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Giulia vs Laura Boldrini, pillola anticoncezionale o abortiva: ma chi ha ragione?

La pillola concezionale in italia è sempre meno usata, quella abortiva è osteggiata in modo subdolo dagli ospedali: abbiamo chiesto agli esperti come stanno le cose

Pubblicato:30-09-2022 20:25
Ultimo aggiornamento:30-09-2022 20:28

laura boldrini non una di meno_giulia studentessa
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ROMA – Laura e Giulia. Donne a confronto a piazza dell’Esquilino, nel corso della manifestazone di ‘Non una di meno’ per rivendicare il diritto all’aborto. Da una parte la presidente della Camera Laura Boldrini, dall’altra la 17enne Giulia, studentessa del liceo linguistico e attivista per i diritti delle donne.
Due i temi al centro dello scambio. La pillola anticoncezionale in primo luogo. Giulia accusa il Pd, e la Boldrini in via indiretta, di averla resa a pagamento, danneggiando così tante donne meno abbienti, che non possono permettersi di pagare la terapia. La pillola abortiva in secondo luogo, con Laura Boldrini che ricorda alla giovane interlocutrice che il vero problema sono gli ostacoli posti alla sua distribuzione. Di qui l’accusa alla destra, dell’esponente dem. “Fatevela difendere da Fdi la legge sull’aborto”, dice.

Chi ha ragione? Al netto della coloritura politica, vediamo come stanno le cose con Elsa Viora, presidente dell’Associazione degli Ostetrici e Ginecologi Ospedalieri Italiani (Aogoi).

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IN ITALIA LA PILLOLA ANTICONCEZIONALE È SEMPRE MENO RICHIESTA

In Italia sempre meno donne utilizzano la pillola anticoncezionale, circa il 16%, e non perché sia a pagamento ma perché temono gli effetti collaterali (trombosi, ictus, cancro o effetti sul peso). “Siamo tra gli ultimi paesi in Europa, insieme alla Grecia, come uso degli anticoncezionali”, conferma alla Dire Elsa Viora, presidente di Aogoi. “Temono gli ormoni, hanno paura che la pillola possa creare degli effetti collaterali, come un aumento del peso. Sono rimaste nella mente delle donne le pillole di prima generazione, quelle che si producevano negli anni ’60-’70. Oggi invece abbiamo a disposizione una grandissima varietà di pillole che contengono dosaggi ormonali molto bassi. Con il termine pillola si fa riferimento non solo alla pillola- continua Viora- ma anche all’utilizzo di tutti gli altri contraccettivi: l’anello vaginale, l’impianto sottocutaneo o il cerotto. Abbiamo una serie di possibilità molto ampie ma in Italia non stanno avendo successo. Inoltre, oggi è possibile una personalizzazione del contraccettivo”.

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Per incrementare la disponibilità delle donne ad utilizzare il contraccettivo “è indispensabile un discorso di consulenza contraccettiva, con strutture e professionisti adeguati. In Italia siamo carenti- sottolinea la presidente di Aogoi- c’è una carenza di medici ginecologi in generale in tutti gli ambiti, anche nei consultori che sarebbero le strutture che per eccellenza dovrebbero occuparsene”.
E sul discorso economico, “quello dipende da risorse e volontà”, precisa Viora. “Ogni regione sceglie diversamente, ci sono regioni che li rendono gratuiti per alcune fasce d’età“. Infatti a distribuirli gratis sono Puglia, Emilia-Romagna, Piemonte, Toscana, Lombardia e Marche.

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LA PILLOLA ABORTIVA

Passando alla pillola abortiva, la situazione non è migliore. Dai dati dell’ultimo rapporto del Ministero della Salute, emerge che “il ricorso all’aborto farmacologico varia molto tra le Regioni, sia per quanto riguarda il numero di interventi che per il numero di strutture che lo offrono. Nel 2020 il 35,1% degli interventi sono stati effettuati con metodo farmacologico”. Ad opporsi sono soprattutto le regioni a guida Fratelli d’Italia e Lega. “In queste regioni il ricorso alla RU 846 è osteggiato in maniera subdola, non applicando le direttive del ministero della Salute di agosto 2021, in cui non solo si dà il via all’aborto farmacologico in ambulatorio e in consultorio in tutta Italia, ma si estende fino alla nona settimana- spiega alla Dire Silvana Agatone, presidente di Laiga (Libera associazione italiana ginecologi non obiettori per l’applicazione della 194)- ma non tutte le Regioni le hanno recepite, anche un po’ a causa della burocrazia. C’è furbizia”.

TUTTO È INIZIATO A VERONA

Tutto è iniziato, racconta Agatone, “dal Congresso mondiale per le famiglie che si è tenuto a Verona, promosso da un grosso movimento internazionale che si chiama ‘Agenda Europa’ ed è contro l’aborto, il divorzio, la contraccezione e l’omosessualità. Da Verona sono partite diverse direttive. Ogni fatto che avviene in Italia inizia da Verona“.
La città scaligera, continua la ginecologa, “si è definita ‘Città per la vita’ e dà dai 100 ai 200mila euro ai movimenti per la vita. Da lì, a effetto domino, lo hanno fatto anche altri Comuni”. Una vera e propria operazione di proselitismo contro l’aborto.

I FONDI PER I PRO VITA

Nel 2020 “la Regione Veneto con una legge ha stanziato 9 milioni 680mila euro ai movimenti per la vita affinché persone contrarie all’aborto entrassero nei consultori e negli ospedali. Si tratta peraltro di gente senza qualifica sanitaria che gira nelle corsie”.

Anche “il Piemonte ha stanziato 400mila euro al fondo ‘Vita nascente’ con l’assessore di Fratelli d’Italia, Maurizio Marrone, per far entrare il movimento pro vita negli ospedali. Una cosa del genere sta avvenendo in Liguria, con la proposta di Fratelli d’Italia di sportelli ‘pro vita’ negli ospedali che praticano aborti. Lo stesso nelle Marche, dove il 16 febbraio del 2021 è stata presentata una proposta di legge a ‘sostegno di famiglia, genitorialità e natalità’, molto simile a quella umbra. In Umbria, infatti, l’interruzione di gravidanza è stata osteggiata in day hospital, chiedendo un ricovero obbligatorio di tre giorni per poter fare l’aborto. Lo stesso è accaduto in Abruzzo, dove nel febbraio 2021 è stata emanata una circolare alle Asl regionali affinché ‘l’interruzione farmacologica di gravidanza con utilizzo di mefipristone e prostaglandine fosse effettuata preferibilmente in ambito ospedaliero e non presso i consultori familiari'”, conclude la presidente di Laiga.

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