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Progetto ‘5.000 genomi’ apre anche a pazienti esterni alla Valle d’Aosta

Il progetto 5.000genomi@Vda ha deciso di andare oltre ai confini della Valle d'Aosta: sarà analizzato anche il materiale genetico di pazienti ricoverati negli ospedali fuori regione

Pubblicato:11-06-2023 16:34
Ultimo aggiornamento:11-06-2023 16:34
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AOSTA – Non solo pazienti valdostani. Il progetto “5.000genomi@Vda” -grazie al quale è stato creato nell’area Espace Aosta, nel capoluogo regionale, un centro di medicina personalizzata, preventiva e predittiva delle malattie del neurosviluppo, neurodegenerative e oncologiche- analizzerà anche il materiale genetico di pazienti ricoverati negli ospedali fuori regione e non sono in quelli della Valle d’Aosta. A spiegarlo, in Consiglio Valle, è l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Luigi Bertschy, rispondendo a un’interpellanza di Mauro Baccega (Forza Italia).

Avviato nel 2019, il progetto, finanziato dalla Regione con fondi comunitari e di cui è capofila l’Istituto italiano di tecnologia, prevedeva originariamente di sequenziare, entro il 2024, 5.000 genomi di persone sane e di pazienti affetti da malattie neurodegenerative o oncologiche o che hanno subito un trapianto esclusivamente valdostani. A fine gennaio, i genomi sequenziati erano stati circa 1.000. Da qui la proposta del centro di ricerca di modificare il progetto, aprendo anche ai pazienti non valdostani, per raggiungere comunque l’obiettivo dei 5.000 genomi sequenziati nei tempi previsti. Non è invece stata modificata la parte del progetto relativa all’analisi del materiale genetico di individui sani, che includerà soggetti esclusivamente valdostani.

La giunta regionale ha preso atto della modifica lo scorso 22 maggio: “Questa modifica è stata approvata dal nucleo di monitoraggio del progetto e non ne inficia la validità scientifica- spiega Bertschy- ma costituisce anzi l’occasione per inserire il centro Cmp3VdA in un sistema di relazione con gli ospedali e gli istituti di ricerca con competenze scientifiche di alto livello” e per questo non è da considerarsi come “negativa”.


Inoltre, il centro – che oggi conta sei persone stabilizzate, cinque in collaborazione e 18 borsisti – rappresenta per il sistema sanitario regionale “un’opportunità per crescere e essere più attrattivo rispetto ai giovani ricercatori e alle professionalità”, aggiunge l’assessore, sottolineando la necessità di stabilizzare il personale. “Ricerca vuole dire attrattività soprattutto in sanità, attrattività vuol dire lavoro, che significa equi compensi”, dice in replica Baccega. Che conclude: “La necessità di recuperare il tempo perduto è stata avviata, l’auspicio ora è che si vada a completare questo percorso”.

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