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Migranti, don Martino (Migrantes): ‘Da lager libici a campi di concentramento in Albania’

Il sacerdote responsabile di Migrantes a Genova attacca l'accordo della premier Meloni: "Modi più garbati, ma stesso principio nazista"

Pubblicato:08-11-2023 14:48
Ultimo aggiornamento:08-11-2023 15:52
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GENOVA – “Quando l’ideologia calpesta le persone. Dai lager libici in cui le persone venivano sfruttate e torturate, passiamo a campi di concentramento, oltre 36.000 persone in un anno, in Albania. Delocalizzare il problema e non pensare all’opportunità di restare umani e dare speranza a chi transita semplicemente dall’Italia”. È la dura presa di posizione di don Giacomo Martino, responsabile genovese di Migrantes, sull’accordo tra Italia e Albania per la gestione dei migranti.

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“Per l’Albania è solo un’opportunità di fare soldi- sostiene il sacerdote- ‘migranti illegali’, così vengono chiamati quanti cercano una vita migliore per sé e le proprie famiglie, a volte fuggendo dalle guerre, altre da situazioni economiche impossibili. Anche morire di fame è un giusto diritto per cercare casa in un altro angolo del pianeta. E se è illegale salvarsi la vita, viva l’illegalità“.


Martino non va per il sottile. “Dire che uno è un immigrato illegale mentre chiede la protezione internazionale per sé e i suoi cari, è lo stesso pregiudizio che ha trasformato l’odio verso i più deboli nei lager nazisti– attacca- ‘Il lavoro rende liberi…arbeit macht frei’, il principio è esattamente lo stesso, anche se i modi sembrano apparentemente più garbati. Saranno preservati i minori, le donne e i vulnerabili”. Ma, si chiede, “legale, invece, è forse separare le mogli dai mariti o peggio ancora i figli dai padri? Questo ci fa già capire che tipo di strutture saranno realizzate e, nonostante si dichiari che tutto viene fatto sotto l’egida dell’Italia, si trova naturalmente un escamotage in cui nessuno stato europeo si prenderà mai cura di queste persone”.

Il sacerdote, che da anni si occupa di accoglienza dei migranti, aggiunge che “ci sono, poi, le procedure nascoste per cui le navi che salvano tante persone destinate alla morte in mare dovranno affrontare procedure e viaggi multipli per lasciare alcuni in Albania e altri in Italia, facendo perdere tempo e risorse economiche, invece di lasciarle libere di pattugliare il Mediterraneo e salvare altre vite”. E, conclude, “la cosa incredibile è l’indifferenza di fronte alla quale tutto tace. Se oggi tacciamo di fronte a queste ingiustizie, domani saremo noi quelli colpiti inesorabilmente e chi potrebbe aiutarci farà come abbiamo fatto noi. Girerà semplicemente la testa dall’altra parte. La storia è maestra. Restiamo umani”.

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