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“Indovina chi ti porto per cena” il corto in romanesco per l’integrazione

Le interviste ai protagonisti

Pubblicato:03-12-2018 10:48
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:51

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ROMA – Prendi Momo, un ragazzo di origini somale ma “italianissimo” e soprattutto romano, che deve andare a conoscere i genitori della sua fidanzata. Che è albanese “perché di Albano, nei Castelli romani”, ma nata da genitori russi, quelli che “mangiano i bambini”. Tra amici stranieri che prendono in giro Momo in un dialetto romanesco impeccabile, un cameo dell’eurodeputata Cecile Kyenge e una nonna russa particolarmente aggressiva (ma sarà sogno o realtà?), il cortometraggio ‘Indovina chi ti porto per cena‘ affronta temi quanto mai attuali: la paura dell’altro, l’integrazione, la convivenza tra le culture.
Il film, del regista italo-somalo Amin Nour (anche attore, nel ruolo del protagonista Momo), scritto da Pier Paolo Piciarelli, è tra i vincitori del bando MigrArti 2018, finanziato dal ministero dei Beni culturali.

L’idea nasce da un fatto che mi è realmente successo quando avevo 18 anni, quando ho conosciuto la famiglia della mia ragazza. Scoprendo che ero nero, non la prese affatto bene…” spiega Amin Nour alla ‘Dire’, che oggi di anni ne ha 31. “Il mio corto si rivolge agli italiani di origine straniera o afrodiscendenti, ma anche agli italiani”, con l’obiettivo di riflettere sulle discriminazioni, ma non solo: “Volevo far capire che anche i figli degli immigrati nati e cresciuti qui possono nutrire pregiudizi e paure”.

E il corto, assicura il regista, “è piaciuto sia a destra che a sinistra, forse perché tutto è narrato in chiave ironica, ma senza schiacciare la dignità”. E a chi ti dice di ‘tornare a casa tua’? “Sarei straniero, casa mia è qui. Io sono europeo, italiano, romano, nero, africano, somalo… la mia è un’identità a crescere, un fiume che non puoi arginare”.


A parlare con la ‘ Dire’ è anche Diana Pesci, che come Amin Nour fa parte dell’associazione Nibi (Neri italiani – Black italians, che ha supportato il progetto assieme a #Wellsee e GoldenArt Production). “Il fatto di ispirarci al titolo del famoso film del 1967, ‘Indovina chi viene a cena’ (di Stanley Kramer, con Spencer Tracy, Sidney Poitier e Katharine Hepburn) – spiega – è un modo per focalizzare l’attenzione su domande che abbiamo bisogno di affrontare. Anche in maniera leggera“. Pesci è stata anche la regista di ‘Macedonia all’italiana’, documentario sul backstage di ‘Indovina chi ti porto per cena’. “L’obiettivo del mio docu-backstage era di approfondire certi temi con la troupe e il cast del corto di Amin, dal momento che sono tutti di origine straniera” sottolinea. “Si parla di xenofobia, intercultura e delle cosiddette seconde generazioni”.

A unire i due lavori quindi, “c’è il tentativo di rappresentare la nostra società per ciò che oggi è”. Amin Nour, fuggito a piedi dalla Somalia in piena guerra civile, arriva in Italia nel 1991, all’età di quattro anni. “Nel mio quartiere mi chiamavano ‘the black one’, perché ero il primo nero. Negli anni Novanta la gente era curiosa, aveva voglia di conoscerci. Oggi le cose sono cambiate, c’è un distacco, anche se Roma è molto particolare. Se riesci a farti amico il romano, per lui diventi un fratello”. Ecco allora un aneddoto: “Un giorno ero in metropolitana quando un signore anziano mi ha detto: ‘Tornatene al tuo Paese’. ‘Scusi, come ha detto?’, e allora lui: ‘Ah, ma sei romano? Scusami… parli bene, complimenti'”. Amin, con un sorriso, spiega di avergli risposto: “‘Beh, parla bene anche lei, grazie!'”.

Il ghiaccio tra i due si è subito sciolto, ma “non è così che dovrebbe andare”, sottolinea il regista. Che risponde a un’ultima domanda: “Cosa cucinerei per una cena tra amici? Tra una amatriciana e una carbonara, guarda, non so cosa è meglio”.

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