l’accoglienza a Riace veniva “fatta esclusivamente per tornaconto politico-elettorale”.

Lunedì 24 maggio, con inizio alle 10, sono previste le arringhe dei difensori di parte e le parti civili. La camera di consiglio del collegio, presieduta Fulvio Accurso, potrebbe già decidere tra la fine di maggio e i primi giorni di giugno.

LA VICENDA PROCESSUALE DI MIMMO LUCANO

La lunga vicenda processuale di Mimmo Lucano inizia nel 2016, come hanno ricordato il procuratore capo e il pm, che nella sua requisitoria ha voluto smontare quella che era sempre stata una tesi dell’ex sindaco di Riace e cioè che il suo fosse “un processo politico”. Nel corso delle indagini agli imputati viene contestato di aver messo in piedi un vero e proprio “sistema criminale per utilizzare i fondi destinati ai migranti per fini diversi dall’accoglienza”. Già nel 2018 Mimmo Lucano era stato condannato ai domiciliari per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per alcune irregolarità nell’appalto del servizio di raccolta dei rifiuti. Successivamente la pena venne trasformata in divieto di dimore per poi essere annullata in Cassazione. Questo infatti ha consentito all’ex primo cittadino di affrontare il processo “da uomo libero”.

Lo scorso aprile il pm Michele Permunian in fase di istruttoria dibattimentale aveva anche chiesto di acquisire agli atti una intervista rilasciata da Lucano durante la quale ha annunciato la sua candidatura alle elezioni regionali nelle liste a sostegno di Luigi de Magistris, ma la richiesta era stata rigettata dal presidente del Tribunale Fulvio Accurso in quanto valutata “estranea ai fatti del processo”.

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