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Incidente Roma, lo psichiatra: “Mettere fine a certe challenge, serve legge”

"I contenuti di certe sfide andrebbero selezionati e anche vietati con una legge ad hoc": lo psichiatra Federico Tonioni commenta il tragico incidente di Roma provocato da un gruppo di youtuber alle prese con una challenge al volante

Pubblicato:15-06-2023 18:45
Ultimo aggiornamento:16-06-2023 11:31

incidente manuel roma casal palocco
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ROMA – “Se è confermata l’idea che i ragazzi nella macchina erano youtuber e si trovavano all’interno di una challenge, ancora una volta ritengo che andrebbero selezionati i contenuti di queste sfide, perchè da una parte possono generare una tragedia che fa stringere il cuore, dall’altra possono causare imitazione. E questo è il grande rischio”. Così, all’agenzia Dire, lo psichiatra, psicoterapeuta e responsabile del Centro per la Psicopatologia da web del Policlinico Gemelli di Roma, Federico Tonioni, interviene sulla tragedia avvenuta a Casal Palocco, dove quattro youtuber hanno causato un gravissimo incidente stradale, provocando la morte di Manuel, un bambino di cinque anni. I ragazzi, a quanto ricostruito, stavano guidando per fare una sfida del tipo “50 ore no stop di guida”.

IL RISCHIO IMITAZIONE

“Non c’è dubbio- prosegue- che i contenuti di certe challenge andrebbero proibiti. Mi riferisco, ad esempio, a quando si fa a gara a chi trattiene di più il respiro e, nel caso di Casal Palocco, a quando si guida la macchina per moltissime ore consecutivamente, senza mai fermarsi. Questo non fa bene agli youtuber, ma soprattutto, al di là della tragedia immane che si è consumata, non fa bene a tutti i ragazzi che possono poi imitare comportamenti di questo tipo, correndo loro stessi dei rischi e facendoli correre agli altri”.

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Tonioni precisa che non tutti i giovani sono a rischio imitazione, ma ne scatta un identikit. “Sono quelli che, paradossalmente, hanno una bassa stima di se stessi o quanti vogliono assolutamente mantenere un ruolo di popolarità o desiderano scalare le posizioni nell’immaginario giovanile, fino a diventare sempre più popolari. Credo, però, che anche in questi casi si nasconda un difetto di autostima”.

“L’AUTOSTIMA NON DIPENDE DAI RISULTATI SCOLASTICI”

Lo psichiatra e psicoterapeuta coglie poi l’occasione per rivolgersi a tutti i genitori. “L’autostima dei bambini non viene in assoluto dalle performance scolastiche o sportive, ma dall’esperienza di sentirsi amati da una mamma o da un papà quando questi deludono le loro aspettative. L’autostima ha a che fare con l’amore, non la competenza“.

Il responsabile del Centro per la Psicopatologia da web del Policlinico Gemelli di Roma si sofferma poi su cosa spinga un ragazzo di 20 anni a mettersi alla guida di una vettura e a correre un rischio simile. Un rischio che si è tramutato in tragedia. “Innanzitutto la popolarità, poi il guadagno, perchè con l’aumentare dei followers aumentano le possibilità di avere pubblicità. Non c’è dubbio che uno youtuber che funziona raggiunge una autonomia esistenziale ed economica prima degli altri. Ovviamente questo non corrisponde di solito a una maturità a livello di identità”.

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“ALCUNI CONTENUTI ANDREBBERO CONTROLLATI E VIETATI”

Da qui la proposta dell’esperto. “Dovremmo essere noi, tra i tanti controlli che facciamo, a provare a porre un limite anche ai contenuti di certe challenge. Perchè se non succede una disgrazia una volta, accade poi quella successiva. Controllare e vietare determinati contenuti non significa che la rete non sia libera, perchè se il concetto di libertà diventa autolesivo per qualcuno, ecco che va messo in discussione”.
Intanto sono 600mila i followers dei quattro giovani che hanno causato il decesso del piccolo Manuel. “Di solito si tratta di preadolescenti, anche se queste cose sono in continuo movimento. È evidente che vi siano rischi di emulazione”.

“PIÙ LA COSA È RISCHIOSA PIÙ ATTRAE I RAGAZZI”

I giovani youtuber hanno puntato proprio ai followers, al raggiungimento della popolarità. “Più la cosa è rischiosa, più attrae i ragazzi– sottolinea l’esperto-. E questo avviene in una età in cui la tendenza a trasgredire è sempre presente. Questo, però, fa parte dell’adolescenza, non di internet”.
Federico Tonioni parla poi della proposta di proibire l’uso dei social ai minori di 13 anni. “Ho molti dubbi su una operazione di questo tipo- spiega- perchè ritengo che la distanza più sana per i ragazzi sia la fiducia, mai il controllo. Il contenimento, però, è un’altra cosa, ovvero lo stare attenti esattamente come lo siamo, ad esempio, con i ragazzi che bevono troppo con leggi ad hoc. Lo sappiamo che poi queste leggi vengono aggirate, ma nel caso dei contenuti delle challenge non viene fatto nemmeno un tentativo”.

