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Caso Barakat, la mamma contro lo Stato italiano: “Scandalosa l’assoluzione Cedu”

Il piccolo Federico venne ucciso dal padre durante un incontro protetto. Appello al presidente della Repubblica Mattarella e alla ministra Cartabia: "In Italia 70mila bambini senza protezione"

Pubblicato:14-06-2021 12:13
Ultimo aggiornamento:15-06-2021 15:50
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federico barakat
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ROMA – La sentenza della Cedu (Corte europea dei diritti dell’Uomo) dell’11 maggio 2021 che assolve lo Stato italiano per la morte di Federico Barakat, unico caso di bambino ucciso in modo efferato in ambito protetto mentre era affidato allo Stato, “cade in Italia in un silenzio assordante” come ha detto sua mamma, Antonella Penati, intervistata in esclusiva dalla Dire: “Come se questo problema non riguardasse tutti e non impattasse sui diritti di migliaia di bambini italiani ed europei”.

“Mio figlio e la sua morte- ha affermato la mamma di Federico- rappresentano tutto quello che in Italia non funziona. I bambini sono soggetti giuridici e come tali depositari di diritti indisponibili e inalienabili. Ad oggi ci sono oltre 70mila bambini affidati ai servizi sociali e territoriali (dato sottostimato) che non hanno protezione”. Antonella Penati alla Dire ha ribadito che continuerà “ad andare avanti per il bene di altri bambini” con l’associazione Federico nel cuore onlus e che non si fermerà dopo quest’ultima sentenza. Va ricordato che la mamma del piccolo Federico aveva chiesto aiuto quando il padre di suo figlio aveva iniziato a mostrare atteggiamenti violenti e persecutori. Invece di allontanare il padre violento le era stato tolto l’affido esclusivo del bambino in considerazione del fatto che era stata considerata una mamma ostativa ed era stato stabilito che il bambino dovesse incontrare per forza suo padre anche se ne aveva paura. Tutti gli operatori sono stati assolti: “perché nel decreto non era scritto che dovessero tutelarlo, dunque chi protegge questi bambini?”, ha chiesto Penati. Lei non ha dubbi: “Il caso Barakat va a inserirsi in un sistema di connivenze, e ad oggi non c’è una norma che prevede doveri durante una visita protetta. Ammettere la mancanza di protezione di un bambino affidato all’Ente avrebbe messo in discussione tutto il sistema”.

“Una memoria difensiva scandalosa- ha aggiunto la mamma di Federico Barakat- ha portato a questa sentenza della Corte europea. A scriverla per lo Stato italiano c’era la giudice Maria Grazia Civinini, che era a quei tempi la nostra rappresentante Cedu, la cosa ancora più stridente che l’11 maggio 2021 scorso, giorno in cui usciva la sentenza della Corte dei diritti Umani, il nostro Governo era tutto schierato per festeggiare la Convenzione di Istanbul e nel medesimo giorno- ha continuato Penati- la giudice Civinini, ora attuale presidente del Tribunale di Pisa, emetteva un ordine di prelievo dalla casa della madre con le forze dell’ordine. C’è qualcosa di davvero devastante che soggiace a tali decisioni che colpiscono cosi’ pesantemente l’infanzia e negano il diritto del minore di dire ‘no’. La sentenza Cedu contro Penati non è stata all’unanimità, ma la posizione espressa dal giudice italiano Raffaele Sabato, posizione avvallata anche dal giudice della Turchia, è incredibile- ha ammesso mamma Barakat- e io non riesco a dimenticare che la Turchia è uscita dal Trattato di Istanbul con la condanna dell’Italia”.


Ha commentato Penati: “Molti magistrati attendevano con ansia la sentenza e nel Quaderno giuridico del 21 maggio si riporta un articolo a firma di Alessio Scarcella, consigliere della Suprema Corte, che riporta come conclusione: ‘Si plaude la sentenza Cedu che assolve l’Italia’. Da un consigliere della terza sezione che deve decidere su casi di violenza non mi sarei aspettata una posizione del genere. A questa presa di posizione e pochi articoli informati corrisponde un gran silenzio di parti di società civile, di centri antiviolenza che hanno fatto finta di nulla su questa orribile sentenza che assolve lo Stato italiano, come se non fosse un problema, che riguarda tutti e i diritti di migliaia di bambini italiani ed europei”.

