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VIDEO | L’antropologa italo-palestinese: “È in corso una pulizia etnica”

L'antropologa Ruba Salih è tra i primi firmatari di una petizione lanciata da un gruppo di docenti dell'Università di Bologna per fermare il massacro a Gaza. E dice: "Di fronte all'annientamento di una popolazione, gli scenari sono impensabili"

Pubblicato:07-11-2023 20:00
Ultimo aggiornamento:09-11-2023 11:10
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gaza fosse comuni
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BOLOGNA – In Palestina è “in corso una vera e propria pulizia etnica“. Lo dice chiaro e tondo Ruba Salih, antropologa italo-palestinese dell’Alma Mater di Bologna, tra i primi firmatari della petizione lanciata da un gruppo di docenti e ricercatori dell’Ateneo a favore del cessate il fuoco e a sostegno della popolazione della Striscia di Gaza. Salih parla all’agenzia Dire a margine di un incontro pubblico organizzato questo pomeriggio proprio all’Università felsinea. “Non oso immaginare come finirà- dice- il domani è terribile. Stiamo vivendo ore davvero drammatiche. In questo momento, la priorità è il cessate il fuoco e salvare le persone. Siamo arrivati a oltre 10.000 vittime, molti sono ancora sotto le macerie. Metà delle case sono distrutte. Una vera e propria pulizia etnica in corso. Centinaia di migliaia di persone si stanno spostando verso il valico di Rafah. E sappiamo che una delle teorie del Governo israeliano fin dall’inizio è spostare la popolazione palestinese nel Sinai“.

L’ESPULSIONE DI PALESTINESI DEL 1948

È una situazione che “ricorda l’altra grande espulsione di palestinesi nel 1948- afferma l’antropologa- come molti intellettuali e accademici ricordano, c’è una continuità con quello che accadde allora e quello che sta succedendo oggi”. Salih ricorda che dal 2008 a oggi sulla Striscia di Gaza “ci sono stati altri quattro bombardamenti e la ricostruzione delle infrastrutture è quella su cui mancano gli aiuti umanitari e gli aiuti degli Stati”. Ora però “il problema è quale prospettiva abbiamo di fronte- rimarca l’antropologa- e in questo momento non c’è spazio per l’immaginazione. Di fronte all’annientamento di una popolazione, a quello che molti accademici hanno definito genocidio, gli scenari sono impensabili”.

Nella Striscia di Gaza, ragiona Salih, “di fronte al genocidio e alla pulizia etnica di una popolazione di due milioni di persone, tutte le visioni su cui come studiosi e intellettuali abbiamo lavorato in questi anni, come le proposte di Stato bi-nazionale e l’uguaglianza di tutti i cittadini, con uguali diritti e uguale dignità, sono oggi impensabili”. La storia però “ci insegna che i popoli oppressi trovano sempre il modo di cercare di sopravvivere– sottolinea l’antropologa dell’Alma Mater- e quindi si ritornerà al punto di partenza”. Per questo, afferma Salih, “dal punto di vista realistico l’unica soluzione è ripartire dal diritto internazionale, dalle risoluzioni dell’Onu che esistono, ce ne sono più di 20, e che sono la base da cui ripensare a come uscire da qui”.


MOLTE COMUNITÀ EBRAICHE CONTRO NETANYAHU

Secondo la studiosa italo-palestinese, il sostegno incondizionato di alcuni Paesi a Israele “non è una novità. Ma è sicuramente una novità il discostarsi da parte di molte comunità ebraiche nel mondo rispetto a questo Governo israeliano di estrema destra, che ha all’interno della sua coalizione partiti che si rifanno a ideologie suprematiste e a sfondo fondamentalista religioso, che non accolgono e non interpretano il sentire di molte comunità ebraiche. Anche prima del 7 ottobre, secondo alcuni sondaggi, c’era una grande scissione, un grande distacco”.

