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Lavoro, appello a Di Maio: “Tuteli pluralismo sindacale”

Dal Festival del Lavoro 2018 l'appello a Di Maio di Andrea Cafà (fondo interprofessionale Fonarcom)

Pubblicato:29-06-2018 16:37
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:19
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MILANO – “Sì alla rappresentatività con criteri certi e regole stabilite per legge. No al sindacato unico. Facciamo appello al ministro del Lavoro Luigi Di Maio affinché intervenga sulla questione a tutela del pluralismo sindacale e della contrattazione di qualità. Infatti, la lotta al dumping non si risolve misurando solo la consistenza numerica delle organizzazioni sindacali perché non va da sé che un’organizzazione grande faccia sempre un buon contratto. Organizzazioni oggi ‘ritenute minori’ possono fare contratti di grande qualità”.

Sono le parole del presidente del fondo interprofessionale Fonarcom, Andrea Cafà, durante il convegno organizzato all’interno del Festival del Lavoro 2018, in scena al MiCo di Milano. Un convegno quello di Fonarcom incentrato sul tema della rappresentanza e della rappresentatività dei lavoratori, un tema che va declinata in modo completamente diverso.

Secondo recenti dichiarazioni, e secondo una nota apparsa il 20 giugno sul sito dell’Ispettorato nazionale del lavoro sul contrasto al dumping contrattuale, la rappresentanza delle organizzazioni sindacali può essere misurata: in attesa della legge si può fare riferimento ai dati raccolti dal ministero del Lavoro, dai quali sarebbe possibile individuare le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative e conseguentemente i contratti nazionali leader per settore, cioè quelli di Cgil, Cisl e Uil. “Ma le cose non stanno così”, dichiara il presidente dell’associazione InContra, Salvatore Vigorini. Questo perché “i dati raccolti dal ministero del Lavoro sono autocertificati, pertanto non sono né verificati né verificabili, e ad oggi non ci sono criteri certi stabiliti per legge”. A detta di Vigorini infatti “oggi la rappresentatività è certificata solo nel pubblico impiego (dati Aran)”.


Dunque come sostiene il numero uno di InContra l’Ispettorato nazionale del lavoro, “non è un soggetto titolato a fare misurazioni e certificazioni nel privato impiego, prendendo una posizione che compete solo al ministero del Lavoro”. Un ministero, però, che come dichiara Vigorini “su questa tema non si è mai pronunciato vista l’assenza di una legge sulla rappresentatività e vista la necessità di tutelare il pluralismo sindacale previsto dall’articolo 39 della Costituzione”.

Dopodiché, in assenza di precise disposizioni normative di tale articolo, “tutte le organizzazioni sindacali sono legittimate a sottoscrivere contratti collettivi e la loro applicazione non può essere messa in discussione”. Insomma, per Vigorini “il metodo adottato dall’Ispettorato per contrastare il dumping contrattuale è da rivedere e non può prescindere dall’analisi puntuale delle previsioni contenute in tutti i contratti nazionali sottoscritti”, ed è “impensabile sostenere semplicisticamente che se un contratto nazionale non è sottoscritto da Cgil, Cisl e Uil è un contratto pirata. L’affermazione, oltre che in contrasto con il principio di libertà sindacale, è anche tecnicamente non puntuale e rischia di ingenerare confusione fra gli addetti ai lavori. Per tale motivo l’Ispettorato dovrebbe procedere alla rimozione immediata dal proprio sito internet della nota pubblicata il 20 giugno rispetto alla quale permangono anche seri dubbi circa la validità giuridica”.

E, come dice Maurizio Ballistreri, docente di Diritto del lavoro all’Università di Messina, “è necessaria l’introduzione di un salario minimo legale orario, come indicato nel recente Vertice Sociale Europeo”, perché “questo costituirebbe la soglia minima di retribuzione per tutti i lavoratori, soprattutto per quelli non coperti da contrattazione collettiva, e la base per il versamento dei contributi previdenziali. Si risolverebbe così il problema del dumping contrattuale– conclude- senza intaccare la libertà e il pluralismo sindacale”.

Anzi più che un salario minimo garantito, come dice il Capo interregionale dell’Ispettorato del lavoro Renato Pingue, occorre “un contratto minimo garantito”, perché “le tutele non riguardano solo il salario ma anche gli aspetti giuridici, come ferie e permessi“.

Per l’ex ministro Cesare Damiano “bisogna rovesciare l’assunto che i sindacati finti non sono quelli autonomi che invece hanno base associativa. Se noi non sconfiggiamo questa idea che associa il sindacato autonomo a quello pirata, nati durante la crisi del sindacato negli anni ’90”, non andiamo da nessuna parte”. Quindi, libertà anche alle organizzazioni sindacali minori, a prescindere dalla grandezza. Insomma, “in assenza di regole e criteri certi la rappresentatività non è misurabile”, sottolinea Cafà, e l’Ispettorato “non può sostituirsi al legislatore con una circolare. Cosa vogliamo fare, il sindacato unico? Si dia quindi legittimazione a tutte le rappresentanze sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale”, chiude il numero uno Fonarcom.

 

 

 

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