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Scuola, il collettivo del liceo Carducci al governo: “Ci dissociamo dai cartonati ma non manipoli la narrazione”

Gli studenti sui canali social: "L'esecutivo si pone come vittima ma non è la stessa cosa di Firenze"

Pubblicato:06-03-2023 12:45
Ultimo aggiornamento:06-03-2023 16:29

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ROMA – “Ci teniamo a dissociarci dall’azione. Questo tipo di comunicazione non rispecchia il nostro modo di fare politica”. Il collettivo ‘Mille papaveri rossi’ del liceo Carducci di Milano interviene dopo le polemiche scoppiate domenica. Il riferimento è a quanto successo sabato mattina davanti alla scuola milanesi, dove sono comparsi uno striscione, insieme a due cartonati del presidente del Consiglio e del ministro dell’Istruzione raffigurati a testa in giù.

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In un messaggio pubblicato sui loro canali social, gli studenti del collettivo si dissociano quindi dal gesto, ma si dicono “indignati dalla disparità di reazione mostrata sulle varie testate giornalistiche e soprattutto nelle dichiarazioni dei diversi esponenti politici, che non hanno esitato un momento a schierarsi”. “Non una parola è stata invece pronunciata riguardo ai recenti fatti accaduti a Firenze, se non di denuncia verso la lettera della preside del liceo Leonardo Da Vinci, che condannava l’aggressione di matrice fascista- sottolineano- Nè si sono espressi riguardo allo striscione che è apparso a Padova che recitava ‘la scola non è antifascita, è libera’. Firmato da una giovane di estrema destra”.



“Per noi è evidente la strumentalizzazione perpetrata dal governo, che manipolando la narrazione della vicenda a proprio favore si pone come vittima e cerca di giustificare assiduamente azioni violente come quella di Firenze. Mettendo le due vicende sullo stesso piano. Parliamoci chiaro: non sono la stessa cosa- aggiungono- Questo governo dimostra ancora una volta la tendenza a criminalizzare qualunque forma di dissenso ed è questa ipocrisia, questa omertà, questa mistificazione della realtà che ci disgusta e ci spinge a mobilitarci. Contro ogni fascismo, contro ogni forma di repressione”.

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