50 anni senza Martin Luther King, ma la sua parola non muore
Il 4 aprile del 1968 fu ucciso l'eroe dei diritti civili, Martin Luther King
Pubblicato:04-04-2018 09:51
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:43
ROMA – Con oggi sono trascorsi cinquanta anni dalla morte di Martin Luther King, il “Ghandi americano” che costrinse con la forza delle parole gli Stati Uniti e il mondo a chiedersi se il razzismo potesse essere il sentimento giusto a guidare la civile convivenza. E sembra che questo anniversario sia stato in qualche modo anticipato dalla storia: prima, la morte di Winnie Madikizela-Mandela lunedì scorso, che col marito Nelson Mandela rappresentarono la lotta al segregazionismo in Sudafrica. Poi, ieri sera all’Auditorium Parco della musica di Roma, il concerto di Bob Dylan, la cui carriera fu lanciata anche grazie alla partecipazione alla marcia di Washington del 1963, e alle canzoni che accompagnarono e amplificarono la protesta.
‘I HAVE A DREAM’
Quel 28 agosto di 55 anni fa, nella capitale degli Stati Uniti, tra le 200 e le 300mila persone sfilarono per chiedere il rispetto dei diritti civili, un evento storico per la società civile americana. E fu in quell’occasione che King, a capo di un movimento politico di ispirazione cristiana, pronunciò il discorso “I have a dream“.
Il suo sogno era porre fine all’intolleranza e alle discriminazioni contro gli afroamericani, superando il concetto stesso di razza: “Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai negri non saranno concessi i loro diritti di cittadini”, scandì il leader.
Ma subito avvertì: “Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento”. “Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima”.
LA MARCIA CONTRO LE ARMI DEL 24 MARZO
A Washington, il 24 marzo scorso, 800mila persone sono tornate a manifestare pacificamente contro la diffusione delle armi dopo l’ennesima sparatoria in un liceo americano. Una protesta invocata dai movimenti studenteschi che si è svolta in contemporanea in altre 863 città americane. Sebbene altrove proseguono le guerre per il controllo delle risorse economiche, o le violenze di natura etnica o religiosa, i fatti dimostrano che l’eredità di questo leader non è stata dimenticata.
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