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Lassa Virus, ecco ‘case report’ su tumori orali devastanti in Africa

L'odontoiatra Marco de Feo: "Pubblicati 4 anni di lavoro nella Repubblica Democratica del Congo. Ora la ricerca si sposterà in Uganda"

Pubblicato:28-03-2024 17:39
Ultimo aggiornamento:28-03-2024 17:41

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ROMA – “Questa ricerca medico-scientifica è estremamente complessa, data la sfida del contesto in cui viene condotta, ed è strettamente connessa al problema sociale locale. Un problema che impedisce ai bambini affetti da misteriosi e devastanti tumori orali di condurre una vita normale, poiché spesso i bimbi vengono emarginati nei loro villaggi a causa del loro aspetto fisico che li rende mostruosi. Sono lieto però che i miei sforzi, insieme a quelli dei miei collaboratori scientifici italiani e congolesi, abbiano trovato spazio nelle pagine di una importante rivista internazionale, ‘Anatomia’, con il case report intitolato ‘Detection of the Lassa Virus in a Group of Odontogenic Bone Tumor Tissues’, nel quale riportiamo, per la prima volta al mondo, i dati raccolti in quattro anni nella Repubblica Democratica del Congo“. Lo spiega all’agenzia Dire il medico odontoiatra italiano Marco de Feo, che dal 1985 si dedica alle missioni in Africa e in Brasile e che ha scoperto terribili neoplasie riscontrate in numerosi bambini costretti a cibarsi di topi e pipistrelli, spesso crudi, e a bere acqua contaminata.

Ombre d'Africa


Una storia incredibile raccontata nelle pagine del libro, edito dalla Magi, dal titolo ‘Ombre d’Africa. Il virus di Lassa e il mistero dei tumori’. “Abbiamo raccolto 32 campioni biologici tumorali e apparentemente sani da nove giovani pazienti- prosegue- scoprendo che tutti i pazienti risultavano positivi al virus di Lassa, mentre l’81,5% dei campioni erano anch’essi positivi. Sorprendentemente, anche che i campioni apparentemente sani, prelevati lontani dal tumore, abbiano mostrato positività, suggerendo la possibilità che le frequenti recidive, anche dopo una completa e accurata resezione chirurgica del tumore osseo, possano essere attribuite alla riattivazione del virus”.
La ricerca è stata autofinanziata e supportata anche da benefattori, che con le loro donazioni hanno permesso di acquistare i reagenti necessari e finanziare gli interventi chirurgici, gli esami istologici e spesso il viaggio dei pazienti dai loro villaggi fino alla capitale Kinshasa per essere operati. “Nel case report- evidenzia de Feo- spieghiamo il possibile spillover, il salto di specie da un animale serbatoio all’uomo, in questo caso i ratti e pipistrelli. Il Virus di Lassa è un virus emorragico zoonotico parente stretto del Virus Ebola“.
La ricerca– racconta ancora l’odontoiatra- ora si sposterà in Uganda, da dove tutto è iniziato e dove da anni ho osservato questi tumori. Ho ancora delle donazioni frutto della generosità di numerose persone e anche del Santo Padre. Nel mese di aprile, con il mio collega, il dottor Luca Pavesi, saremo nel nord dell’Uganda, nell’ospedale missionario Saint Mary’s Hospital Lacor, per organizzare nuovamente la ricerca. Ma questa volta lo faremo in maniera più completa, con l’obiettivo di raccogliere più campioni biologici e sequenziare il virus qualora venisse confermata la sua presenza. E questa volta avremo il supporto dell’Università di Milano Bicocca“.
Marco de Feo dovrà inoltre tentare di scoprire se la variante del virus presente in Congo sia la stessa riscontrata in Uganda. “Dovrò documentare e dimostrare ciò che ho osservato nel corso degli anni riguardo al comportamento clinico di questi tumori- precisa- che si discosta notevolmente da quanto riportato nella letteratura che considera solo quei casi che si verificano nella loro estrema rarità nei Paesi sviluppati. Senza adeguata documentazione, le osservazioni personali che però mi hanno guidato alla ricerca non hanno alcun valore scientifico”.
“Nonostante sia estremamente difficile ottenere tali prove in Africa Equatoriale a causa della mancanza di risorse- conclude Marco de Feo- mi impegnerò a raccogliere tutto ciò che sarà utile per conferire un nuovo e più completo significato clinico a queste neoplasie, proprio alla luce delle recenti scoperte”.


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