“Perché questo silenzio da parte della società civile, delle istituzioni, delle organizzazioni che dicono di battersi a favore dell’infanzia e delle vittime di violenza?- ha chiesto Antonella Penati- È terribile dover sottolineare una verità che è sotto gli occhi di tutti, il sistema non si tocca e soprattutto dire la verità sul caso Federico Barakat, lo metterebbe in discussione, a partire dai legami con le cooperative, magistrati, i servizi territoriali. Il caso di Federico sin dall’inizio è stato viziato da aspetti sconcertanti: dall’ avvocata che difende gli assistenti sociali coinvolti nell’omicidio di mio figlio che fa riferimento a un Cav , alla sparizione di interi fascicoli processuali tra il primo e secondo grado di Corte d’appello, alle dichiarazioni pre-sentenza del sostituto procuratore Pietro Forno- ha denunciato Penati- che in aula di tribunale affermava che l’unica responsabile era la madre perché non è fuggita all’estero, sino all’atroce sentenza Cedu dove nessuno, nemmeno lo Stato, aveva a quanto pare il dovere di proteggere mio figlio…”.

Dietro il caso di Federico non c’è solo l’orrore di una “esecuzione annunciata ”ma c’è anche “la normalità- ha denunciato sua madre- di una grande violenza istituzionale basata sulla valutazione di una mamma considerata alienante che ostacolava il rapporto paterno con decine di denunce perché finalizzate – questa l’accusa sottesa – a screditare il padre, nonostante fosse scampata ad un tentato omicidio con lesioni permanenti, avesse subito 7 anni di stalking , una vita distrutta anche da continue diffamazioni a mezzo stampa agita da gruppi organizzati pro Pas”.

Una domanda mi perseguita da giorni– ha raccontato Antonella Penati-: cosa sarebbe stata la sentenza se fosse arrivata nel dicembre 2018 come comunicato dalla stessa Cedu? La composizione dei giudici sarebbe stata uguale a quella attuale? E la relativa sentenza avrebbe potuto essere differente?”.

“In data 25 novembre 2017 durante il mio intervento alla Camera dei Deputati- ha ricordato la mamma di Federico– chiesi allo Stato che nella formulazione delle sue risposte alla Cedu, facesse opera di dovuta chiarezza e giustizia. Non ero così ingenua d’aspettarmi un mea culpa a 360 gradi ma mai mi sarei aspettata di leggere una memoria difensiva del Governo scritta dall’avvocatura dello Stato Italiano che farebbe impallidire altri casi terribili come, ad esempio il caso Cucchi. Federico è stato ucciso dal padre in modo orribile all’interno di un Ente dello Stato mentre era a loro affidato con il solo obbligo di farlo vedere al padre già definito, con tante denunce e fatti acclarati, pericoloso. La Corte Cedu però non solo non riconosce il diritto alla vita di un bambino mentre era nella sua potestà, ma con questa sentenza mette a tacere la madre simbolo della lotta contro la Pas che da anni pone in discussione le falle di un intervento su minori e famiglia e ne denuncia gli interessi di un sistema che si nutre della vita e dell’infanzia dei bambini e dove ruotano le solite figure, i soliti nomi e i soliti legami. Nel caso di Federico i nomi sono ricorrenti. Per questo sottolineo che invece di ricevere solidarietà, ho avvertito solo gli echi, assai offensivi e deprimenti della stridulazione di coloro che si sono affrettati a tacere con la scusa assurda di non aver letto le carte come se per le altre aberranti sentenze che hanno sollevato l’Italia, vedi Talpis, abbiano avuto bisogno prima di esprimersi di leggere le carte e rifare un processo alla vittima… Nel ricorso proposto dai miei avvocati che sono grandi professionisti (Bruno Nascimbene e Federico Sinicato e dall’avvocata Fabrizia Castagna dell’Udi) al Cedu fu chiesto in modo preciso in capo a chi vi fosse l’obbligo di tutelare la vita di mio figlio affidato ad un ente dello Stato. Mi sono rivolta alla Cedu- ha spiegato ancora- proprio perché è un organo giurisdizionale internazionale, istituito nel 1959 dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nato e fondato per assicurarne l’applicazione e il rispetto. A loro ho fatto ricorso, perché Federico è stato leso nel suo sacrosanto diritto di vivere e di avere un futuro. La Cedu aveva il dovere di esigere dallo Stato Italiano il rispetto del articolo 2 in quanto la morte stessa di Federico ne dimostra la sua violazione. Confidavo nel fatto che la Cedu fosse maggiormente autonoma e svincolata dagli interessi dei singoli Stati. Credo proprio di essermi sbagliata, mentre confidavo che fosse un organismo a tutela degli interessi delle vittime’.

