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La reporter nigeriana: “Sono una giornalista, e voglio vivere”

Augustina Armstrong-Ogbonna, esule negli Stati Uniti, è stata appena insignita del premio Anna Politkovskaya. Come la giornalista russa, assassinata nel 2006, è andata avanti nonostante le minacce

Pubblicato:14-10-2019 11:51
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:49

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ROMA – “Non voglio finire nelle statistiche, preferisco vivere” dice guardantoti negli occhi Augustina Armstrong-Ogbonna. Reporter nigeriana, esule negli Stati Uniti, al festival ‘Internazionale a Ferrara’ è stata appena insignita del premio Anna Politkovskaya. Come la giornalista russa, assassinata nel 2006, è andata avanti nonostante le minacce. Le ha sentite prima al telefono e poi sulla propria pelle, dopo essere stata premiata dall’Associazione dei corrispondenti dell’Onu per le inchieste umanitarie e sullo sviluppo.

Era il 2016. La sua indagine aveva svelato dragaggi non autorizzati nell’area di Lagos, effettuati senza autorizzazioni né studio di impatto ambientale dalla Integrated Oil and Gas, una società di proprietà dell’ex ministro degli Interni nigeriano Emmanuel Iheanacho. Gli illeciti avevano riguardato l’area della comunità di Irede. Alle pubblicazioni dell’inchiesta sul sito ‘Environews’ e sull’emittente nazionale ‘Radio One 103.5 Fm’ era seguito l’arresto di Raymond Gold, portavoce dei villaggi più esposti agli abusi, incriminato per aver “perturbato l’ordine pubblico”. L’uomo aveva denunciato che la polizia, su ordine di Iheanacho, era pronta a incarcerare la cronista accusandola di essersi fatta pagare per diffondere notizie false. 

Scrivere di ambiente e di tutela dei diritti umani in Nigeria è sempre più difficile” sottolinea Armstrong-Ogbonna in un’intervista con l’agenzia Dire. “Oggi continuo a occuparmi di questi temi, si tratti della desertificazione delle regioni ai confini del Sahel o dell’erosione delle coste del Golfo di Guinea, ma dagli Stati Uniti lo faccio soprattutto con un impegno di advocacy, di consulenza, anche in rete con ong”. 


Un nuovo ruolo, a distanza di sicurezza dagli intrecci velenosi tra politica e affari che la presidenza di Muhammadu Buhari non avrebbe affatto sciolto. Armstrong-Ogbonna ricorda il caso di Omoyele Sowore, fondatore del sito di inchieste ‘Sahara Reporters’ esule a New York dopo essere stato fermato e aggredito più volte in Nigeria. “Ad agosto, rientrato a Lagos, è stato arrestato per aver convocato una manifestazione di protesta contro la gestione dell’economia da parte del governo” dice Armstrong-Ogbonna. Che sottolinea come i casi di giornalisti ostacolati, fermati o addirittura in manette siano divenuti più frequenti. 

“Penso anche a Chido Onumah, arrestato solo per aver criticato Ben Ayade, il governatore dello Stato di Cross River” dice la cronista: “La verità è che per non aver guai bisogna dire che va tutto bene”. Onumah indossava una maglietta con la scritta ‘We are All Biafrans’, ‘siamo tutti del Biafra’, il titolo del suo ultimo libro. Un oltraggio per Buhari, ex dittatore militare della Nigeria tra il 1983 e il 1984, tornato al potere nel 2015: fu generale nella guerra civile del 1967-1970, sulla linea del fronte contro i secessionisti del Biafra.

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