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Haiti ancora in ginocchio a un mese dal terremoto. Avsi: “Servono dieci volte più aiuti”

Fiammetta Cappellini, responsabile dei progetti dell'ong Avsi, spiega che la mancanza di risorse resta il problema principale

Pubblicato:15-09-2021 14:55
Ultimo aggiornamento:15-09-2021 16:17
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Di Francesco Mazzanti

ROMA – “In questo momento, ad Haiti, non ci sono le risorse per soddisfare i bisogni di prima necessità. Ne servirebbero almeno dieci volte di più solo per garantire alle persone un primo rifugio, l’acqua e per sostenere i bambini rimasti soli e che soffrono di malnutrizione”. Fiammetta Cappellini è la responsabile dei progetti ad Haiti di Avsi, una ong presente nel Paese dal 1999, che si sta occupando di assistere le comunità colpite dal terremoto del 14 agosto e dalla tempesta tropicale ‘Grace’ del 16 e del 17 agosto.

Rispetto al 2010, quando le scosse avevano colpito soprattutto Port-au-Prince, la capitale, questa volta sono stati devastati tre dipartimenti del sud rurale. La magnitudo del sisma è stata di 7,2 gradi della scala Richter e l’epicentro è stato a 130 chilometri a ovest della capitale.


In un’intervista con l’agenzia Dire, Cappellini sottolinea che uno dei problemi principali riguarda la mancanza di acqua potabile, che potrebbe generare la diffusione di epidemie. “Il terremoto deve aver modificato degli assetti delle falde acquifere” dice la responsabile di Avsi: “Sono state danneggiate le sorgenti da cui partivano i sistemi di adduzione e alcuni pozzi sono secchi. La popolazione rurale si approvvigiona ai fiumi, dove l’acqua è debolmente potabile e la possibilità di contaminazione è alta. Inoltre, non esiste una rete fognaria nei dipartimenti del sud”.

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Secondo l’ultimo rapporto diffuso dalla Protezione civile haitiana, le scosse del 14 agosto hanno causato la morte di 2.207 persone. I feriti sono 12.268 e 320 persone risultano scomparse. Le abitazioni distrutte sono state 52.953 e quelle danneggiate 77.006. “Ci sono però una serie di comunità rurali che sono state raggiunte solo parzialmente e siamo sicuri che il numero delle vittime sia molto più elevato” denuncia Cappellini. “Il governo ha dichiarato che ci sarebbero 900.000 persone sinistrate: il dato è più verosimile rispetto a quello che vediamo sul campo”.

Avsi si è attivata sin dalle prime ore dell’emergenza – nei quartieri più vulnerabili della città di Les Cayes e nelle zone di La Savane e Deye Fo – distribuendo teli in plastica per offrire riparo agli sfollati, assistendo bambini e donne in stato di gravidanza e fornendo supporto logistico alla Protezione civile. L’ong ha raccolto 530.000 euro grazie a donazioni, che permetteranno di assicurare strutture di prima accoglienza alla popolazione, distribuire acqua e kit igienico-sanitari e prendere in carico i bambini non accompagnati.

Un mese dopo il terremoto il processo di ricostruzione sembra ancora lontano. La risposta all’emergenza umanitaria resta la principale attività del coordinamento tra governo, Protezione civile, organizzazioni e associazioni che operano sul territorio. “Oggi il coordinamento assorbe molte risorse che vengono utilizzate per la risposta umanitaria, ma il problema resta la mancanza di fondi” dice Cappellini. “Ci vorrebbe una maggiore attenzione della comunità internazionale, servirebbero donazioni da parte della cooperazione bilaterale e multilaterale, ma anche un movimento forte di solidarietà della società civile, perché i bisogni sono enormi e questa popolazione non si può risollevare da sola”.

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