Antonella Penati che alla memoria di suo figlio ha dedicato un’associazione, Federico nel cuore onlus, che combatte per altri bambini come lui ha detto: “Sono triste e affranta quando penso a mio figlio e ai tanti bambini come la piccola Gloria, dove nessuno pagherà per la sua morte, tutti impuniti. I servizi sociali andarono a prendere al piccola in una casa rifugio dove stava con la sua mamma e la portarono dal padre violento obbligando una bimba di solo 3 anni ad incontrarlo. Il padre la uccise con numerose coltellate. Gli effetti della sentenza Cedu sul nostro ordinamento non si faranno attendere. Penso che sia moralmente inaccettabile non solo da parte di una madre, ma da tutte le persone dotate di senso civico e di un minino di rispetto verso la vita dei bambini accettare una sentenza del genere. Tutti all’improvviso si dimenticano cosa sono i diritti indisponibili e la loro inviolabilità garantiti dalla Costituzione? È triste osservare che non è cambiato nulla, oggi, come allora, a parte l’Udi chi si è battuta al mio fianco, con l’associazione Federico nel cuore onlus. Oggi come allora, 25 febbraio 2009, assistiamo al teatrino delle responsabilità scaricabili ad altri; per il Tribunale di Milano era colpa della madre perché non è fuggita all’estero, per la cassazione perché il Tm non ha indicato nel decreto di affido all’Ente che gli operatori avessero l’obbligo in ambito protetto di difendere Federico, per la Cedu nessuno è responsabile perché la madre non ha denunciato i Giudici, il tribunale, i Carabinieri. Alla fine hanno aspettato 6 anni, e una composizione favorevole che assolvesse l’Italia con buona pace di tutti bambini italiani ed europei. In realtà di problemi il caso Barakat ne poneva molti e oggi ancora di più dopo la sentenza Cedu sono irrisolti. Non solo in quanto avversa al simbolo della lotta contro la teoria della cosiddetta Pas, ma perché sono stati negati diritti di rango costituzionale mentre rischia di mettere definitivamente a tacere questo terrificante ‘figlicidio in ambito protetto’ di piccolo innocente ucciso perché non creduto nè lui nè la sua mamma”.

Antonella Penati è diventata un bersaglio per molti padri pro Pas, ma anche un punto di riferimento per molte donne e per molti bambini. In questi lunghi anni l’associazione Federico nel cuore onlus ha sollevato in seno alle Istituzioni e in ogni ambito accademico la necessità di mettere fuori legge la Pas comunque definita, rivedere la legge 54 sulla bigenitorialità, promuovere l’introduzione di una legge nazionale che regoli gli spazi neutri per le visite protette e sulle modalità di ascolto dei bambini. “La sentenza Cedu Federico Barakat è una mannaia sull’infanzia italiana ed europea- ha detto questa mamma coraggio- altro che faro per la magistratura direi meglio uno tsunami sui diritti umani, per tale ragione non mi fermo e vado avanti e saranno bene accette tutte le istanze di sostegno al mio ricorso alla Grande Camera. Chiedo infine che si pronuncino il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e la ministra Marta Cartabia”.

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