“NEI PAESI ARABI LA PULIZIA ETNICA DEI PLAESTINESI NON VERRÀ PRESA BENE”

Il conflitto in Medio Oriente rischia di allargarsi? “A sentire i leader di altri partiti si direbbe di no- risponde Salih- oggi la presidente della Commissione Ue, Ursula Von Der Leyen, ha promesso 900 milioni di euro di aiuti alla Giordania in cambio di supporto alla lotta contro Hamas. Però le società civili del mondo arabo, così come le società civili del mondo, non accetteranno con acquiescenza la pulizia etnica dei palestinesi. E quindi sarà da vedere come i governi e i regimi del mondo arabo riusciranno a gestire questa profonda ondata di indignazione”.

A Bologna intanto si lavora all’idea di una iniziativa comune a favore della pace tra cattolici, ebrei e musulmani. “Io sono a favore di tutte le manifestazioni che mettono insieme- commenta l’antropologa- una manifestazione che mette insieme comunità a lutto da entrambe le parti lo trovo positivo. Al di fuori della politica, purtroppo, siamo nell’ambito del sentimento umano, legittimo e sacro, che in questo momento è importante far sentire. Però bisogna ritornare al diritto internazionale per poter fare davvero pressione perchè si arrivi” al cessate il fuoco, insiste Salih.

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LA PETIZIONE DELL’ALMA MATER È ARRIVATA A 600 FIRME

È arrivata a sfiorare le 600 firme la petizione lanciata da un gruppo di docenti e ricercatori dell’Alma Mater di Bologna a favore del cessate il fuoco immediato in Palestina e a sostegno della popolazione della Striscia di Gaza. E in altre università italiane stanno nascendo petizioni simili. Lo annuncia Pierluigi Musarò, sociologo dell’Ateneo felsineo e tra i primi firmatari dell’appello, questo pomeriggio in apertura di un incontro affollatissimo nell’aula magna del complesso di Santa Cristina a Bologna. All’assemblea aperta, convocata proprio per presentare la petizione e per parlare della guerra in corso in Medio Oriente, sono presenti infatti molte di più delle 150 persone previste come capienza massima dell’aula. Tanti sono seduti in terra, sui lati o nel corsello centrale. Altri sono in piedi in fondo e almeno una trentina di persone si accalcano fuori dalla porta, nel chiostro, per cercare di ascoltare pur non riuscendo a entrare. “È un bel segnale”, commenta una signora che non ha trovato posto a sedere. Tra le persone rimaste fuori dall’aula c’è anche la vicesindaca di Bologna, Emily Clancy.

La petizione chiede il cessate il fuoco e che l’Università di Bologna si spenda per preservare quel carattere di santuario del pensiero senza il quale non potremmo capire cosa sta avvenendo oggi, cosa è avvenuto ieri e come potrà essere il domani”, spiega Ruba Salih, antropologa israelo-palestinese dell’Alma Mater. Ad oggi, aggiunge, “soddisfa il fatto che il rettore abbia sancito fortemente la sacralità dell’Università come luogo di visioni plurali, dibattito e legittimazione delle forme di sensibilizzazione. Questa è la cosa più importante al momento. Poi vedremo domani che cosa porterà questo momento di discussione collettiva”.

Nella petizione, infatti, si chiede ad esempio all’Ateneo di Bologna di “aprire a forme di solidarietà più concrete– ricorda Salih- come partnership con le università palestinesi, se ancora esisteranno, e a forme di pressione più in linea con quelle che altre università e altri Paesi hanno richiesto”, come il disinvestimento da società che finanziano l’occupazione. Soddisfatta per la partecipazione all’incontro la storica Francesca Biancani, anche lei tra i primi firmatari della petizioni.
In particolare, Biancani si dice contenta del fatto che il dibattito sia tornato nel suo luogo naturale, ossia le aule universitarie, anche per prendere le distanze da una “narrazione polarizzata e strumentale sui media italiani. Ormai anche manifestare empatia è diventato sovversivo, per la politica”.

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