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Roma, la Casa delle Donne va al contrattacco: ricorso al Tar e campagna di sensibilizzazione

Questa la richiesta delle associazioni che operano nella Casa: nessun privilegio, ma corrispondere quanto dovuto.

Pubblicato:22-11-2018 14:06
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:49

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ROMA – Una raccolta fondi, una campagna di sensibilizzazione e, soprattutto, un ricorso al Tar contro la procedura di sfratto intentata dal Comune di Roma. Sono stati presentati oggi durante una conferenza stampa nella alla Casa delle Donne di via della Lungara a Roma.

Questa la richiesta delle associazioni che operano nella Casa: nessun privilegio, ma corrispondere quanto dovuto – circa 830mila euro compreso il pregresso – in modo commisurato alla cura che le donne mettono “nel conservare e mantenere per tutte e tutti un bene comune e al valore che il lavoro volontario delle associazioni restituisce a Roma in forma di servizi”.


In sostanza, le femministe chiedono di compensare parte di quanto dovuto con la manutenzione dell’immobile portata avanti in questi anni e con i servizi sociali offerti alla collettività e alle oltre “60mila persone che ci fanno visita ogni anno”. Quanto richiesto, ha spiegato la presidente Francesca Koch, “è esattamente ciò che prevede la convenzione firmata a suo tempo con il Comune di Roma”.

La Casa internazionale delle Donne, si legge inoltre nel ricorso, “ha un costo zero per l’amministrazione” e al suo interno “vengono svolte attività di peculiare rilievo sociale non altrimenti svolte dall’amministrazione comunale”.

“Questo stabile del 600- ha detto l’avvocato Giulia Rodano- è mantenuto alla perfezione da 30 anni senza costare un euro al Comune e sempre a costo zero sono tutte le attività portate avanti delle volontarie. Oltre tutto questo noi non riusciamo anche a pagare 90mila euro l’anno di canone di affitto. Questo è Il privilegio di cui parla la sindaca Raggi”.

Quali le motivazioni di questo accanimento? “Sicuramente un concetto di ‘legalità’ portato all’esasperazione – nonostante ci sia un’intera giurisprudenza che riconosce la legittimità dell’utilizzo gratuito di un bene pubblico in cambio della manutenzione del bene stesso – e motivazioni meramente politiche. Probabilmente ci vede legate alle amministrazioni passate”.

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