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Cambiamenti climatici, Artico sorvegliato speciale da Esa e Nasa

Artico con lo scioglimento del permafrost e sotto stretta osservazione

Pubblicato:31-01-2022 13:28
Ultimo aggiornamento:31-01-2022 14:51

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ROMA – Tutto ciò che accade sulla Terra ha un impatto sul clima e spesso non è semplice capirne- e predirne- il peso. E’ quello che succede in Artico con lo scioglimento del permafrost, accelerato dai cambiamenti climatici e sotto stretta osservazione per il rilascio di carbonio che comporta. Come in un circolo che di virtuoso non ha niente, il rilascio del carbonio aggrava i cambiamenti del clima. Spesso lo scioglimento del permafrost avviene in maniera più rapida di quanto atteso e gli scienziati, attualmente, non sono in grado di capirne esattamente il motivo e soprattutto che cosa comporti come conseguenza. Per questo, l’Esa e la Nasa si sono attivate con un progetto specifico incentrato proprio sul permafrost e sul rilascio di carbonio conseguente al suo scioglimento.

COS’E’ IL PERMAFROST

Partiamo dall’inizio. Il permafrost è terreno congelato, con uno spessore che può anche raggiungere centinaia di metri. Perchè sia considerato permafrost, il terreno deve essere congelato da almeno due anni. Nel caso delle regioni polari, parliamo di un permafrost che risale all’era glaciale. Si tratta di un terreno che trattiene resti sia animali che vegetali prima che iniziasse la loro decomposizione, diventando così una miniera di carbonio. E’ stato calcolato che il permafrost dell’Artico ne immagazzini circa 1700 miliardi di tonnellate. Il ruolo del permafrost per il nostro pianeta è importante, perché ne preserva il freddo, ma l’innalzamento globale delle temperature, molto evidente nel caso dell’Artico, ne sta provocando uno scioglimento che ha come diretta conseguenza il rilascio di carbonio ‘antico’ nella nostra atmosfera.

COME CAMBIA LO SCIOGLIMENTO DEL PERMAFROST

I cambiamenti climatici accelerano lo scioglimento del permafrost. Questo comporta un rilascio molto rapido del carbonio, che così finisce in atmosfera nel giro di pochi giorni e in quantità considerevoli. Questa rapidità – e questa quantità – comportano il rischio che a venire liberato in atmosfera sia il carbonio più antico mai immagazzinato, quello preservato in ‘Yedoma’, vale dire quel permafrost formatosi nel Pleistocene, molto ricco di materiale organico e grande fonte di metano se bruciato. Gli incendi sempre più frequenti nell’Artico porteranno anche a un flusso di carbonio notevole e imprevedibile.


LO STUDIO ESA E NASA

La rivista Nature Reviews Earth & Environment ha pubblicato una raccolta tutta incentrata sul permafrost e sull’impatto del suo scioglimento. All’interno ha trovato spazio anche la ricerca portata avanti da Esa e Nasa Arctic Methane and Permafrost Challenge: un lavoro congiunto di scienziati di due continenti per mappare il carbonio arrivato in atmosfera e predire cosa succederà in futuro. Il loro lavoro evidenzia il pericolo del rapido scioglimento del permafrost e mette l’accento sulla necessità di un monitoraggio più dettagliato attraverso osservazioni in situ, aeree e satellitari per fornire una comprensione più approfondita del ruolo futuro dell’Artico come fonte di carbonio e del conseguente impatto sul sistema terrestre.

“Il permafrost non può essere osservato direttamente dallo Spazio- spiega Charles Miller del Jet Propulsion Laboratory della Nasa- ma bisogna combinare differenti misurazioni come quella della temperatura del suolo e del livello di umidità per avere un quadro del cambiamento. Grazie ai satelliti- prosegue Miller- abbiamo la registrazione di come negli ultimi 20 anni sia cambiato il suolo del permafrost nell’emisfero settentrionale. Adesso aspettiamo le iscrizioni in situ e sistemi satellari nuovi per avere ancora più informazioni”.

L’ Esa, per questo tipo di ricerca, ha attivato la sua missione Smos e il satellite Sentinel 5P della costellazione Copernicus. Per gli studi futuri, c’è attesa per il lancio della missione tedesca Merlin, attesa per il 2027: grazie alla tecnologia laser promette dati sul metano nell’osservazione dell’Artico. Due anni prima, nel 2025, dovrebbe invece partire la missione Esa Copernicus Carbon Monitoring: fornirà dati direttamente legati alle emissioni di carbonio conseguenti allo scioglimento del permafrost.

Non solo missioni nello Spazio: nell’ultimo anno l’Agenzia spaziale europea è stata coinvolta in una campagna internazionale dedicata dello studio dei gas serra. Base in Svezia, le attività hanno incluso l’uso di palloni lanciati nella stratosfera, l’uso di strumentazioni a bordo di aerei e misurazioni fatte a terra. Campagne simili sono attese per l’estate 2022 in Artico: prenderanno il via Arctic Boreal Vulnerability Experiment della Nasa e il Carbon Dioxide and Methane mission dell’Agenzia spaziale tedesca.

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