“Uno degli impegni sarà portare avanti il disegno di legge sullo stop al consumo di suolo e quello per la gestione pubblica dell’acqua. Sono le nostre priorità, per un’azione di governo nel segno della sostenibilità ambientale e della tutela delle nostre risorse”. Così Sergio Costa, ministro dell’Ambiente, in occasione della giornata mondiale contro la desertificazione indetta dall’Onu. I cambiamenti climatici e la desertificazione “sono interconnessi e ci riguardano molto da vicino- avverte Costa- Un quinto del nostro Paese è a rischio desertificazione: sicuramente il Sud Italia è particolarmente vulnerabile ma ormai anche il Centro è coinvolto. Siamo in piena emergenza”. Dobbiamo quindi “agire sull’eccessivo sfruttamento della risorsa acqua, stiamo utilizzando il 30% delle risorse d’acqua rinnovabili disponibili, mentre l’obiettivo europeo indica la soglia del 20%” avverte Costa.
E’ la Sardegna ad aggiudicarsi anche quest’anno il gradino più alto del podio per il mare più bello con cinque comprensori marini a cinque vele assegnate da Legambiente e Touring Club nella Guida Blu 2018. Si piazzano bene anche Sicilia (con quattro comprensori a cinque vele), Puglia, Campania, Toscana (tre regioni con due comprensori a cinque vele), Liguria e Basilicata. Sono 17 i comprensori marini a cinque vele, sei quelli lacustri, individuati sulla base dei dati raccolti da Legambiente sulle caratteristiche delle qualità ambientali e di quelle dei servizi ricettivi. Sono sarde le prime due località della classifica delle 5 vele marine, con Barona di Posada e Parco di Tepilora medaglia d’oro e Litorale di Chia medaglia d’argento.
C’è ancora troppo amianto in giro. Sono 352 mila le tonnellate di rifiuti che contengono la fibra killer prodotti in Italia nel 2016, costituiti per il 93,5% da materiali da costruzione contenenti amianto, segnala l’Ispra. La forma di smaltimento prevalente per quest’ultima tipologia di rifiuti pericolosi rimane la discarica dove finisce l’85,5% del totale gestito. Insomma, ancora manca un ciclo di recupero e trattamento efficiente per questo pericoloso inquinante. “L’amianto è una frontiera di cui l’Italia si deve preoccupare perché il sistema zoppica”, avverte Sergio Costa, ministro dell’Ambiente, alla presentazione del Rapporto Rifiuti Speciali Ispra 2018 a Montecitorio. “Ci fa preoccupare per la sua ricaduta sanitaria e ambientale” e “io l’amianto sulle strade e nelle campagne non lo voglio vedere più” avverte il ministro.
Nove dei 13 baobab più vecchi d’Africa sono morti o hanno cominciato a morire negli ultimi 12 anni: lo rivela uno studio di ‘Nature Plants’ che ipotizza un collegamento con i cambiamenti climatici. Secondo Adrian Patrut, ricercatore dell’università romena di Babes-Bolyai, tra gli autori dello studio, “nel corso della seconda metà del XIX secolo i grandi baobab dell’Africa australe hanno cominciato a morire ma da dieci o 15 anni la loro scomparsa è aumentata progressivamente a causa di temperature molto elevate e della siccità”. La ricerca rivela “un fenomeno senza precedenti”. A morire negli ultimi anni sono stati anche tre baobab di fama internazionale: Panke, nello Zimbabwe, giunto quasi a 2450 anni; Platland, in Sudafrica, con un tronco di oltre dieci metri di diametro; Chapman, in Botswana, dove l’esploratore scozzese David Livingstone incise le proprie iniziali.
Sono stimate in 11 miliardi le ricadute economiche derivanti dal rilancio e dallo sviluppo degli impianti di grande taglia. Così uno studio di Althesys che stima anche in quasi 20.000 nuovi addetti (tra diretti e indiretti) il potenziale occupazionale, con una riduzione delle emissioni di 12,8 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Lo studio rileva come il parco fotovoltaico italiano, nonostante un’età media ancora bassa e compresa tra gli 8-10 anni, 6 anni l’età media degli utility scale, mostri diverse criticità che ne limitano in parte l’efficienza. Il decadimento della produzione è stimabile nel 2,2% annuo al 2016, ben superiore a quello fisiologico previsto al momento dell’installazione. Con il forte calo dell’installato dopo la fine dei Conti Energia (meno di 400 MegaWatt medi annui nel periodo 2014-2017), la nuova potenza si limita a sostituire quella perduta: al 2030, la perdita totale sarebbe di 5.000 MegaWatt, pari al 25% della potenza esistente al 2017.
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