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Ndjock Ngana: “I miei versi per l’Afrika in cerca di se stessa”

Il poeta, nato in Camerun e in Italia dagli anni '70, presenta la sua nuova raccolta: "Ecco perché dobbiamo richiamare gli antenati"

Pubblicato:05-10-2022 17:16
Ultimo aggiornamento:05-10-2022 17:32

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ROMA – “Quando si arrivava a scuola era vietato parlare le nostre lingue per paura del ‘talismano'” ricorda Ndjock Ngana, scrittore e poeta, della sua infanzia in Camerun. “Era un amuleto che si dava a uno di noi a caso ogni mattina, con la consegna di darlo a chiunque si sentisse parlare una lingua diversa dal francese o dall’inglese”. A volte a girare in classe era un pezzetto di legno o una scatola di fiammiferi che era stata consegnato al primo della classe perché l’affibbiasse poi a chi fosse sorpreso a usare il proprio “dialetto”. Ne ha scritto Bernard Dadié, in un brano tradotto da Ngana. Che nell’introduzione alla sua nuova raccolta di poesie riprende: “Alla fine della giornata si individuava chi aveva toccato il talismano e tutti questi venivano puniti. Esisteva a scuola l’uso della frusta per gli ‘asini’. La punizione era la frustata. Come siamo riusciti ad accettare che la conoscenza consistesse nel conoscere gli altri, nel conoscere le lingue degli altri, addirittura ignorando le nostre?“.


LA NUOVA RACCOLTA “KUM SONG AFRICA”

Verso dopo verso, la domanda torna di continuo nella nuova raccolta. Edita da La Bussola, è intitolata ‘Kum Song Afrika’, una frase nella lingua della comunità basaa che è tradotta in italiano come ‘L’Afrika richiama i propri antenati’.

“Nessuno può dire chi è se non conosce la propria storia” scandisce Ngana durante un’intervista con l’agenzia Dire. “In Africa abbiamo avuto tanti storici, che hanno però studiato la storia dal punto di vista degli europei e non riescono piu’ a proporre un punto di vista africano”.


Si spiega anche così l’invito a “richiamare” i propri antenati, che in basaa si dice letteralmente “bussare alle tombe”. “Se non recuperiamo chi siamo semplicemente non esistiamo” avverte Ngana. “Ma attenzione: l’errore più grande riguarda il fatto di dovere scegliere, come se dovessimo buttare a mare qualcosa per attaccarci a un’altra”.

Si parla di identità, radici e allo stesso tempo nuovi incontri. “La verità da seguire”, continua Ngana, “non sarebbe spogliarsi di una cosa per fare posto a un’altra ma essere noi stessi e trovare nella novità, nell’altra cultura, ciò che ci risulterebbe molto utile per costruire il nostro avvenire, facendolo nascere dal nostro passato e adeguandolo al nostro presente”. E dunque: “Si tratta di elaborare un nostro proprio percorso interculturale, tenendo conto che non può più essere monoculturale, perché ormai ibrido come d’altronde i percorsi di tutte le varie culture seminate dal creatore del mondo“.

DAL CAMERUN ALL’ITALIA

Studi universitari in Camerun e poi in Italia, dove vive dagli anni ’70, esperto di tradizioni orali e direttore a Roma del centro interculturale Kel’lam, Ngana è autore di versi migranti e “multilingue”. Lo ricorda nella presentazione del libro Alessandro Portelli, già professore di letteratura angloamericana alla Sapienza, rievocando l’esperimento della rivista Caffè. “Dicevamo: questa è la nuova letteratura italiana, e almeno allora l’accademia non seppe ascoltarci o la tollerò solo come letteratura comparata, quindi ancora non interamente nostra”.

Ngana sottolinea l’importanza della lingua, che è consapevolezza di sé. E richiama gli antenati: “Spesso dico ‘mio padre mi ha detto che…’, ma poi leggendo i libri di storia non trovo quelle sue parole”. Il poeta ricorda un consiglio ricevuto una notte al villaggio, si fa assorto e si ritrova a parlare di migrazioni e mondo globale. “Le diaspore tra loro hanno spesso poco in comune”, dice, “magari solo la partenza dallo stesso continente e il fatto di avere un’essenza duplice”.

“CAPIRE CHI SIAMO”

Per capire chi siamo, africani e perché no europei, dovremmo allora “bussare alle tombe”. “Lo dice anche un proverbio basaa” sorride Ngana: “Il giovane corre veloce ed è forte, ma quando si alza per andare da qualche parte è al vecchio che chiede la strada”.

INCONTRO CON L’AUTORE, VENERDI’ 7 A ROMA

Un incontro-dibattito con l’autore è in programma a Roma venerdì 7 ottobre, alle 16.30, presso la sede dell’associazione Leusso, in viale Regina Margherita 1. A partecipare, oltre a Ngana e ad Alessandro Portelli, Filomeno Lopes, Cleophas Dioma, Mani Ndongbou Bertrand, Franco Pittau e il griot Pape Siriman Kanoute. Previsti i saluti di Benedetto Caccia e dell’ambasciatore del Camerun in Italia, Sebastien Foumane. A moderare Vincenzo Giardina, giornalista della Dire.

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