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‘Penelope alla peste’: storie di donne durante la pandemia

La giornalista Veronica Passeri tratteggia quattordici ritratti di donne nel momento più duro della pandemia

Pubblicato:30-09-2020 11:16
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:58
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ROMA – C’è un pianerottolo che separa d’improvviso una bambina dai suoi nonni. C’è Rosanna che festeggia i suoi 86 anni con suo marito, dietro a un vetro e isolata dal mondo. E poi Tiziana, suora francescana che ha cambiato vita, ed è rimasta all’improvviso senza i suoi piccoli alunni. E un’amante inquieta, inchiodata nella quarantena alla convivenza forzata con un marito ingegnere che non ama più. Quattordici storie di donne ritratte nei mesi più duri dell’emergenza sanitaria Covid19. penelope alla peste‘Penelope alla peste’ (Castelvecchi) è un resoconto di ritratti, soggettività, esistenze femminili con le quali la giornalista Veronica Passeri ha scelto di raccontare l’Italia della pandemia.

Le protagoniste, con le loro esistenze interrotte, tirano fuori una forza d’animo inaspettata, espedienti creativi per addolcire ai bambini la cruda verità sul loro mondo cancellato, fantasia, ma anche solitudine, paura, in quel rintocco dei morti del bollettino quotidiano che entra nelle case e che ben racconta il capitolo ‘La paura arriva alle 18’.

“La resistenza ad accettare la realtà è la cosa che più ha colpito Barbara”, medica di 45 anni, riserva selezionata dell’Esercito che sa bene che “il triage – che ormai scandisce la vita di tutti anche nelle ritualità quotidiane- nasce nella medicina di guerra”. Per lei siamo in pieno conflitto e ora “non puoi stare a riflettere sul senso della vita o sullo spazio della libertà”.


Non vale però la stessa legge per la piccola Irene che domanda: “Quando potrò riabbracciare i nonni?”. O nel deserto delle scuole chiuse, nell’esame di maturità che Andrea farà davanti a una telecamera, nello “smarrimento dei bambini sgomenti”.

“Paura, coraggio e speranza” sono i tre pilastri emotivi di questo reportage dell’Italia flagellata dal virus che Giovanna Botteri, nella sua prefazione, ha messo in luce come filo rosso del racconto. Un linguaggio contrassegnato dalla freschezza della cifra giornalistica ha permesso a Valentina Passeri di descrivere vissuti, lanciando anche una chiave di lettura: una riconciliazione con quello che è accaduto, una ricomposizione alla ricerca di un senso, almeno privato, per resistere.

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