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FOTO | Detenute, madri, poliziotte: ‘La bellezza dentro’ il carcere

Il fotoreporter Giampiero Corelli dal 2007 gira le carceri d'Italia per raccontare "La bellezza dentro". Le foto fatte al carcere femminile della Dozza sono esposte in Comune

Pubblicato:14-06-2019 12:26
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:24
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ROMA – Raccontare “La bellezza dentro” gli istituti penitenziari femminili usando la fotografia. E’ l’obiettivo del fotoreporter Giampiero Corelli che, da sabato fino al 30 giugno, porta la sua mostra fotografica a Bologna, nella Manica Lunga di Palazzo D’Accursio. Donne, madri, detenute, ma anche agenti della Polizia penitenziaria e addette alla sorveglianza: sono le protagoniste degli scatti di Corelli, che lavora al progetto dal 2007 e ha visitato 15 case circondariali, da Trento a Palermo, passando per Rebibbia e San Vittore.


“Oggi più di prima è importante trovare un linguaggio diverso per raccontare la vita in carcere. Bisogna ricordare che questi sono luoghi che fanno parte della città ed è importante trovare un collegamento tra ciò che succede dentro e quello che succede fuori”, dice l’assessore comunale alle Pari opportunità, Susanna Zaccaria. Oltre al racconto della vita quotidiana Corelli, attraverso circa 40 fotografie in bianco e nero, ha cercato anche ‘bellezza’: “Un tema che sembra una contraddizione in un luogo dove spesso i diritti vengono lesi o negati ma noi abbiamo deciso di approfondirlo staccandoci dalle risposte preconfezionate che portano spesso ad una ‘chiusura’”, commenta Ilaria Avoni, vicepresidente dell’associazione Il Poggeschi per il carcere, che promuove la mostra.


Corelli nel corso della conferenza stampa di presentazione de “La bellezza dentro” racconta che “non tutti gli istutiti sono uguali”. Ad esempio, alla Dozza di Bologna (frequentata per il progetto dal 2007 al 2009), “ho trovato una situazione abbastanza pessima, un clima davvero tenebroso”, spiega Corelli, aggiungendo che dopo esserci tornato di recente ha notato che le cose “sono davvero migliorate”. Realizzare il progetto non è stato semplice. “Prima di tutto bisogna chiedere il permesso sia al singolo istituto che al coordinamento penitenziario nazionale- racconta Corelli- poi, una volta ottenuti i permessi, voglio entrare il più possibile in contatto con le donne che dovrò fotografare”. Per questo, prima di scattare il fotografo passa almeno una giornata insieme alle detenute, spiegando loro il progetto e lasciando la totale libertà di scelta sull’essere riprese o meno. “Alcune si sono rifiutate mentre altre, molto incuriosite, mi hanno lasciato entrare nei loro spazi”, conclude Corelli che grazie al tempo trascorso insieme alle detenute ha creato un vero e proprio rapporto con alcune di loro tanto che le ha incontrate una volta uscite dal carcere.

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