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L’ambasciatore etiopico Hambisa: “Stiamo con i civili del Tigray”

Ripresi i combattimenti, e l'Onu rilancia l'allarme: "Cinque milioni di persone soffrono di malnutrizione acuta"

Pubblicato:01-09-2022 18:13
Ultimo aggiornamento:01-09-2022 18:13
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ROMA – Il governo federale dell’Etiopia è impegnato in favore di negoziati di pace e a difesa dei diritti delle comunità nel Tigray, anzitutto al cibo e all’assistenza sanitaria: così Demitu Hambisa Bonsa, ambasciatore in Italia, dopo la ripresa dei combattimenti nella regione al confine con l’Eritrea.
L’occasione è un’intervista con l’agenzia Dire, a seguito della rottura il 24 agosto di un cessate il fuoco in vigore da cinque mesi.

LA RIPRESA DEI COMBATTIMENTI TRA L’ESERCITO E LE FORZE DEL TPLF

Secondo Hambisa, a riprendere le ostilità sono stati reparti del Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf), il partito che storicamente controlla la regione, decisivo anche a livello federale fino alla nomina nel 2018 del primo ministro Abiy Ahmed, esponente della comunità oromo. Responsabili dell’esecutivo federale hanno denunciato un’offensiva del Tplf nelle regioni di Afar e di Ahmara, nelle aree di Wag e di Wolqait e presso il confine con il Sudan. Un portavoce del Fronte, Getachew Reda, ha invece riferito di attacchi da parte delle forze federali insieme con quelle dell’Eritrea nel settore di Adayabo, nel nord del Tigray.

LO STALLO DEI NEGOZIATI DI PACE

“L’esecutivo federale resta sostenitore di negoziati di pace e insiste sulla necessità che l’Unione Africana abbia un ruolo guida” dice Hambisa, in risposta a una domanda sullo stallo delle trattative nonostante la creazione da parte di Abiy di un comitato ad hoc. “Allo stesso tempo”, aggiunge l’ambasciatore, “Addis Abeba continuerà a consegnare aiuti di carattere umanitario per proteggere la popolazione del Tigray”.
Del rischio che il conflitto impedisca l’assistenza alle persone in difficoltà si è tornato a parlare nei giorni scorsi, dopo la ripresa dei combattimenti. Il direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale (Pam/Wfp), David Beasley, ha denunciato l’irruzione di un commando armato nel compound dell’organizzazione nel capoluogo tigrino Macallé.


Secondo la sua ricostruzione, nel raid sono stati confiscati 12 camion e oltre mezzo milione di litri di benzina, essenziali per permettere la distribuzione di aiuti alle comunità locali. “Senza il carburante ci è impossibile consegnare cibo, fertilizzanti, medicine e altri beni di prima necessità” ha denunciato Beasley. “Non riusciamo neanche ad alimentare i generatori e a far partire i veicoli perché il Wfp e i suoi partner siano in grado di soddisfare i bisogni delle comunità più vulnerabili del Tigray, dove si stima che cinque milioni e 200mila persone soffrano di malnutrizione acuta“.

IL NODO DELLA COOPERAZIONE CON LE AGENZIE DELL’ONU

Secondo Hambisa, sin dal ritiro delle sue forze dal Tigray nel luglio 2021 “il governo di Addis Abeba ha cooperato con le agenzie umanitarie internazionali per garantire il flusso degli aiuti”. Un impegno, questo, che non sarebbe venuto meno nelle ultime settimane. “Anche dopo che il Tplf ha bloccato le consegne nella regione e confiscato molti dei camion usati per gli invii di beni essenziali”, riferisce l’ambasciatore, “l’esecutivo federale ha organizzato per gli aiuti umanitari voli quotidiani, sette giorni su sette”.
Il rischio è un nuovo inasprirsi del conflitto. Responsabili di servizi sanitari a Macallè citati dalla stampa internazionale hanno confermato bombardamenti sulla capitale del Tigray, anche presso l’ospedale centrale della città. Secondo Hambisa, però, l’esercito federale “distingue tra obiettivi militari e civili a dispetto di quanto vogliano far credere accuse del Tplf prive di fondamento”.
In prospettiva, l’ambasciatore sottolinea che il Fronte “non vuole trattare davvero, recluta giovani e minorenni con la forza e mira solo a esercitare il potere e dunque a rovesciare il governo di Abiy, eletto dagli etiopi dopo essere stato insignito del Nobel per la pace per aver messo fine al conflitto con l’Eritrea”.

I RAPPORTI CON L’ITALIA E LE CONSEGUENZE DEL CONFLITTO

Nell’intervista anche un appello rivolto all’Italia, al suo governo e alla sua comunità imprenditoriale. “Siamo convinti che non saranno condizionati dalla propaganda e dalle false informazioni diffuse dal Tplf” sostiene Hambisa. “I rapporti economici resteranno stretti, anche perché la gran parte dell’Etiopia oggi è in pace”.
Secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), nelle regioni del nord dell’Etiopia, dal Tigray all’Afar all’Amhara, gli sfollati sono oltre due milioni e 600mila.

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