UNA LEGGE AD HOC

Come porre un freno a tutto questo? “Si tratta di cose che si muovono troppo velocemente e che hanno a che fare con gli interessi delle multinazionali: ci vorrebbe proprio una legge ad hoc in Italia che in qualche modo ‘castri’ i contenuti delle challenge. Una legge- conclude- che sottoponga il contenuto della sfida a qualcuno di buon senso, in grado di modificarlo e di far comprendere allo stesso youtuber il rischio che si corre, con l’eventuale possibilità di bloccare la challenge. Mi rendo conto, però, che realizzare tutto questo è molto difficile”.

SINPIA: “FARE VIDEO DEMENZIALI PER RICEVERE LIKE È ALLUCINANTE”

Anche la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Sinpia) commenta con sconcerto l’incidente di Roma in cui ha perso la vita il bimbo di cinque anni. “La notizia è abbastanza allucinante”, dice la past president di Sinpia, Antonella Costantino. “Questa focalizzazione sulla produzione di video demenziali, fatti puramente per ricevere dei ‘like’, senza alcuna considerazione delle possibili conseguenze, è veramente pazzesca”, prosegue.

DIETRO FATTI DEL GENERE “UN’ASSOLUTA NON CONSIDERAZIONE DEGLI ALTRI”

“Mi sembra che uno dei giovani sia iscritto alla Bocconi di Milano- prosegue- e al momento forse si può dire che si tratta di una vicenda che si colloca non tanto nella patologia, quanto nell’assoluta non considerazione degli altri“.

“NON SI POSSONO ACCUSARE I GENITORI”

Se anni fa, una volta finite le scuole dell’obbligo, le alternative erano proseguire gli studi o andare a lavorare, oggi le giovani generazioni hanno a disposizione il web per trovare uno sbocco economico nella vita. In questo caso, però, non solo si è messo a rischio la propria vita ma si è messo fine a quella di un bambino. Antonella Costantino è cauta, però, sull’attribuzione di responsabilità alle famiglie dei ragazzi che hanno provocato l’incidente alle porte di Roma. “Al momento non abbiamo tutte le informazioni del caso- sottolinea- ma credo sia riduttivo attribuire le responsabilità di un evento simile soltanto al ruolo genitoriale e ad aspetti educativi familiari, in un mondo in cui la globalizzazione e i media sono spinti all’estrema potenza e la pressione sociale va in quella direzione”.

“TROPPA PRESSIONE SU SUCCESSO E DENARO FACILE”

“I genitori- precisa Costantino- possono anche provare a controbilanciare ma evidentemente esistono buoni motivi per i quali, invece, la direzione in questo momento è quella e invertirla individualmente diventa un’operazione molto difficile”.
La pressione sul successo, sul denaro, sulla via facile, sulla non fatica– continua la past president della Sinpia- e il pubblicare qualunque cosa che agganci followers indipendentemente dalle ricadute che questa azione può avere sulle vite degli altri, sui loro vissuti, su qualsiasi tipo di sofferenza, senza arrivare all’estremo, mi sembra essere un problema che condividiamo collettivamente e non possa essere considerato solo dei genitori”.

“C’È INCAPACITÀ COLLETTIVA A VALUTARE I VIDEO ONLINE: NON SONO FILM”

Antonella Costantino non si stupisce del fatto che le gesta di questi ragazzi siano seguite da 600 mila followers. “Stante la rapidità del web e la diffusione globale, avere tutti questi followers in un Paese di 60 milioni di abitanti vuol dire prenderne qualcuno qui e là molto velocemente. Le ‘mega bravate’ attiravano pubblico anche prima dell’avvento dei social. In questo momento- dichiara inoltre- c’è una incapacità collettiva di valutare che i video online non sono finti, non sono film o miniserie ma eventi reali, che coinvolgono persone vere e luoghi quotidiani. Così veri da poter avere terribili conseguenze, correndo come dei pazzi a bordo di una macchina”.

“Oggi l’incapacità di mettersi nei panni degli altri è purtroppo molto diffusa. Se io sono accentrato totalmente su me stesso e quanto sto facendo nella mia challenge o nel mio video, non ho la minima considerazione di cosa succede alle altre persone intorno a me a seconda di quello che faccio, né considero che la mia libertà possa finire dove comincia quella di un altro, questo è certamente un problema genitoriale ma è anche un problema collettivo. È veramente difficile rendersi conto di quali sono le conseguenze delle nostre azioni- conclude Costantino- se non siamo capaci di metterci empaticamente nei panni degli altri. Ma questo non ci esime dalla responsabilità delle nostre azioni”.

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