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Coronavirus, l’italiana in Francia: “Indignati per la fase 2, governo preferisce l’economia alla salute”

Roberta: "Il governo antepone le esigenze dell'economia alla sicurezza dei cittadini. E ai genitori arrivano i questionari via mail"

Pubblicato:28-04-2020 17:19
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:13

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ROMA – “Mi sento una cittadina indignata in questo momento: ho la sensazione che il governo deleghi a noi cittadini la gestione dell’epidemia, facendo fede sul nostro buon senso. Per giorni ci hanno costretto a restare in casa e ora ci fanno uscire, ma con quali garanzie? Stanno allentando le misure solo perché è l’economia che lo esige a discapito della nostra sicurezza”. Roberta è italiana e vive in Francia da 15 anni. Con l’agenzia Dire parla dal telefono di casa, subito dopo aver seguito l’intervento del primo ministro Edouard Philippe che, all’Assemblea nazionale, ha illustrato il piano del governo per allentare le misure di distanziamento sociale.

DEPARTMENTS ROSSI E VERDI

Dall’11 maggio i francesi potranno ricominciare a uscire, mantenendo tuttavia le distanze di sicurezza, evitando gli assembramenti e, dove possibile, proseguendo con il telelavoro. Le misure però varieranno a seconda dei “departements” (l’equivalente delle nostre province): quelli “rossi” – come spiega il quotidiano ‘Le Monde’ – manterranno maggiori restrizioni rispetto a quelli “verdi”.

Rientro a scuola sì, ma dilazionato: partono le elementari l’11 maggio, ma “su base volontaria”. Dal 1 giugno sarà valutato il rientro di prima e seconda media “ma solo se le cifre sul contagio lo permetteranno”. Per la terza media e i licei “decideremo sempre entro la fine maggio”, ha detto il premier.


Roberta, mamma di due bambini di otto e 12 anni – che frequentano quindi le elementari e le medie – denuncia “uno scaricabarile”.

UN QUESTIONARIO PER RIPARTIRE

“Il governo a mio avviso è confuso sul da farsi” sottolinea. “Sin dall’inizio il ministero ha delegato la gestione delle scuole alle prefetture, che a loro volta hanno lasciato assumere certe decisioni agli istituti“.

Così, riferisce Roberta, giorni fa ha ricevuto un questionario via e-mail dalla scuola elementare del figlio in cui le venivano sottoposte queste domande: “Preferisce tenere suo figlio a casa o rimandarlo a scuola? Se sì, lo manderebbe a scuola tutto il giorno o per mezza giornata? Preferisce farlo mangiare a mensa o a casa?”. Oggi l’italiana accusa: “Ma come potrei rispondere, se ancora non so quali misure hanno assunto per garantire la sicurezza?”.

Quindi cita le dichiarazione del premier che oggi ha annunciato “classi di massimo 15 alunni”, ma in classe di uno dei suoi figli “sono 30. Come faranno a garantire il distanziamento? E le mascherine? Pensate che spesso, agli infermieri che lavorano a domicilio, non sono riusciti ad assicurarle perché non ce n’erano abbastanza per tutti gli operatori sanitari e hanno dovuto dare la precedenza agli ospedali”.

Sul punto, ai francesi Philippe ha chiesto dall’11 maggio di “acquistarne”, perché le scorte sono in arrivo, e saranno lavabili. C’è poi il problema del lavoro: “Si è parlato di lavorare su più turni così da evitare assembramenti. Ma come si fanno a coprire otto ore? Ci saranno sovrapposizioni, non si può certo iniziare alle 18 e finire alle due di notte”.

Oggi Philippe ha detto che le misure di lockdown “hanno evitato quasi 62.000 morti in un mese”. Secondo Roberta, allora, “è il governo ad ammettere che quelle misure erano importanti” e “giocare così sui numeri è grottesco”.

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