
ROMA – ‘LaCasaChiama’, la rassegna estiva della Casa Internazionale delle Donne nell’ambito dell’Estate Romana 2022 promossa da Roma Capitale, prosegue con il documentario “Telling my son’s land”.
Presso la sede della Casa, in Via della Lungara 19, a Roma, è stato proiettato il racconto dell’esperienza della guerra: il documentario di Ilaria Jovine e Roberto Mariotti ripercorre la storia di Nancy Porsia, giovane giornalista freelance che, dopo essersi recata per la prima volta in Libia quattro giorni dopo la morte di Gheddafi, nel 2011, si trasferisce definitivamente nel Paese nordafricano e, per un lungo periodo, è l’unica a raccontarne il travagliato processo di democratizzazione. Nel 2017, a causa della pubblicazione di un’inchiesta sulla collusione della Guardia costiera libica con il traffico di migranti, è costretta a tornare in Italia, ma non si arrende a rimanere lontana dalla terra di suo figlio. Al termine della proiezione, si è svolto anche un incontro dei registi con il pubblico, tra riflessione e dibattito.
JOVINE (REGISTA): PUBBLICO HA FAME DI GIORNALISMO ESTERI
“In Italia c’è fame di contenuti: la gente ha bisogno e voglia di conoscere certe storie, soprattutto se mescolano spunti che vanno dal giornalismo alla geopolitica, alle questioni sociali, e se a unirle è una vicenda personale, funziona ancora meglio”. Questo è il caso di ‘Telling my son’s land’, ne parla con l’agenzia Dire Ilaria Jovine, che con il collega Roberto Mariotti ha diretto questa pellicola che tratta di argomenti vari e consistenti: il giornalismo di guerra ai giorni nostri, la situazione lavorativa dei professionisti indipendenti, la guerra libica e le migrazioni, l’affermazione di una donna in un campo per lo più ancora dominato da uomini, il rapporto tra maternità e professione, e non ultimo una patria ancora negata per un bambino metà italiano e metà libico.


La Libia, paese “lontano, ma poi neanche tanto- dice Roberto Mariotti sempre alla Dire- è stato una scoperta. Con Ilaria non ci siamo potuti andare ma abbiamo appreso moltissimo dai filmati d’archivio di Porsia, che costituiscono quasi la metà delle immagini del documentario. L’Italia vanta anche legami storici forti con la Libia ma confesso che prima di realizzare questo film non la conoscevo molto. Poi, grazie ai racconti di Nancy e del suo compagno ho capito quanto quella dittatura fosse diventata insopportabile per certe fasce della popolazione. Ma anche alla luce del caos che vediamo, fatico ancora a capire se la rivoluzione del 2011 sia stata un bene o no”. Uno sforzo che per il regista diventerebbe “impossibile senza le notizie di prima mano a cui ho avuto accesso”. Da qui emerge la critica al mondo dei media italiani, “che trattano poco e male le vicende estere, sebbene la realtà degli ultimi anni ci stia dimostrando quanto influiscano anche sui fatti italiani. Lo sforzo che ognuno di noi deve fare- l’invito del co-regista- è entrare sempre più in profondità nelle questioni internazionali ed evitare le letture superificiali”.
La parola torna a Ilaria Jovine: “La storia di Porsia è il focus del nostro lavoro ma crediamo che il vero protagonista sia il tipo di giornalismo che lei incarna, in quanto freelance di guerra: una professione che la porta per mesi sulla front line senza orari né reti di protezione. Nonostante questo, lei decide di innamorarsi e di concepire un figlio. Raccontare il parto e la maternità sono stati modi per spiegare la fusione tra vita privata e professionale”. Il bambino che darà alla luce diventa così “un’ulteriore elemento che la spinge a non smettere di raccontare quel Paese con responsabilità e onestà”. ‘Telling my son’s land’ è uscito nel 2021 ed è stato già proiettato in varie sale cinematografiche e festival, con “una positiva accoglienza di pubblico- conclude Jovine- e questo dimostra che c’è fame di questo genere di contenuti. Se in futuro ne avremo l’occasione, ci piacerebbe raccontare altre storie di giornalisti come lei”, conclude la regista.
Gli eventi – a ingresso libero e gratuito – fanno parte del calendario di 15 appuntamenti che fino al 7 settembre la Casa Internazionale delle Donne offrirà al pubblico romano per promuovere e valorizzare nuove opere e proposte artistiche di donne e under 30. LaCasaChiama è un progetto della Casa Internazionale delle Donne di Roma vincitore dell’Avviso Pubblico Estate Romana 2022 – Riaccendiamo la Città, Insieme, promosso da Roma Capitale – Assessorato alla Cultura, curato dal Dipartimento Attività Culturali e realizzato in collaborazione con Siae.
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