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ROMA – Un programma “ambizioso” e “strategico”, il contrario della “miriade di micro-interventi” che non danno risultati significativi. Da attuare in “una logica incrementale” e “aperta alla condivisione”, presto al via con progetti pilota in una manciata di Paesi. È questo il Piano Mattei, delineato in occasione del Vertice Italia-Africa dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni: un’iniziativa con una dotazione iniziale di oltre cinque miliardi e mezzo di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie, dei quali circa tre miliardi dovrebbero arrivare dal Fondo italiano per il clima e altri due miliardi e mezzo dalla Cooperazione allo sviluppo.
Si partirà in Marocco, Algeria, Kenya, Costa d’Avorio, Etiopia, Mozambico e Tunisia: dentro il Piano ci sono anche un centro di studi “di eccellenza” sulle rinnovabili, un sistema di monitoraggio satellitare dell’agricoltura, sviluppo di biocarburanti e di servizi primari per la salute, formazione universitaria sull’acqua e un istituto per le eccellenze agroalimentari.
“Il Piano non è una scatola chiusa” premette Meloni, parlando di “logica incrementale” e spirito di condivisione. Un tema sensibile, questo della necessaria “concertazione preliminare”, in evidenza nei discorsi del presidente della Commissione dell’Unione Africana (Ua) Moussa Faki Mahamat e del capo di Stato senegalese Macky Sall.
Il primo ministro italiano però non ha dubbi. Si va avanti in modo strategico, dice, individuando cinque settori chiave: istruzione e formazione, con corsi professionali e aggiornamento dei docenti, tenendo conto dell’evoluzione del mercato del lavoro e sfruttando il modello delle piccole e medie imprese italiane; agricoltura, con sviluppo delle filiere e dei biocarburanti non fossili e un’attenzione alla dimensione produttiva familiare e alla lotta alla malnutrizione; salute, con il rafforzamento dei sistemi sanitari, il miglioramento dell’accessibilità e della qualità dei servizi primari materno-infantili, la formazione del personale sanitario e la digitalizzazione; energia, nel nome di Enrico Mattei, il fondatore dell’Eni, con l’obiettivo di rendere l’Italia un hub energetico, ponte tra Europa e Africa, consapevole del nesso con il clima e la scommessa sulle rinnovabili; acqua, con perforazione di pozzi e manutenzione dei punti preesistenti, perché questa risorsa è sempre più scarsa e rischia di diventare fattore di insicurezza alimentare, conflitti e spinta alle migrazioni.
Ma quali saranno i progetti pilota? Meloni menziona subito l’istruzione: “Penso al Marocco, dove puntiamo a realizzare un grande centro di eccellenza per la formazione professionale sul tema delle energie rinnovabili, o alla Tunisia, dove già nel 2024 faremo formazione e aggiornamento dei docenti e scambi di studenti e insegnanti tra le nostre nazioni”.
Si passa poi alla salute, ad esempio in Costa d’Avorio: “È la prima nazione dove vogliamo migliorare la qualità dei servizi primari, con un’attenzione particolare ai più piccoli, alle loro mamme e alle persone più fragili“. La presidente del Consiglio continua con l’agricoltura: “In Algeria abbiamo un progetto di monitoraggio satellitare, mentre in Mozambico siamo impegnati a costruire un centro agroalimentare che valorizzi le eccellenze e le esportazioni dei prodotti locali”.
C’è anche l’Egitto, tornato partner, otto anni dopo l’assassinio di Giulio Regeni: “Prevediamo di sostenere in un’area a 200 chilometri da Alessandria la produzione di grano, soia, mais e girasole con investimenti in macchinari, sementi, tecnologie e nuovi metodi di coltivazione”.
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Meloni menziona anche iniziative per potenziare le stazioni di depurazione delle acque in Tunisia, funzionali a irrigare un’area di 8mila ettari; e poi ancora la Repubblica del Congo, dove la scelta andrebbe su pozzi e reti di distribuzione idriche.
Si intende puntare sulla formazione anche in Etiopia, un Paese colpito di frequente dalle siccità, con interventi di risanamento e formazione universitaria nella gestione e valorizzazione delle acque.
Un cenno poi al Kenya, dove la scommessa è lo sviluppo dei biocarburanti. “Un’iniziativa”, promette Meloni, “in grado di coinvolgere entro il 2027 fino a 400mila agricoltori”.
La prospettiva è anche quella del contrasto alle partenze illegali verso l’Europa. La presidente del Consiglio sottolinea la necessità di “garantire il diritto a non essere costretti a emigrare e a dover recidere le proprie radici, anche perché in cerca di una vita migliore, che è sempre più difficile da raggiungere in Europa”. C’è poi la speranza, con una citazione di Plinio il Vecchio. “Ex Africa semper aliquid novi”, che vuol dire dall’Africa arriva sempre qualcosa di inedito. Meloni rilancia: “L’Africa che vediamo noi è soprattutto un continente che può e deve stupire, ma per farlo ha bisogno di essere messo alla prova e di poter competere ad armi pari nel contesto globale”.
È lo stesso concetto di quello espresso da Faki, ma da un’altra prospettiva. “L’emigrazione dei giovani nel pieno delle forze”, denuncia il presidente della Commissione dell’Ua, “è un dramma per l’Africa, che si può affrontare solo creando un nuovo modello di sviluppo e non invece con barriere securitarie e di ostilità da parte dell’Europa”. Al Vertice italiano Faki avverte: “Gli africani non sono mendicanti”. E poi lancia un altro monito, sul Piano Mattei: “È necessario passare dalle parole ai fatti; non ci accontentiamo di semplici promesse che poi non sono mantenute”.
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